In seguito agli sconvolgimenti politici che colpirono l’Egitto a partire dal gennaio 2011, molti siti archeologici e musei sparsi per il Paese subirono attacchi e devastazioni (e perdite di vite umane, che vogliamo ricordare nonostante l’articolo verta su tematiche differenti).
Tutti ricordiamo le immagini del Museo Egizio del Cairo, le cui vetrine infrante e i reperti mancanti o sparsi in pezzi sul pavimento, fecero il giro del mondo, creando apprensione e indignazione in tutti noi.
Ma qualche tempo dopo un museo nel Governatorato di Minya, a circa 300 Km a sud del Cairo, fu pesantemente devastato e saccheggiato per circa 8 ore da un gruppo di uomini, con un pesante bilancio anche in termini di vite umane: Salama al-Hafez, un funzionario, rimase ucciso; Ahmad al-Sabur, direttore del museo, rimase ferito. Era il 14 agosto del 2013 quando l’Egyptian Ministry of State for Antiquities informava l’UNESCO dei saccheggi avvenuti nel Mallawi National Museum a Minya, che condannò l’accaduto commentando: “this irreversible damage to the history and identity of the Egyptian people”. Il motivo che scatenò questa nuova ondata di violenza fu la destituzione del Presidente Morsi.
Questo piccolo gioiello che sorge in quell’area geografica che il sovrano Akhenaton (XVIII dinastia) scelse per costruire la propria capitale, custodiva reperti provenienti dai vicini siti di Tuna el Gebel, Hermopolis, Antinopoli e Amarna.
Dopo il primo sgomento il mondo della cultura egiziano ed internazionale, assieme alle forze di polizia, si è messo in moto per cercare di recuperare i reperti trafugati. Fin da subito infatti è iniziato il tam tam nei social alla ricerca delle foto dei pezzi della collezione, al quale anche lo scrivente ha partecipato, avendo visitato il museo diverse volte nel corso dei suoi viaggi.
La diffusione delle foto ha consentito di mettere un freno al riciclaggio di antichità, aiutando la loro tracciatura da parte delle forze di polizia nazionali e internazionali, diminuendo la possibilità di vendere materiale ogni giorno più “scottante.
Con il passare del tempo infatti furono ritrovati molti dei manufatti sottratti al museo di Mallawi, al punto che nel marzo del 2016 il ministro delle Antichità, dottor Mamdouh El-Damaty, ha annunciato il ritrovamento di 950 reperti su un totale di 1050 che erano stati rubati.
Qualche giorno fa il museo di Mallawi è stato finalmente riaperto al pubblico, grazie all’impegno di un team internazionale che ha lavorato a più livelli e con una spesa di circa un milione di euro, sostenuta in parte anche dall’Italia.
Non resta che tornare a visitarlo di nuovo!
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