La collezione egizia del Museo Archeologico di Napoli custodisce una ricca collezione di ushabty, e ora vi descriveremo un contenitore che era adibito ad ospitare proprio queste statuette funerarie, appartenuto alla Cantrice di Amon, Mut-em-uia.
Si tratta di una cassetta a base rettangolare su cui poggiano le facce laterali, leggermente inclinate verso l’interno, che vanno restringendosi verso la sommità.
Vista dai lati maggiori la cassetta imita nella forma una fila di santuari del Basso Egitto affiancati, dai quali mutua il nome. Infatti iteret, “fila di santuari”, è anche il nome con cui gli antichi egizi chiamavano la cassetta porta-ushabty.
I pali posti agli angoli dei santuari, nella cassetta sono resi da quattro elementi sormontanti il contenitore, ottenuti prolungando le facce laterali brevi e inserendo tra di esse, a intervalli regolari, due elementi della stessa forma fissati tramite un incastro, fermato da chiodi di legno inseriti nella facce maggiori.
Tra questi quattro elementi sono inseriti i tre coperchi a forma di volta, che presentano in basso un incastro a sezione quadrangolare.
Le facce laterali sono occupate da scene dipinte su fondo giallo, delimitate da un bordo verde. Su una delle facce maggiori è raffigurata la defunta nell’atto di fare offerte, in ginocchio davanti a Osiri e Isi.
Mut-em-uia è sulla destra della scena, inginocchiata, rivolta a sinistra che con la mano destra agita il sistro disegnato in rosso, i cui sonagli sono sollevati da un lato per indicarne il movimento; la mano sinistra è sollevata con il palmo rivolto in avanti.
Le parti del corpo sono dello stesso colore dello sfondo, ma delimitate da un contorno in rosso. I capelli sono raccolti in treccine lunghe e nere e intorno alla fronte ha una fascia verde.
Indossa degli orecchini rossi, in parte coperti dai capelli, e una collana usekh in due tonalità di verde, che si rifà al colore dei bracciali.
L’abito che indossa Mut-em-uia è composto da una corta veste rossa con l’orlo inferiore bianco, con ampie maniche che lasciano scoperti gli avambracci, e una gonna bianca attraverso la quale traspare il contorno delle gambe, disegnato in rosso. Come fosse parte integrante dell’abito, un arbusto foliato dipinto in verde sale lungo le gambe della defunta fino al petto.
Sopra Mut-em-uia vi son cinque brevi colonne di geroglifici rivolti a sinistra dipinti in nero su fondo bianco, delimitate da linee laterali rosse: “L’Osiri signora della Casa, Cantrice di Amon, Mut-em-uia”.
Di fronte alla defunta vi è una tavola di offerte dipinta in verde che regge un vaso sormontato da un fiore di loto, due pani o dolci e un vegetale, dipinti in vari colori.
Di fronte alla tavola di offerte sono rappresentati Osiri e Isi nell’iconografia classica: Osiri seduto con in capo la corona Atef bianca con le piume verdi e il disco solare rosso, appoggiati sulle ginocchia lo scettro was e l’ankh, rispettivamente dipinti in nero e verde. Isi in piedi dietro di lui è rivolta nella stessa direzione e indossa una cuffia bianca con contorno in rosso, che lascia le orecchie scoperte, legata dietro la sommità delle spalle con un lembo che cade sul dorso.
Sulla faccia opposta della cassetta viene riproposta la stessa scena, ma stavolta a ricevere le offerte sono Sokar – ierocefalo con la stessa corona, veste e collana di Osiri – e Nephtis, anche lei vestita come Isi.
Le facce minori sono divise in due registri separati da una banda orizzontale verde. In quello inferiore sono raffigurati i quattro figlio di Horus, rivolti in direzione del’ultima scena descritta; su una faccia, rivolti a sinistra, Amset seguita da Daumutef; sull’altra Hapy seguito da Qebshenuf. Sono tutti mummiformi, con una parrucca tripartita verde e collana usekh simile a quella portata da Osiri e Sokar; intorno ai fianchi hanno una fascia rossa legata davanti con uno dei capi che scende quasi fino ai piedi, decorato da una successione di macchie verdi.
I coperchi sui lati sono decorati da bande ricurve concentriche,parallele al bordo, dipinte su fondo bianco. Sulla facciata superiore di ciascun coperchio vi è una colonna di geroglifici dipinti in nero, delimitati da linee laterali nere: “L’Orisi Cantatrice di Amon, Mut-em-uia”.
A quanto risulta dagli inventari, la cassetta quando giunse al Museo di Napoli, conteneva uno solo dei tre ushabty della titolare presenti nella collezione Picchianti, e altri 25 ushabty di tipo abbastanza simile, che sono raccolti sotto lo stesso numero di inventario della cassetta.
Per lo stile delle scene, l’acconciatura e l’abbigliamento della titolare, il tipo degli ushabty stessi, la cassetta è databile tra le fine della XVIII e la XIX dinastia.