Veduta del santuario, da A. Nibby, Viaggio antiquario ne’ contorni di Roma, tomo I, Roma 1819. Crediti: soprintendenzaspecialeroma.it

Situato a ca. 20 km a est di Roma, il sito di Gabii è situato nei pressi del lago di Castiglione, un lago vulcanico oggi prosciugato.

La città è di fondazione latina, collocandosi tra i primi insediamenti laziali di epoca protostorica. La tradizione romana vuole che Gabii sia stata fondata dai Latini di Alba Longa e che sia stato il luogo in cui Romolo e Remo ricevettero l’educazione. Un’altra tradizione vuole che la città sia stata fondata dai fratelli siculi Galatus e Bins, da cui deriverebbe il suo nome. Gabii, insieme a Tibur e Praeneste, rientrava in quelle fondazioni che controllavano gli accessi alla valle del Sacco e del Tiri nonché la bassa valle dell’Aniene, rientrando dunque in quei centri politici rilevanti del Latium Vetus.

Tratto dell’antica Via Prenestina. Crediti: Soprintendenza Speciale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Roma

L’area archeologica copre ca. 70 ettari ed è uno dei siti più importanti siti del Comune di Roma. Esso è stato acquisito dal Demanio dello Stato e concesso dal Mibact alla Soprintendenza Speciale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Roma affinché il sito venisse valorizzato e venisse creato un parco archeologico. Oggi sono visibili il tratto dell’antica Via Prenestina che attraversava la città, il santuario di Giunone Gabina (metà II sec. a.C. ca.), il vicino sacello dedicato a Domizia Longina, moglie di Domiziano, il cosiddetto Santuario Orientale (VII/II sec. a.C.) forse dedicato ad una divinità femminile protettrice delle nascite, resti del foro, delle mura e dell’acropoli. Recentemente gli scavi archeologici hanno portato alla luce un edificio di età arcaica che alcuni studiosi ipotizzano essere la dimora dei re di Gabii.

Il santuario di Giunone Gabina. Crediti: Soprintendenza Speciale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Roma

Il prossimo 10 luglio riaprirà l’area archeologica con una giornata di visite gratuite alle quali ne seguiranno altre a settembre ed ottobre. La riapertura è stata possibile grazie ai lavori di ricerca e messa in sicurezza coadiuvati dalla Soprintendenza Speciale di Roma, dal Musée du Louvre, e dal Kelsey Museum of Archaeology-University of Michigan.

Advertisement
Articolo precedenteBritish Museum: “Hieroglyphs: unlocking ancient Egypt”. Una mostra per il bicentenario dalla decifrazione dei geroglifici
Prossimo articoloPadova: altri resti romani nell’area di scavo del nuovo padiglione di Pediatria
Chiara Lombardi

Laureata in Archeologia Orientale presso l’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” con una tesi magistrale in Archeologia Egiziana dal titolo “Iside nei testi funerari e nelle tombe del Nuovo Regno: iconografia e ruolo della dea tra la XVIII e la XIX dinastia” (2013), ha conseguito un master di primo livello in “Egittologia. Metodologie di ricerca e nuove tecnologie” presso la medesima Università (2010-2011). Durante il master ha sostenuto uno stage presso il Museo Egizio de Il Cairo per studiare i vasi canopi nel Nuovo Regno (2010). Ha partecipato a diversi scavi archeologici, tra i quali Pompei (scavi UniOr – Casa del Granduca Michele, progetto Pompeii Regio VI, 2010-2011) e Cuma (scavi UniOr – progetto Kyme III, 2007-2017). Inoltre, ha preso parte al progetto Research Ethiopic language project: “Per un nuovo lessico dei testi etiopici”, finanziato dall’Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente e dal progetto PRIN 2005 “Catene di trasmissione linguistica e culturale nell’Oriente Cristiano e filologia critico testuale. Le problematiche dei testi etiopici: testi aksumiti, testi sull’età aksumita, testi agiografici di traduzione” (2006-2007). Ha collaborato ad un progetto educativo rivolto ai bambini della scuola primaria per far conoscere, attraverso sperimentazioni laboratoriali, gli usi e i costumi dell’antico Egitto e dell’antica Roma (2014-2015). È stata assistente di ricerca presso la Princeton University (New Jersey) per “The Princeton Ethiopian, Eritrean, and Egyptian Miracles of Mary digital humanities project (PEMM)” (2020-2021). Ricercatrice indipendente, attualmente è anche assistente di ricerca per il Professor Emeritus Malcolm D. Donalson (PhD ad honorem, Mellen University). Organizza e partecipa regolarmente a diverse attività di divulgazione, oltre a continuare a fare formazione. Collabora con la Dott.ssa Nunzia Laura Saldalamacchia al progetto Nymphè. Archeologia e gioielli, e con la rivista MediterraneoAntico, occupandosi in modo particolare di mitologia. Appassionatasi alla figura della dea Iside dopo uno studio su Benevento (Iside Grande di Magia e le Janare del Sannio. Ipotesi di una discendenza, Libreria Archeologica Archeologia Attiva, 2010), ha condotto diversi studi sulla dea, tra cui Il Grande inno ad Osiride nella stele di Amenmose (Louvre C 286) (Master di I livello in “Egittologia. Metodologie di ricerca e nuove tecnologie”, 2010); I culti egizi nel Golfo di Napoli (Gruppo Archeologico Napoletano, 2016); Dal Nilo al Tevere. Tre millenni di storia isiaca (Gruppo Archeologico Napoletano, 2018 – Biblioteca Comunale “Biagio Mercadante”, Sapri 2019); Morire nell’antico Egitto. “Che tu possa vivere per sempre come Ra vive per sempre” (MediterraneoAntico 2020); Il concepimento postumo di Horus. Un’ analisi (MediterraneoAntico 2021); Osiride e Antinoo. Una morte per annegamento (MediterraneoAntico 2021); Culti egiziani nel contesto della Campania antica (Djed Medu 2021); Nephthys, una dea sottostimata (MediterraneoAntico 2021). Sua è una pubblicazione una monografia sulla dea Iside (A history of the Goddess Isis, The Edwin Mellen Press, ISBN 1-4955-0890-0978-1-4955-0890-5) che delinea la sua figura dalle più antiche attestazioni nell’Antico Regno fino alla sua più recente menzione nel VII d.C. Lo studio approfondisce i diversi legami di Iside in quanto dea dell’Occidente e madre di Horus con alcune delle divinità femminili nonché nei cicli osiriaco e solare; la sua iconografia e le motivazioni che hanno portato ad una sempre crescente rappresentazione della dea sulle raffigurazioni parietali delle tombe. Un’intera sezione è dedicata all’onomastica di Iside provando a delineare insieme al significato del suo nome anche il compito originario nel mondo funerario e le conseguenti modifiche. L’appendice si sofferma su testi e oggetti funerari della XVIII dinastia dove è presente la dea.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here