Immagine di copertina dalla mostra “Sunken Cities: Egypt’s Lost Worlds”, che si è tenuta al British Museum nel 2016. Fotografia di Christoph Gerick © Franck Goddio/Hilti Foundation.
Tra le raffigurazioni più conosciute del tempio hathorico di Dendera ve n’è una proveniente da una delle due cappelle dedicate ad Osiride poste sul tetto del tempio. Qui è rappresentato il concepimento postumo di Horus che avviene con Osiride resuscitato sdraiato sul letto funebre e Iside sotto forma di nibbio.
Si tratta dell’atto conclusivo della rinascita di Osiride. Il mito della morte e resurrezione di Osiride vuole che il dio sia stato ucciso dal fratello Seth e poi smembrato. Le dee Iside e Nephthys, sorelle di entrambi, cercano insieme al dio Anubis i frammenti del corpo di Osiride per ricomporlo. Attraverso le formule magiche e il bendaggio, il corpo viene ricostituito e il dio riportato in vita dall’aria emessa dal battito delle ali di Iside, trasformatasi in nibbio. Sempre in questa forma, Iside si poggia sul fallo di Osiride e viene concepito Horus.
La resurrezione di Osiride non è contro natura poiché il dio rinasce nell’aldilà attraverso la restaurazione fisica garantita dalle sorelle e da Anubis, e continua a vivere sulla terra grazie alla memoria sociale assicurata dal figlio.
In origine, Horus (il Celeste o l’Antico) è una divinità solare connessa alla regalità, la cui più antica attestazione potrebbe essere individuabile in un pettine in avorio appartenente al sovrano Djet (I dinastia). Qui, non solo il serekh con il nome del re è sormontato da Horus in forma di falco ma, nella parte superiore, vi è una barca alata all’interno del quale vi è raffigurato il dio (fig. 2).
Quando il culto di Osiride emerge e inizia ad essere inserito nei testi funerari regali dell’Antico Regno, i Testi delle Piramidi, le cose si modificano. Horus diventa allora il futuro erede al trono, rappresentando Osiride il re defunto. Il sovrano è Horus (il Celeste) ma bisogna integrare il mito solare, in voga senz’altro dalla III dinastia, con il nuovo ciclo osiriaco. Se ora Osiride è il sovrano defunto, Horus ne rappresenta l’erede, in una dinamica che lo vede bambino (Horus il Bambino, Harpocrates di epoca ellenistica) cresciuto solo da Iside nelle paludi di Khemmis, e poi adulto (Horus il Celeste) a vendicare il padre. Essendo una divinità coinvolta sia nel ciclo solare che in quello osiriaco, Horus incarna la totalità del cosmo poiché è manifestazione del dio Sole Ra ed è completamento della discendenza del dio Osiride.
Sebbene il tempio dedicato alla dea Hathor nella sua presenza attuale vada collocato in epoca ellenistico-romana, la scena incisa sulla parete est della cappella occidentale osiriaca richiama i testi funerari dell’Antico Regno.
E’ infatti dei Testi delle Piramidi di Teti (inizio VI dinastia) la prima menzione del concepimento di Horus da Osiride e Iside-Sothis (PT 366 §632). Perché è necessario che Iside sia Iside-Sothis nel momento della concezione di Horus? E perché questo concepimento non è già presente nei Testi delle Piramidi di Unis, ultimo sovrano della V dinastia?
Gli argomenti a “favore” di un’assenza di Iside nel concepimento di Horus all’epoca di Unis riguardano la ancora preminenza della teologia solare nella V dinastia. La nascita del culto di Osiride, con cui il sovrano defunto si identifica, è da ascriversi o tra la fine della IV e gli inizi della V dinastia, o nella seconda metà della V dinastia. In questo periodo, Horus è considerato figlio di Osiride e Hathor (PT 303 §466). Ancora, è la dea Hathor ad accogliere il defunto sovrano nell’aldilà e ad assicurargli la continuità terrena attraverso la nascita di un figlio postumo.
Che relazione c’è tra Iside, Sothis e Hathor riguardo il concepimento di Horus nella scena del letto funebre?
- Iside, nei primi Testi delle Piramidi, è colei che unisce nuovamente le membra di Osiride/sovrano defunto, che lo allatta e che lo accoglie al momento della (ri)nascita.
- Sothis è la stella più splendente della costellazione del Cane Maggiore (α Canis Majoris). La sua comparsa nel cielo notturno tra il 17 e il 19 luglio preannuncia l’arrivo dell’inondazione del Nilo. Ciò significa che Sothis è collegata alla rinascita della stagione fertile egiziana, rappresentata da Osiride.
- Hathor è in origine propriamente la “dimora di Horus”, ovvero la rappresentazione del luogo sacro in cui vengono celebrate particolari cerimonie, come l’acclamazione del nuovo sovrano o il festival Ḥb-Sd. A partire dalla IV dinastia Hathor passa dalla rappresentazione di questo luogo alla sua definitiva deificazione. In quanto tale, Hathor è la madre di Horus.
Sothis e Hathor sono una manifestazione della Vacca Celeste, espressione delle dee Mehet-Weret, “la piena del Nilo”, e Bat, “spirito femminile”.
L’associazione di Iside con Sothis deriva dal fatto che, al momento del cordoglio, Iside muove i capelli ricordando l’ottenebramento provocato dalle acque primordiali. Questo ritorno al caos primordiale è necessario: è dal Nun che tutto ha avuto origine.
Ciò significa che Iside e Sothis sono due aspetti dell’azione rinascita. Un’azione che compete Iside già in origine (unione del corpo smembrato) ma che non prevede il concepimento di un figlio postumo. Quest’ultimo, potrebbe invece essere carattere di Hathor. È lei che accoglie il defunto nell’aldilà, come evidenziato dalle scene funerarie dell’Antico Regno che vedono la rappresentazione dello ššš wḏ3, ovvero “il tintinnio dei papiri” che serve al defunto per chiamare Hathor.
Ancora, in alcune tombe, come in quella di Mereruka (VI dinastia), la scena di barca con riti funebri menziona Hathor “signora del sicomoro”. Nella tomba di Mereruka, infatti, il letto funerario è preparato nella cabina di poppa della nave: l’attendente sta posizionando il poggiatesta, mentre l’iscrizione legge “Questo (‘Oro’ ha) la bellezza della cosa bella (creata). La cosa bella, si tratta di Hathor, la Signora del sicomoro. In pace, in pace sulle montagne dell’Occidente”.
Del resto, Hathor è legata al “Bell’Occidente” anche nelle epoche successive, e da lei Iside potrebbe avere mutuato il suo carattere di divinità dell’Ovest (inteso come luogo di sepoltura/aldilà). Se Hartwig Altenmüller ha ragione (Zum Ursprung von Isis und Nephthys, in Altägyptischen Kultur 27, pp. 1-26), allora la scena del concepimento di Horus sul letto funebre deriva da Hathor. Ciò potrebbe essere indicato anche dal titolo di “sacerdote di Iside e Hathor” di Pepiankh Heri-ib, sacerdote di Meir della VI dinastia, laddove Altenmüller crede che Pepiankh Heri-ib sia sacerdote di Hathor e, in quanto tale, assume il titolo di sacerdote di Iside nella sala d’imbalsamazione, assumendo che Iside in origine potesse essere una sacerdotessa di Hathor preposta al rituale funebre.
La connessione di Iside, Sothis e Hathor nel concepimento di un figlio postumo, rappresentato da Horus, dovrebbe spiegarsi così:
- Sothis annuncia l’arrivo della piena/rinascita di Osiride che si esplica con la presenza di un figlio;
- Hathor è madre di Horus ed è colei che promette al defunto una continuità sociale nel mondo terreno attraverso il concepimento di un figlio postumo;
- Iside in origine non annuncia la piena del Nilo né concepisce un figlio postumo. Dalla VI dinastia è però associata a Sothis nel momento del concepimento di Horus, e questo significa che Iside è integrata in questo ciclo tramite due divinità, interconnesse tra di loro. Da Sothis arriva il carattere di annunciare la rinascita e l’espressione di una discendenza; da Hathor la maternità di Horus e la possibilità di concepire un figlio postumo.
Stando così le cose, la scena del concepimento postumo di Horus proveniente dal tempio di Hathor di Dendera, così come le precedenti raffigurazioni o menzioni testuali, in origine non sono proprie di Iside ma vengono da lei acquisite in connessione alle due divinità celesti Sothis e Hathor. Ciò andrebbe spiegato con il fatto che, alla fine della V dinastia, il ciclo di resurrezione osiriaca si interseca così profondamente con quello di rinascita solare tanto da essere menzionato nei testi del sovrano Unis. Abbiamo una menzione di Iside e Horus insieme già in questo periodo (PT 308 §489), ma è troppo labile per essere prova solida di un rapporto madre/figlio in questa epoca, mentre ne abbiamo prova certa nella dinastia successiva (ad. es. PT 519 §1214).