L’ultima giornata della Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico si chiude parlando di due centri importanti: Paestum, ancora una volta protagonista, e Morgantina, splendida polis greca della Sicilia.
Al Museo si è svolta la seconda parte dell’incontro “Coltura del melograno” dove l’antico frutto, la melagrana, diventa simbolo e legame tra la città antica e quella moderna. Per chi ha avuto modo di visitare il museo archeologico lo ha visto spesso dipinto sulle lastre funerarie, in quanto legato al mondo degli inferi. In Sicilia, così come in Calabria lo si ritrova nel mito di Persefone e Demetra, e in modo particolare diviene suggello del patto matrimoniale tra Ade, dio degli inferi e Persefone, rapita alla madre e costretta, dopo aver mangiato la melagrana, a trascorrere un terzo dell’anno nel mondo sotterraneo assieme al marito. Il restante periodo la dea lo trascorrerà sulla terra facendola rifiorire e rinascere.
La melagrana la si ritrova spesso anche in molti reperti provenienti dall’antica città di Poseidonia,e come frutto della fertilità e della vita non poteva non essere associato anche ad Hera,sposa di Zeus, e divinità di culto di un santuario extraurbano alla foce del Sele, da cui provengono una serie di statuine fittili raffiguranti la dea in trono e rappresentanti la sposa olimpica con in braccio un bambino e successivamente con una melagrana in mano. Quest’ultima iconografia comparirà dapprima nel santuario urbano dedicato alla dea intorno alla metà del V secolo a.C. e poi in quello extraurbano sul finire del V secolo a.C. come testimonia il ritrovamento di una statuetta fittile in marmo conservata al Museo archeologico di Paestum.
Il successivo arrivo dei Lucani nel territorio comporterà un ingresso iconografico della melagrana su lastre tombali dipinte, ritrovate nei pressi di Paestum. Nelle pitture è infatti possibile vedere spesso il frutto come elemento decorativo, ce ne dà testimonianza un’officina locale da cui provengono alcune lastre in località Andriuolo, in cui si nota l’inserimento di molti elementi decorativi come le palmette o la melagrana; ma non dimentichiamo anche l’aspetto simbolico che il frutto assume come passaggio dalla vita alla morte.
In epoca cristiana, con la riorganizzazione del territorio di Paestum e la nascita di Capaccio ritorna l’iconografia con donna e bambino in braccio o melagrana, questa volta non più legata ad un culto pagano ma a quello mariano. È la Madonna della Grazia, la cui statua di culto presenta una melagrana tenuta nella mano destra.
Anche dalle parole del sindaco Italo Voza e del direttore del parco di Paestum Zuchtriegel, che hanno aperto la conferenza, emerge la volontà di promozione di questo prezioso frutto così fortemente legato al territorio, raccontando la sua storia attraverso millenni di tradizione locale.
Lasciando la terra che ospita la #BMTA2016 ci trasferiamo in Sicilia, anche lei terra di miti e tradizioni millenarie (la melagrana è anche qui legata alla sposa di Ade per poi passare in epoca cristiana ad iconografia mariana) , per parlare di un evento molto importante che ha visto il rientro in Italia della famosa testa di Ade proveniente da Morgantina.
Morgantina è un sito che si trova a pochi km dalla più famosa Villa del Casale, sicuramente conosciuta dai turisti di tutto il mondo, vittima intorno agli anni ‘70 di un durissimo saccheggio da parte dei tombaroli. In sala Velia è l’archeologa Serena Raffiotta a parlarci di questo straordinario ritorno, essendo lei stessa protagonista della storia degli studi di questo prezioso reperto.
Attraverso rogatorie internazionali della Procura della Repubblica di Enna, con la collaborazione del Comando Carabinieri Tutela del Patrimonio Culturale, Nucleo di Palermo e la disponibilità del Consolato italiano a Los Angeles e del Paul Getty Museum, la testa trafugata negli anni 70 rientra in Italia il 28 gennaio 2016.
La testa, immessa nel mercato antiquario, venne acquistata dal magnate americano Maurice Tempelsman e nel 1985 acquistata poi dal Getty di Malibù. La storia prende qui pieghe che hanno dello straordinario. Nel 2007 Serena Raffiotta in un suo studio sulle terrecotte figurate da Morgantina, che comprendevano anche un ricciolo di colore blu custodito nel museo di Aidone, regala casualmente la sua pubblicazione alla studiosa Lucia Ferrazza, che a sua volta si era occupata delle terrecotte figurate custodite nel museo statunitense. Da qui il confronto tra due pezzi: un ricciolo e una testa. Potranno appartenere mai ad uno stesso pezzo? Da un primo confronto e poi grazie al ritrovamento di altri 3 riccioli (uno di barba blu e due di capelli di color rosso) i pezzi appartenevano allo stesso soggetto, e nel 2013 il Getty manifestò l’intenzione e la volontà di restituire all’Italia la testa di “Ade”. Inizialmente non venne attribuita al dio degli inferi, ma solo dopo averne attestato la provenienza da un luogo di culto dedicato a Demetra e Kore, personaggi chiave della religiosità antica in Sicilia si potè procedere all’attribuzionismo. Successivi studi potranno forse associare l’Ade alla statua di Persefone del Santuario di San Francesco Bisconti da cui provengono altri preziosi reperti come due acroliti di marmo e la cosiddetta Dea di Morgantina.
Il colore blu utilizzato per i riccioli della barba del dio degli inferi ha un valore simbolico importante: richiama un concetto di eternità per l’assimilazione al colore azzurro del cielo ma anche funerario, che ben si associa quindi alle caratteristiche infere del dio.
Sembra un racconto quasi fiabesco quello del rientro di Ade in Sicilia, ma fortunatamente non manca il lieto fine. Ha vinto la legalità.