Nuove ipotesi sui tumuli di Verghina

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Verghina  è stata considerata a partire dal 1950, anno dell’individuazione di alcuni tumuli, sede della sepoltura dei dinasti  della casa reale di Macedonia. La necropoli dell’antica capitale, Aigai, dal 1977 ha restituito una serie eccezionale di tombe attribuite a personaggi illustri della storia greca come Filippo II, e il fratellastro del più grande condottiero macedone Alessandro , Filippo III Arrideo.

Facciata della tomba di Filippo II
Facciata della tomba di Filippo II – © ph Sara Murray

Di grande interesse storico-archeologico si è rivelata una tomba, chiamata tomba I, che per molto tempo è stata attribuita a Filippo II, composta da una camera con le pareti a blocchi squadrati e la copertura a volta a botte, con anticamera di dimensioni inferiori.

Dopo la costruzione di queste stanze interne , l’intera tomba era stata tumulata tanto da rendere visibile solo la facciata, composta da una porta d’accesso con due semicolonne doriche in antis  sormontate da un fregio  anch’esso dorico. La fortunata scoperta, oltre per il pregio dell’appartenenza alla casata macedone, deriva dal fatto che nel momento dell’apertura la tomba si presentava intatta.

Cosa scoprirono gli archeologi? Alla parete di fondo della camera vi era addossato un semplice sarcofago di marmo con all’interno una cassetta in oro con i quattro piedi d’appoggio leonini e decorata con fregi e rosette e la stella a sedici punte macedone incisa a rilievo sul coperchio. L’interno non era vuoto , ma conteneva i resti del proprietario. Anche il corredo era ricco, una serie di vasi in argento, tra cui coppe, crateri, anfore e altri recipienti da mensa, vasellame bronzeo per il bagno e un’armatura composta da una corazza in ferro e cuoio con decorazioni auree, un elmo in ferro con alto cimiero, una spada con decorazioni, uno scudo in oro e avorio, schinieri di bronzo e punte di lancia in ferro.

Diadema e cassetta ossario dalla tomba di Filippo II
Diadema e cassetta ossario dalla tomba di Filippo II – © ph Sara Murray

Oltre a questi elementi che fanno pensare ad un personaggio aristocratico maschile, vi erano presenti anche un diadema a foglie di quercia e un letto che doveva essere in legno, materiale che si è dissolto, ma di cui restano le decorazioni cadute a terra che erano in avorio; tra queste alcune testine maschili e femminili prive di capigliatura , molto probabilmente dissolta perché in legno.

Anche l’anticamera venne occupata da una sepoltura; un sarcofago marmoreo conteneva una cassetta in oro, di dimensioni minori rispetto a quella della camera sepolcrale maschile, ma che riportava anch’essa la stella a sedici punte di Macedonia sul coperchio. I resti della defunta, cremati, erano avvolti in un drappo di porpora e oro. Il corredo consisteva in un mobile in legno, le cui strutture non si sono conservate ma rimangono delle decorazioni in oro, e un diadema a foglie e fiori di mirto e un pettorale finemente decorato.

Fino a qualche anno fa non vi erano dubbi su chi potesse essere sepolto in questa tomba ; i corredi si datano tra il 350 a.C. e il 325 a.C. e i proprietari non potevano che essere Filippo II e la sua ultima moglie Cleopatra. L’attribuzione per altro è stata assecondata dal fatto che Filippo venne ucciso proprio ad Aigai nel 336 a.C. e la testina in avorio , che faceva parte della decorazione del letto aveva una certa somiglianza con quella che doveva essere l’immagine diffusa del re , un uomo sui 40-45 anni, barbato, con un naso aquilino. Si erano effettuate anche delle indagini antropologiche sui resti, le quali hanno riportato a delle ricostruzioni delle fattezze originarie; si sono anche visti o meglio, voluti vedere, i segni del colpo di freccia che aveva sfigurato il viso di Filippo II durante l’assedio di Metone nel 335 a.C. privandolo di un occhio .

Un nuovo studio però ha rivoluzionato la teoria che la tomba I appartenga a Filippo II e che la tomba II, di un tumulo secondario, sia del figlio Filippo III Arrideo; questo da quanto viene riportato da uno studio pubblicato sull’International Journal of Medical Science dalle Università di Bristol, Manchester e Oxford. Gli antropologi sostengono che i resti dell’Arrideo non corrispondono alla veridicità storica della sua sepoltura, in quanto gli autori antichi narrano che assieme a lui vennero sepolte anche due donne, la moglie Euridice e la suocera Kynna. La tomba presenta però  due sepolture, quella di un uomo e quella di una donna all’interno di due scrigni d’oro.

Anche l’età della donna non corrisponderebbe , la defunta avrebbe intorno ai 30 anni di età, Euridice al momento della morte ne aveva probabilmente solo 19. Il cranio dell’uomo presenta una frattura guarita sullo zigomo, una ferita che farebbe pensare a quella che Filippo II ricevette da un colpo di freccia nell’assedio di Metone. Altre informazioni ci vengono date dalla modalità di seppellimento che vede i corpi della tomba II cremati in loco, forse in una struttura di legno che conteneva la pira funeraria vicino alla tomba, e per di più sembra che l’uomo non fosse nemmeno decomposto quando venne bruciato. Arrideo invece venne ucciso nel 317 a.C. e i suoi resti subirono una serie di riesumazioni nei mesi successivi, tanto da portare il corpo a decomposizione certa.

Se i risultati sembrano essere confermati, la rivelazione sarebbe assolutamente eccezionale! La scoperta sembra essere condivisa anche da chi quel tumulo lo scoprì nel 1977, il Prof. Manolis Andronikos . L’obiettivo però della ricerca, tende a precisare il responsabile della missione, non è stato attribuire questi resti a Filippo II e Cleopatra, piuttosto sottolineare che nella tomba II i resti trovati non possono appartenere all’Arrideo.

La scienza riscrive la storia dei tumuli di Verghina?

Fotografie di  Sara Murray

 

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Alessandra Randazzo

Studia Lettere Classiche presso il DICAM dell’Università di Messina. Ha ricoperto il ruolo di redattrice e social media manager per www.mediterraneoantico.it e attualmente per la testata Made in Pompei, inoltre è Ufficio Stampa per la società di videogames storici Entertainment Game Apps, Ltd.
Durante la carriera universitaria ha partecipato a numerose campagne di scavo e ricognizione presso siti siciliani e calabresi.
Per la cattedra di Archeologia e Storia dell’arte Greca e Romana presso il sito dell’antica Finziade, Licata (AG) sotto la direzione del Prof. G.F. La Torre, febbraio-maggio 2012; per la cattedra di Topografia Antica presso Cetraro (Cs) sotto la direzione del Prof. F. Mollo, luglio 2013; per la cattedra di Topografia Antica e Archeologia delle province romane presso il sito di Blanda Julia, scavi nel Foro, Tortora (Cs) sotto la direzione del Prof. F. Mollo, giugno 2016.
Ha inoltre partecipato ai corsi di:
“Tecnica Laser scanning applicata all’archeologia” in collaborazione con il CNR-IPCF di Messina, gennaio 2012;
Rilievo Archeologico manuale e strumentale presso l’area archeologica delle Mura di Rheghion – tratto Via Marina, aprile-maggio 2013;
Analisi e studio dei reperti archeologici “Dallo spot dating all’edizione”, maggio 2014; Geotecnologie applicate ai beni culturali, marzo-aprile 2016.
Collabora occasionalmente con l’ARCHEOPROS snc con cui ha partecipato alle campagne di scavo:
“La struttura fortificata di Serro di Tavola – Sant’Eufemia D’Aspromonte” sotto la direzione della Dott.ssa R. Agostino (Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria) e della Dott.ssa M.M. Sica, 1-19 ottobre 2012;
Locri – Località Mannella, Tempio di Persefone sotto la direzione della Dott.ssa R. Agostino (Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria), ottobre 2014;
Nel marzo 2014 ha preso infine parte al Progetto “Lavaggio materiali locresi” presso il cantiere Astaldi – loc. Moschetta, Locri (Rc) sotto la direzione della Dott.ssa M.M. Sica.

Collabora attualmente con la redazione di: www.osservarcheologia.eu

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