Immagine di copertina: Jean-Léon Gérôme (1824-1904), Le ultime preghiere dei martiri cristiani, olio su tela, cm 87,9 x 150,1, Baltimora, Walters Art Gallery

Questi magnifici edifici, che costituirono per molti secoli un simbolo della potenza romana nel mondo antico, dopo il loro abbandono, subirono un processo lungo e articolato di declino, che portò alla loro fine. Oggi molti di questi sono diventati rovine, alcuni monumenti d‘attrazione turistica, mentre altri sono stati assorbiti dallo sviluppo urbanistico, spesso caotico, delle varie città e ora stanno lì come giganti nascosti, in attesa di essere riscoperti.

Ricostruzione dell’aspetto originario del Colosseo, da un modello architettonico della Roma imperiale esposto nel Museo della Civiltà Romana; si noti nell’angolo in alto a destra la statua colossale di Nerone, da cui è possibile che l’anfiteatro abbia preso il suo nome in epoca medievale. dal sito www.inexhibit.com.

Dalle origini ai primi momenti di crisi

L’anfiteatro, che in greco letteralmente sta a significare doppio teatro, nacque propriamente nel mondo romano e costituì una delle tipologie di edificio di spettacolo di maggior successo. Progettato per ospitare i giochi gladiatori, le venationes (lotte contro animali e tra animali) e talvolta le naumachie (battaglie navali), fa la sua prima comparsa nel corso del I sec. a.C. in Campania, terra in cui si concentravano anche le più rinomate scuole gladiatorie di tutto l’impero. Inizialmente erano costruiti in materiale deperibile, in legno principalmente, fino a che non vennero sostituiti con quelli in muratura e il primo in questo senso fu quello di Pompei edificato poco dopo il 70 a.C. Questi edifici godettero il momento di loro massimo splendore nel corso della piena età imperiale, tra I e II secolo d.C. ospitando migliaia di spettacoli, molto spesso a celebrazione della grandezza dell’imperatore.

L’anfiteatro divenne il luogo in cui si catalizzò il consenso pubblico, dove gli imperatori festeggiarono i propri trionfi militari, e le proprie vittorie politiche e in cui ogni tanto avvenivano anche alcune cerimonie di ordine funerario commemorativo. Tali strutture, che potevano raggiungere dimensioni ragguardevoli, erano edificate di solito lontane dal centro cittadino, spesso all’esterno della cinta muraria urbana, e per lo più in correlazione alle principali arterie viarie. Queste sono tutte ragioni collegate sia al mantenimento dell‘ordine pubblico sia alla facilitazione dell’afflusso/deflusso della grande quantità di persone che assisteva agli spettacoli: si può parlare anche di 20/30.000 spettatori![1].

Con l’avvento del Cristianesimo nel IV secolo d.C.[2]  iniziò la parabola discendente degli spettacoli, in quanto la recrudescenza degli stessi strideva con i principi etici della nuova religione: oltre a questo, si aggiunse sicuramente la crisi, che colpì profondamente le classi abbienti che solitamente patrocinavano le manifestazioni. Fu così che l‘imperatore Costantino emanò nel 326 d.C.[3] la prima legge contro i combattimenti gladiatorii, tuttavia essi continuarono ancora per alcuni decenni, fino ad essere definitivamente aboliti da Onorio nel 403. Un discorso a sé stante meritano le venationes che proseguiranno fino al VI secolo d.C.: più precisamente al 523, quando fu messo in scena l’ultimo spettacolo di questo tipo al Colosseo.

Dal tardo antico al basso medioevo

Venendo meno la loro funzione primaria, gli anfiteatri iniziarono a subire un lungo, lento e inesorabile, processo di destrutturazione e, in alcuni casi, di riconversione del loro scopo originario di luogo di spettacolo. Questi edifici subirono molteplici vicissitudini, soprattutto dopo la caduta di Roma. Alcuni, specialmente durante la guerra greco gotica (535-553) rivestirono un‘importante funzione militare, venendo integrati nel sistema murario urbano, vedi il caso dell’anfiteatro castrense a Roma inserito nelle mura Aureliane, o quello di Verona inglobato nel circolo delle mura di Gallieno. Altri divennero dei castelli urbani a tutti gli effetti, come nel caso di Spoleto o di Parma, e anche lo stesso Colosseo, qualche periodo dopo (nell‘ XI secolo) fu usato come una fortezza dalla famiglia dei Frangipane.

Resti dell’anfiteatro romano reimpiegati nelle murature del Collegio di Maria Luigia. Dal sito www.3d-virtualmuseum.it

In talune circostanze, questi edifici divennero discariche di rifiuti oppure vennero occupati da abitazioni private e botteghe artigianali, come documentato ad Arles, Lucca e Pollenzo[4].  In altri casi gli anfiteatri divennero zone di martirio e successivamente il luogo in cui si costruirono delle chiese con annessi cimiteri: si ricorda uno tra i casi più famosi, ossia quello di Tarragona, dove il martirio dei Santi Fruttuoso, Augurio e Elogio, avvenuto il 21 gennaio 259, fu commemorato con la costruzione di una basilica in un secondo momento, di cui non si conosce bene la data, ma sicuramente dopo la metà del V secolo[5].Vista la loro mole e la qualità dei materiali in cui vennero realizzati (trachite, marmo, bronzo etc.), dopo l’abbandono gli anfiteatri si tramutarono quasi sempre anche in cave di materiale da costruzione, reimpiegato nell’edificazione di nuovi edifici, solitamente di una certa importanza, soprattutto chiese, conventi o palazzi nobiliari.

L’anfiteatro di Milano, ad esempio, venne spogliato nel V secolo, per la realizzazione anche della vicina chiesa di San Lorenzo Maggiore, seguendo una prassi che vedeva, durante tutto il Medioevo, nel riuso del materiale antico un notevole motivo di prestigio[6]. Durante questo periodo, il controllo su questi edifici passò progressivamente dall’autorità imperiale/comunale alla chiesa o agli ordini religiosi. A Padova nel 1090, l’imperatore Enrico IV donò l’anfiteatro al vescovo Milone, ad Ancona la parte settentrionale della struttura venne occupata dal convento e dalla chiesa di San Bartolomeo ed ad Arezzo venne eretto il complesso monastico di San Bernardo nel XVI secolo. Significativa a tal proposito è la dichiarazione di Papa Innocenzo IV che nel 1244 proclamò il Colosseo, ormai in abbandono, proprietà della chiesa romana, concedendo gli spazi agibili agli artigiani per la realizzazione di botteghe private.

In altri casi gli anfiteatri vennero acquistati da famiglie di alto lignaggio: a Padova, ciò che rimaneva dell’arena cittadina fu comperato dalla famiglia Scrovegni, che ne edificò all’inizio del Trecento, oltre alla famosa cappella, anche il proprio palazzo residenziale[7]. A partire dal basso medioevo, con l’espandersi della città, sparirono una buona parte di queste strutture, venendo assorbite nel tessuto urbano. La mancanza di dati archeologici stratigrafici impedisce di non avere molte notizie relative a questi edifici. Sappiamo che in molti casi sulle fondazioni di queste strutture o sfruttando ancora parti di muro in alzato, si costruirono nuovi palazzi o abitazioni, che molto spesso si giustapposero sui radiali e sulle fondazioni antiche, corrispondendo i propri limiti a quelli di alcune porzioni dell’anfiteatro, fornendo un colpo d‘occhio assolutamente apprezzabile soprattutto da una visione dall‘alto.

Gli esempi di anfiteatri scomparsi più celebri in Italia

Firenze costituisce uno dei casi più famosi. Le tracce dell’anfiteatro, che al momento del suo massimo splendore nel II sec. d.C. poteva ospitare circa 20.000 persone, sono visibili dall‘alto, nei pressi di piazza Santa Croce e percepibili leggermente da terra, percorrendo via Torta e via della Burella, due nomi che sono toponomasticamente evocativi dell’antica funzione del luogo[8].

Firenze. La visione dall’altro mostra la parziale forma dell’anfiteatro romano, che in parte insisteva nell’attuale piazza Santa Croce.

Le notizie di questa imponente costruzione sparirono nell‘XI secolo, quando la città in espansione la inglobò nelle nuove mura e quando i Peruzzi vi costruirono le proprie torri. Successivamente furono costruiti a mano a mano una serie di palazzi, soprattutto per l’iniziativa sempre dei Peruzzi. Ad eccezione di una scoperta casuale di alcuni lacerti murari, occorsa a fine Ottocento durante lo scavo per una condotta fognaria, non si hanno grossi elementi documentari. A Lucca, si documenta un altro caso molto conosciuto. L’antico anfiteatro è diventato una delle piazze più caratteristiche della città. Dopo l’abbandono, nel corso del medioevo, questa struttura vide la costruzione entro la cavea di una serie di abitazioni e di edifici, usati come polveriere, deposito di sale e carceri. Solamente nell’Ottocento l’architetto Lorenzo Nottolini riprogettò l’intera area, demolendo le strutture interne all’arena e creando una piazza che venne usata come mercato cittadino fino a metà del secolo scorso[9].

Lucca. Piazza dell’Anfiteatro vista dall’alto mantiene la forma della struttura romana di cui, per l’appunto, mantiene il nome.

Anche ad Assisi si documenta la presenza di un anfiteatro edificato nel corso I secolo d.C. all’esterno delle mura antiche a nord est del centro antico. Nel corso della guerra greco-gotica (535-553), la città ebbe un ruolo fondamentare nella lotta tra Goti e Bizantini e l’anfiteatro sicuramente ricoprì una finalità difensiva fondamentale. Questa struttura, non più integra, venne inglobata all’interno della nuova cinta muraria urbana nei primi decenni del XIV secolo e già da allora probabilmente ebbe inizio il riuso residenziale di una parte della struttura dell’anfiteatro, che si è consolidato in epoca moderna.

Assisi. La fotografia dall’altro mostra la presenza di un anfiteatro edificato nel I secolo d.C.

Anche Arezzo presenta un caso singolare; l’anfiteatro, posto nel cuore della città attuale, subì vari saccheggi e depredazioni per la costruzione di molti edifici soprattutto religiosi. Da segnalare l’edificazione a ridosso dell’emiciclo sud del Monastero di San Bernardo nel XVI secolo, che oggi è stato adibito a museo archeologico cittadino (fig. 4).In altri casi, gli ex anfiteatri divennero il fulcro generatore da cui si ridisegnarono alcuni centri urbani in epoca medievale e moderna.

Arezzo. L’anfiteatro sorge nel cuore della città, con il Monastero di San Bernardo, oggi Museo Archeologico, che occupa una parte dell’emiciclo.

E‘ emblematica la situazione di Pollenzo (CN), antica Pollentia, città romana e luogo in cui il generale Stilicone nel 402 sconfisse i Visigoti di Alarico.  Nel corso del basso medioevo il centro subì un fortissimo calo demografico a causa di eventi bellici, come l’assedio di Asti del 1295.  Gli abitanti rimasti si concentrarono attorno all’abitato sorto sulle rovine dell’anfiteatro. Un caso analogo si può vedere in quello che è accaduto a Venafro in Molise, dove la comunità contadina aveva occupato con le proprie strutture residenziali e funzionali l’intera ellisse, perfettamente riconoscibili anche nelle piante catastali, come mostrano le immagini sottostanti.

 

In conclusione

Tali evidenze, le definirei così, seppur non essendo dei veri e propri monumenti, hanno un forte valore storico che andrebbe in qualche modo riconosciuto. Un progetto virtuoso di valorizzazione, molto d’impatto, è stato presentato a Milano, dove è in programma la costruzione nella zona dell’ex arena romana, di un parco cittadino, in cui la pianta dell’anfiteatro viene riprodotta piantando degli alberi sugli spicchi della struttura, ricreando così un effetto altamente scenografico.  Il caso di Milano potrebbe essere il capofila di una serie di nuove iniziative di questo genere; però per intanto forse, varrebbe la pena completare la pannellistica nei casi in cui manca o è carente, poiché molti di questi anfiteatri non sono ancora adeguatamente segnalati. Un argomento di tale portata dovrebbe essere degno di uno studio più specifico e approfondito, in quanto è una tematica che riguarda oltre alla nostra Penisola anche buona parte dei territori che anticamente erano compresi nell’impero romano. Per ora però ci possiamo accontentare di riscoprire queste vecchie tracce del passato comodamente da casa davanti al nostro computer.

NOTE:

[1] Bonetto 2003, p. 927.

[2] D’ora in avanti, dove non specificato, tutti i secoli saranno intesi d.C.

[3] D’ora in avanti, dove non specificato, tutte le date saranno intese d.C.

[4] Brogiolo 2011, p.65.

[5] Brogiolo 2011, p. 65.

[6] Iacobone 2008, pp 54-55.

[7] Ghirardini 1881, p. 4.

[8] Torta= via storta; Burella= piccolo passaggio tra due mura.

[9] Iacobone 2008, p. 33.

 

Bibliografia di riferimento

Bianchi Bandinelli R., Roma, l’arte al centro del potere, Roma 2003

Bonetto J. 2003, Gli edifici per spettacolo e la viabilità nella città dell’Italia romana, in Gli edifici per spettacoli nell’Italia romana, a cura di Tosi G., Roma, pp. 923-939

 Brogiolo G. P., Le origini della città medievale, Mantova 2011

 Devoti L., Primi teatri e anfiteatri di Roma antica, Roma, 1997

 Campana S., Musson C. Palmer R., In volo nel passato, Firenze 2005

 Ghirardini G., Gli scavi dell’anfiteatro di Padova, Roma 1881

 Iacobone D., Gli anfiteatri in Italia tra tardo antico e medioevo Roma, 2008

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Gian Galeazzi

Nato a Pieve di Cadore (BL), il 9 Maggio 1986, diplomato al Liceo Classico di S. Vito di Cadore (BL), ha conseguito la Laurea Triennale in Archeologia, presso l’Università di Padova discutendo una tesi di topografia dell’Italia Antica, dal titolo La viabilità romana nella Valle del Boite. Già prima della laurea ha intrapreso delle esperienze lavorative nel campo archeologico, affrontando scavi d‘emergenza soprattutto nel territorio bellunese, alternate agli scavi universitari, concentrati specialmente in Toscana.
Ha continuato gli studi acquisendo il titolo di Laurea Magistrale in Archeologia, sempre a Padova, con una tesi di numismatica medievale, sul ruolo della moneta bronzea bizantina in Italia, dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente. Dopo la Laurea magistrale, ha lavorato per un periodo in Austria, girando parecchio tra cantieri del Tirolo austriaco e Alto Adige. Infine ha completato il percorso unversitario raggiungendo il diploma di Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici, sempre nell’ateneo patavino, discutendo nuovamente una tesi di numismatica, che verteva sullo studio di un gruppo di monete provenienti dal Mantovano.
Attualmente lavora come archeologo libero professionista, alternando lo scavo in cantiere con l’attività di assistenza archeologica. Affianco a questa mansione, intraprende saltuariamente varie attività di natura didattica con associazioni culturali cadorine, volte alla divulgazione delle potenzialità turistiche di quel territorio.
Può vantare una pubblicazione sulla Rivista Italiana di Numismatica, riguardante il tema affrontato in sede di tesi di specializzazione, oltre che a due piccoli contributi su due volumi editi dalla SAP sullo studio dei paesaggi storici in due località del Lago di Garda.
Tra gli ambiti di interesse annovera la numismatica, la topografia sia antica che medievale, l’archeologia medievale e lo studio del paesaggio antico.

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