Dal 13 ottobre 2022 al 19 febbraio 2023, il British Museum ospiterà l’esibizione “Hieroglyphs: unlocking ancient Egypt” nella Sala 30 della Sainsbury Exhibitions Gallery.

La nostra intende celebrare i 200 anni dalla decifrazione dei geroglifici, che ha permesso di “sbloccare” (unlocking) il mondo dell’antico Egitto, dandoci l’accesso ad una cultura e ad una società tra le più amate del mondo antico.

Nel 1799 la scoperta della famosissima stele durante la Campagna d’Egitto di Napoleone presso il sito di Rosetta (Rashid), sul ramo occidentale del delta del Nilo, a ca. 65 km da Alessandria d’Egitto, ha dato il via alla decodificazione della scrittura degli antichi egizi. La stele di Rosetta, in granodiorite nera, è una stele trilingue datata al 196 a.C. L’iscrizione, un decreto tolemaico approvato dal consiglio sacerdotale in onore del sovrano Tolemeo V Epifane per il primo anniversario di incoronazione, ripropone lo stesso testo in geroglifico, demotico e greco antico.

La Stele di Rosetta. © The Trustees of the British Museum, Creative Commons Attribution-NonCommercial-ShareAlike 4.0 International (CC BY-NC-SA 4.0) license

È stata proprio la presenza del greco antico ad aiutare la decifrazione dei geroglifici. Già il medico inglese Thomas Young (1773-1829) aveva intuito che i segni all’interno del cartiglio dovevano essere pertinenti al nome del sovrano, ma è grazie all’egittologo francese Jean-François Champollion (1790-1832) che si è potuto realmente decifrare la lingua. La sua conoscenza del copto, ovvero la lingua greca con un’aggiunta di sette grafemi del demotico per rendere i fonemi non presenti nel greco, ha permesso di decodificare la lingua degli antichi egizi.

L’esibizione del British Museum si propone di ripercorrere la storia di questa straordinaria scoperta, dai primi tentativi dei viaggiatori arabi medievali e degli studiosi rinascimentali, a quelli di Thomas Young prima e Jean-François Champollion poi che hanno portato, nel 1822 alla decifrazione della scrittura geroglifica e, di conseguenza, a sbloccare la chiave di lettura della civiltà egizia.

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Chiara Lombardi

Laureata in Archeologia Orientale presso l’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” con una tesi magistrale in Archeologia Egiziana dal titolo “Iside nei testi funerari e nelle tombe del Nuovo Regno: iconografia e ruolo della dea tra la XVIII e la XIX dinastia” (2013), ha conseguito un master di primo livello in “Egittologia. Metodologie di ricerca e nuove tecnologie” presso la medesima Università (2010-2011). Durante il master ha sostenuto uno stage presso il Museo Egizio de Il Cairo per studiare i vasi canopi nel Nuovo Regno (2010). Ha partecipato a diversi scavi archeologici, tra i quali Pompei (scavi UniOr – Casa del Granduca Michele, progetto Pompeii Regio VI, 2010-2011) e Cuma (scavi UniOr – progetto Kyme III, 2007-2017). Inoltre, ha preso parte al progetto Research Ethiopic language project: “Per un nuovo lessico dei testi etiopici”, finanziato dall’Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente e dal progetto PRIN 2005 “Catene di trasmissione linguistica e culturale nell’Oriente Cristiano e filologia critico testuale. Le problematiche dei testi etiopici: testi aksumiti, testi sull’età aksumita, testi agiografici di traduzione” (2006-2007). Ha collaborato ad un progetto educativo rivolto ai bambini della scuola primaria per far conoscere, attraverso sperimentazioni laboratoriali, gli usi e i costumi dell’antico Egitto e dell’antica Roma (2014-2015). È stata assistente di ricerca presso la Princeton University (New Jersey) per “The Princeton Ethiopian, Eritrean, and Egyptian Miracles of Mary digital humanities project (PEMM)” (2020-2021). Ricercatrice indipendente, attualmente è anche assistente di ricerca per il Professor Emeritus Malcolm D. Donalson (PhD ad honorem, Mellen University). Organizza e partecipa regolarmente a diverse attività di divulgazione, oltre a continuare a fare formazione. Collabora con la Dott.ssa Nunzia Laura Saldalamacchia al progetto Nymphè. Archeologia e gioielli, e con la rivista MediterraneoAntico, occupandosi in modo particolare di mitologia. Appassionatasi alla figura della dea Iside dopo uno studio su Benevento (Iside Grande di Magia e le Janare del Sannio. Ipotesi di una discendenza, Libreria Archeologica Archeologia Attiva, 2010), ha condotto diversi studi sulla dea, tra cui Il Grande inno ad Osiride nella stele di Amenmose (Louvre C 286) (Master di I livello in “Egittologia. Metodologie di ricerca e nuove tecnologie”, 2010); I culti egizi nel Golfo di Napoli (Gruppo Archeologico Napoletano, 2016); Dal Nilo al Tevere. Tre millenni di storia isiaca (Gruppo Archeologico Napoletano, 2018 – Biblioteca Comunale “Biagio Mercadante”, Sapri 2019); Morire nell’antico Egitto. “Che tu possa vivere per sempre come Ra vive per sempre” (MediterraneoAntico 2020); Il concepimento postumo di Horus. Un’ analisi (MediterraneoAntico 2021); Osiride e Antinoo. Una morte per annegamento (MediterraneoAntico 2021); Culti egiziani nel contesto della Campania antica (Djed Medu 2021); Nephthys, una dea sottostimata (MediterraneoAntico 2021). Sua è una pubblicazione una monografia sulla dea Iside (A history of the Goddess Isis, The Edwin Mellen Press, ISBN 1-4955-0890-0978-1-4955-0890-5) che delinea la sua figura dalle più antiche attestazioni nell’Antico Regno fino alla sua più recente menzione nel VII d.C. Lo studio approfondisce i diversi legami di Iside in quanto dea dell’Occidente e madre di Horus con alcune delle divinità femminili nonché nei cicli osiriaco e solare; la sua iconografia e le motivazioni che hanno portato ad una sempre crescente rappresentazione della dea sulle raffigurazioni parietali delle tombe. Un’intera sezione è dedicata all’onomastica di Iside provando a delineare insieme al significato del suo nome anche il compito originario nel mondo funerario e le conseguenti modifiche. L’appendice si sofferma su testi e oggetti funerari della XVIII dinastia dove è presente la dea.

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