Rinvenuto frammento policromo con la famosa “spada nella roccia” dell’Abbazia di San Galgano (SI)

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Il frammento con la “spada nella roccia”, crediti Archeologia a San Galgano

Con un post sulla pagina social “Archeologia a San Galgano”, gli archeologi comunicano che la campagna di scavo che si sta conducendo presso l’abbazia di San Galgano (Chiusdino, Siena), in collaborazione tra il Comune di Chiusdino e il Dipartimento Scienze Storiche e dei Beni Culturali dell’Università degli Studi di Siena, ha portato alla luce un frammento di boccale in maiolica policroma da datarsi tra il XVI e il XVII secolo.

Il frammento, rinvenuto verso il limite ovest del settore di scavo, ad ovest della canaletta (area 3, settore C), raffigura una spada di colore blu con impugnatura campita in giallo. Sebbene il frammento non si conservi interamente, la raffigurazione è interpretata come una spada inserita in tre monti sottostanti; da uno di essi fuoriesce un rametto con foglie stilizzate.

L’importanza di questo rinvenimento risiede nel fatto che esso raffigura lo stemma dell’eremo di Montesiepi, ovvero la spada che il cavaliere Galgano Guidotti (1150? – 1181) avrebbe infisso tra le rocce nella sua scelta di diventare eremita e di dedicare la sua vita a Cristo.

La “spada nella roccia” di San Galgano Guidotti nell’eremo di Montesiepi (Abbazia di San Galgano), crediti Confraternita di San Galgano

L’elsa della spada dà l’impressione di essere una croce. Questo manufatto è tuttora visibile nella rotonda dell’eremo, costruito sulla capanna dove visse San Galgano, per volere di Papa Lucio III e affrescato da Ambrogio Lorenzetti.

La “spada nella roccia” preservata sotto una cupola all’interno della rotonda dell’eremo di Montesiepi, crediti Confraternita di San Galgano

In attesa di studi approfonditi, l’ipotesi degli archeologi è che ci sia un committente dietro la realizzazione di un boccale con la raffigurazione dello stemma dell’eremo di San Galgano.

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Chiara Lombardi

Laureata in Archeologia Orientale presso l’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” con una tesi magistrale in Archeologia Egiziana dal titolo “Iside nei testi funerari e nelle tombe del Nuovo Regno: iconografia e ruolo della dea tra la XVIII e la XIX dinastia” (2013), ha conseguito un master di primo livello in “Egittologia. Metodologie di ricerca e nuove tecnologie” presso la medesima Università (2010-2011). Durante il master ha sostenuto uno stage presso il Museo Egizio de Il Cairo per studiare i vasi canopi nel Nuovo Regno (2010). Ha partecipato a diversi scavi archeologici, tra i quali Pompei (scavi UniOr – Casa del Granduca Michele, progetto Pompeii Regio VI, 2010-2011) e Cuma (scavi UniOr – progetto Kyme III, 2007-2017). Inoltre, ha preso parte al progetto Research Ethiopic language project: “Per un nuovo lessico dei testi etiopici”, finanziato dall’Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente e dal progetto PRIN 2005 “Catene di trasmissione linguistica e culturale nell’Oriente Cristiano e filologia critico testuale. Le problematiche dei testi etiopici: testi aksumiti, testi sull’età aksumita, testi agiografici di traduzione” (2006-2007). Ha collaborato ad un progetto educativo rivolto ai bambini della scuola primaria per far conoscere, attraverso sperimentazioni laboratoriali, gli usi e i costumi dell’antico Egitto e dell’antica Roma (2014-2015). È stata assistente di ricerca presso la Princeton University (New Jersey) per “The Princeton Ethiopian, Eritrean, and Egyptian Miracles of Mary digital humanities project (PEMM)” (2020-2021). Ricercatrice indipendente, attualmente è anche assistente di ricerca per il Professor Emeritus Malcolm D. Donalson (PhD ad honorem, Mellen University). Organizza e partecipa regolarmente a diverse attività di divulgazione, oltre a continuare a fare formazione. Collabora con la Dott.ssa Nunzia Laura Saldalamacchia al progetto Nymphè. Archeologia e gioielli, e con la rivista MediterraneoAntico, occupandosi in modo particolare di mitologia. Appassionatasi alla figura della dea Iside dopo uno studio su Benevento (Iside Grande di Magia e le Janare del Sannio. Ipotesi di una discendenza, Libreria Archeologica Archeologia Attiva, 2010), ha condotto diversi studi sulla dea, tra cui Il Grande inno ad Osiride nella stele di Amenmose (Louvre C 286) (Master di I livello in “Egittologia. Metodologie di ricerca e nuove tecnologie”, 2010); I culti egizi nel Golfo di Napoli (Gruppo Archeologico Napoletano, 2016); Dal Nilo al Tevere. Tre millenni di storia isiaca (Gruppo Archeologico Napoletano, 2018 – Biblioteca Comunale “Biagio Mercadante”, Sapri 2019); Morire nell’antico Egitto. “Che tu possa vivere per sempre come Ra vive per sempre” (MediterraneoAntico 2020); Il concepimento postumo di Horus. Un’ analisi (MediterraneoAntico 2021); Osiride e Antinoo. Una morte per annegamento (MediterraneoAntico 2021); Culti egiziani nel contesto della Campania antica (Djed Medu 2021); Nephthys, una dea sottostimata (MediterraneoAntico 2021). Sua è una pubblicazione una monografia sulla dea Iside (A history of the Goddess Isis, The Edwin Mellen Press, ISBN 1-4955-0890-0978-1-4955-0890-5) che delinea la sua figura dalle più antiche attestazioni nell’Antico Regno fino alla sua più recente menzione nel VII d.C. Lo studio approfondisce i diversi legami di Iside in quanto dea dell’Occidente e madre di Horus con alcune delle divinità femminili nonché nei cicli osiriaco e solare; la sua iconografia e le motivazioni che hanno portato ad una sempre crescente rappresentazione della dea sulle raffigurazioni parietali delle tombe. Un’intera sezione è dedicata all’onomastica di Iside provando a delineare insieme al significato del suo nome anche il compito originario nel mondo funerario e le conseguenti modifiche. L’appendice si sofferma su testi e oggetti funerari della XVIII dinastia dove è presente la dea.

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