© Ministero per il Turismo e le Antichità egiziane

Il Ministero per il Turismo e le Antichità egiziane ha aperto al pubblico la tomba di Neferhotep (TT49) dopo un lungo lavoro di studio e restauro durato più di vent’anni.

© Conservation Project TT49

Capo degli scriba di Amon e Sovrintendente del bestiame sacro, Neferhotep visse tra la fine della XVIII e gli inizi della XIX dinastia, quindi a cavallo tra l’epoca post-Amarna e l’inizio di quella ramsesside. La sua sepoltura TT49 è collocata sul lato orientale della necropoli di el-Khokha e fino alla fine del XIX secolo era abitata da una famiglia locale.

© Ministero per il Turismo e le Antichità egiziane

La prima documentazione ci viene dalla riproduzione delle pitture parietali effettuate dallo scozzese Robert Hay. La tomba subì molti danni proprio perché utilizzata come abitazione, tra cui un incendio nel 1827 che ricoprì le pareti di uno strato di fuliggine. Vari furono i tentativi di riportare la tomba, splendidamente decorata, al suo stato originario: le due missioni del secolo scorso, quella del Metropolitan Museum of Art di New York negli anni ’20, che valse la prima pubblicazione completa della tomba da parte di Norman de Garis Davies (The Tomb of Neferhotep at Thebes – New York, 1933), e quella del Consiglio Supremo delle Antichità Egiziane negli anni ’90.

Dal 1999 la Missione Argentina a Luxor lavora nella tomba di Neferhotep. La Missione si è avvalsa anche delle competenze di colleghi egittologi e restauratori italiani (Università Gabriele d’Annunzio – Chieti), egiziani, tedeschi (Università di Colonia), e brasiliani (Museo Nazionale di Rio de Janeiro).

© Ministero per il Turismo e le Antichità egiziane

Le fasi di studio, ricerca e restauro sulle pitture e le sculture all’interno della tomba di Neferhotep sono ora concluse e la sepoltura è finalmente fruibile al pubblico in tutto il suo splendore. Non è improbabile che la tomba di Neferhotep diventi uno dei fiori all’occhiello della necropoli, come rivela lo stesso Segretario Generale del Consiglio Supremo delle Antichità Mostafa Waziry.

© Ministero per il Turismo e le Antichità egiziane

Per saperne di più:

Proyecto de Conservación e Investigación de la Tumba de Neferhotep (TT49)

Conservation Project TT49

Photogallery:

© Conservation Project TT49
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© Proyecto de Conservación e Investigación de la Tumba de Neferhotep (TT49)
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Chiara Lombardi

Laureata in Archeologia Orientale presso l’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” con una tesi magistrale in Archeologia Egiziana dal titolo “Iside nei testi funerari e nelle tombe del Nuovo Regno: iconografia e ruolo della dea tra la XVIII e la XIX dinastia” (2013), ha conseguito un master di primo livello in “Egittologia. Metodologie di ricerca e nuove tecnologie” presso la medesima Università (2010-2011). Durante il master ha sostenuto uno stage presso il Museo Egizio de Il Cairo per studiare i vasi canopi nel Nuovo Regno (2010). Ha partecipato a diversi scavi archeologici, tra i quali Pompei (scavi UniOr – Casa del Granduca Michele, progetto Pompeii Regio VI, 2010-2011) e Cuma (scavi UniOr – progetto Kyme III, 2007-2017). Inoltre, ha preso parte al progetto Research Ethiopic language project: “Per un nuovo lessico dei testi etiopici”, finanziato dall’Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente e dal progetto PRIN 2005 “Catene di trasmissione linguistica e culturale nell’Oriente Cristiano e filologia critico testuale. Le problematiche dei testi etiopici: testi aksumiti, testi sull’età aksumita, testi agiografici di traduzione” (2006-2007). Ha collaborato ad un progetto educativo rivolto ai bambini della scuola primaria per far conoscere, attraverso sperimentazioni laboratoriali, gli usi e i costumi dell’antico Egitto e dell’antica Roma (2014-2015). È stata assistente di ricerca presso la Princeton University (New Jersey) per “The Princeton Ethiopian, Eritrean, and Egyptian Miracles of Mary digital humanities project (PEMM)” (2020-2021). Ricercatrice indipendente, attualmente è anche assistente di ricerca per il Professor Emeritus Malcolm D. Donalson (PhD ad honorem, Mellen University). Organizza e partecipa regolarmente a diverse attività di divulgazione, oltre a continuare a fare formazione. Collabora con la Dott.ssa Nunzia Laura Saldalamacchia al progetto Nymphè. Archeologia e gioielli, e con la rivista MediterraneoAntico, occupandosi in modo particolare di mitologia. Appassionatasi alla figura della dea Iside dopo uno studio su Benevento (Iside Grande di Magia e le Janare del Sannio. Ipotesi di una discendenza, Libreria Archeologica Archeologia Attiva, 2010), ha condotto diversi studi sulla dea, tra cui Il Grande inno ad Osiride nella stele di Amenmose (Louvre C 286) (Master di I livello in “Egittologia. Metodologie di ricerca e nuove tecnologie”, 2010); I culti egizi nel Golfo di Napoli (Gruppo Archeologico Napoletano, 2016); Dal Nilo al Tevere. Tre millenni di storia isiaca (Gruppo Archeologico Napoletano, 2018 – Biblioteca Comunale “Biagio Mercadante”, Sapri 2019); Morire nell’antico Egitto. “Che tu possa vivere per sempre come Ra vive per sempre” (MediterraneoAntico 2020); Il concepimento postumo di Horus. Un’ analisi (MediterraneoAntico 2021); Osiride e Antinoo. Una morte per annegamento (MediterraneoAntico 2021); Culti egiziani nel contesto della Campania antica (Djed Medu 2021); Nephthys, una dea sottostimata (MediterraneoAntico 2021). Sua è una pubblicazione una monografia sulla dea Iside (A history of the Goddess Isis, The Edwin Mellen Press, ISBN 1-4955-0890-0978-1-4955-0890-5) che delinea la sua figura dalle più antiche attestazioni nell’Antico Regno fino alla sua più recente menzione nel VII d.C. Lo studio approfondisce i diversi legami di Iside in quanto dea dell’Occidente e madre di Horus con alcune delle divinità femminili nonché nei cicli osiriaco e solare; la sua iconografia e le motivazioni che hanno portato ad una sempre crescente rappresentazione della dea sulle raffigurazioni parietali delle tombe. Un’intera sezione è dedicata all’onomastica di Iside provando a delineare insieme al significato del suo nome anche il compito originario nel mondo funerario e le conseguenti modifiche. L’appendice si sofferma su testi e oggetti funerari della XVIII dinastia dove è presente la dea.

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