Chi ha visto Indiana Jones e l’ultima Crociata, bellissimo film in cui il celebre avventuriero (interpretato da Harrison Ford) va a caccia del sacro Graal in compagnia del padre (Sean Connery), ricorderà le ultime sequenze della pellicola, registrate nella spettacolare valle di Petra. Fu proprio uno dei più celebri scorci dell’antica città, il monumento funerario di El-Khasneh, ad essere scelto per “interpretare” il ruolo di portale della caverna del santo Graal.

Una scena del film “Indiana Jones e l’Ultima Crociata”: Harrison Ford di fronte al monumento di El Khasneh

Ma forse non tutti sanno che la splendida città del deserto, oggi all’interno dei confini della Giordania, fu per secoli la capitale di un florido regno di mercanti, quello dei Nabatei. Popolo di origine incerta, i Nabatei occuparono la regione a cavallo tra la Penisola Arabica e la regione palestinese, sfruttando la loro posizione e la loro profonda conoscenza del deserto per ricoprire il ruolo di cerniera tra i commerci mediterranei e orientali, mettendo in comunicazione con le loro piste carovaniere i mercanti da Roma all’India. Rapidamente arricchitisi, costruirono Petra nel I secolo a.C. e ne fecero la loro capitale. Alla fine, nel 106 d.C., alla morte del loro ultimo sovrano Rabbel II Soter, il ricco regno nabateo venne pacificamente inglobato dall’Impero Romano, che già ne controllava tutte le regioni circostanti (Palestina, Siria, Egitto…). L’annessione, che avvenne sotto l’imperatore Traiano e ribattezzò la regione “Arabia Petraea”, avvenne in maniera del tutto simile a quanto già accaduto in passato con altri ricchi ma piccoli principati (Pergamo), attraverso un lascito testamentario del sovrano morente che per salvaguardare l’integrità del suo popolo lo rimetteva alla potenza straniera in maniera spontanea e pacifica. O almeno, così ci raccontano le fonti storiche romane…

Uno scorcio della città di Petra

Una recente scoperta della Scuola di Archeologia dell’Università di Oxford, avvenuta sotto l’egida dei prof. Andrew Wilson e Michael Fradley, ha aperto il dibattito circa le reali modalità di annessione del piccolo regno all’Impero. Infatti, sfruttando le immagini satellitari open-source messe a disposizione da Google Earth, i ricercatori hanno individuato tre strutture, poste in linea retta tra gli insediamenti di Bayir e Dumat al-Jandal, che sono stati interpretati come accampamenti temporanei dell’esercito romano. Le tre strutture, regolarmente quadrangolari e circondate da muretti di pietre e fossati, distano l’una dall’altra dai 37 ai 44 km, e hanno dimensioni differenti: la più occidentale (vicina all’area già sotto il controllo romano) è grande il doppio rispetto a quella più orientale e a quella di mezzo. Essendo stati appena scoperti, i siti non sono ancora stati oggetto di indagini archeologiche che ne determinino datazione e reale natura con precisione. Tuttavia, l’esperto prof. Fradley sembra molto sicuro di ciò che ha individuato.

La cartina elaborata dai ricercatori e pubblicata nel loro articolo: in azzurro i tre possibili accampamenti appena identificati. Credits to Antiquity

Secondo le sue dichiarazioni, trattasi “al 99%” di castra romani, estremamente riconoscibili per via della loro forma “a carta da gioco” con ingressi speculari su ciascun lato, da datare proprio all’epoca dell’annessione del regno nabateo all’Impero (II secolo d.C.). Più in là ancora si spinge con le ipotesi il prof. Wilson: secondo lui, gli accampamenti sarebbero serviti per una rapida incursione verso l’insediamento di Dumat al-Jandal, forse a scopo deterrente o forse per sedare una vera e propria rivolta. La distanza tra gli accampamenti, inoltre, suggerirebbe che ad erigerli sia stata non una legione appiedata ma una forza di cavalleria, probabilmente un reparto di equites su cammelli (ampiamente in uso in quest’area nell’esercito romano). L’incursione, avvenuta in linea retta e verosimilmente in tre giorni, avrebbe inoltre sfruttato una via d’accesso secondaria al sito, evitando la più nota e battuta pista del Wadi Sirhan, aggiungendo all’attacco romano l’elemento sorpresa. Resta da spiegare come mai l’accampamento occidentale sia grande il doppio degli altri due: le forze romane si divisero? Operarono una manovra a tenaglia, o una parte rimase a presidiare il forte occidentale?

Veduta di uno dei tre possibili castra romani. Credits to Google Earth

Tuttavia, lo stesso prof. Wilson ammonisce a non spingersi troppo in avanti con le ipotesi, almeno finché non saranno state condotte indagini archeologiche: “Il futuro lavoro sul campo potrebbe potenzialmente confermare alcune di queste interpretazioni iniziali, in particolare il materiale potrebbe indicare il periodo in cui i campi furono costruiti e occupati. Ulteriori indagini nel Wadi Sirhan meridionale e nelle vicinanze di Dûmat al-Jandal potrebbero anche aggiungere alla nostra comprensione come l’esercito romano operava in questa regione.” Il silenzio delle fonti romane circa una possibile campagna militare in Arabia Petraea aggiunge ulteriore fascino all’indagine di questi antichi insediamenti nel deserto. Non resta che attendere nuovi aggiornamenti, che si auspica di avere entro la fine dell’anno.

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