Alcuni anni fa in un bollettino di vendita di libri usati ho notato la presenza di un volume di Ippolito Rosellini dal titolo: “Un Bassorilievo-Egiziano nella Galleria di Firenze“. Il volume, edito a Firenze dalla Stamperia Piatti nel 1826, non mi dava grande fiducia di essere interessante a causa della sua vetustà. Comunque, ho acquistato il volume per curiosità e per il nome dell’autore che due anni più tardi, nel 1828-1829, avrebbe partecipato con Champollion alla Spedizione Franco-Toscana in Egitto.
Leggendo il testo ho scoperto di avere avuto fortuna perché il volume è veramente curioso per l’occasione che ha dato origine alla sua scrittura, un dono nuziale, ed è veramente interessante per la storia della decifrazione dei geroglifici egizi.
Nel 1825, a soli 25 anni, Ippolito Rosellini fu nominato professore di Egittologia nell’Università di Pisa, nella cattedra (la prima al mondo) per lui appositamente istituita dal Granduca Leopoldo II di Toscana.
Il volume del Rosellini del 1826, intitolato “Di un Bassorilievo-Egiziano della I.E.R. Galleria di Firenze“, ci offre la traduzione di un breve testo geroglifico relativo al bassorilievo a cui il volume si riferisce.
Esso costituisce quindi una ghiotta occasione per verificare lo stato dell’arte a quella data così prossima alla scoperta della decifrazione dei geroglifici egizi.
Infatti, Jean François Champollion, maestro e amico del Rosellini, aveva trovato la chiave della decifrazione dei geroglifici nel 1822 (Lettre à M.me Dacier) e pubblicato nel 1824 il suo “Précis du systéme hiérogliphique“. Quindi il volume del Rosellini è di soli due anni posteriore alla comunicazione di Champollion.
Il volumetto del Rosellini è dedicato “A Sua Eccellenza il Signor Cavaliere D. Andrea de’ Principi Corsini Ciamberlano di S.A.I.E.R. il Granduca di Toscana“. In un prologo di nove pagine l’autore ci avverte che il libro é stato scritto in occasione del “fausto giorno che vede unirvi a gentilissima Sposa e da Voi si ardentemente desiderata; …”
Nelle successive 48 pagine il Rosellini descrive la “stele” e poi affronta la traduzione del testo geroglifico.
Attualmente il reperto è inventariato, con il n.2557, come frammento di bassorilievo policromo proveniente dalla tomba di Ptahmose a Menfi, XIX dinastia. Il Rosellini segnala che esso è stato acquistato da parte di Leopoldo II da Simone Peruzzi e che le sue misure sono di 2,5 per 4,5 “piedi parigini”.
Il bassorilievo presenta due sposi seduti che ricevono adorazione e offerte da parte dei figli, sei femmine e un maschio. Della sposa di Ptahmose rimangono solo le gambe e il testo geroglifico manca del suo inizio.
Nel volume del Rosellini il bassorilievo è illustrato da una tavola di Girolamo Segato di pregevole qualità.
La traduzione del Rosellini non si affida soltanto alle indicazioni di Champollion, ma fa talvolta riferimento anche ad Orapollo e a Clemente Alessandrino. Mi sembra di poter affermare che i principali fraintendimenti della traduzione del Rosellini dipendano proprio dai significati desunti da Orapollo.
Anche i rari riferimenti storici rivelano che le conoscenze del tempo erano più che approssimative. Cito come esempio “… l’innalzamento al trono del gran Sesostri (Ramses VI)“. Dopo qualche riga il Rosellini aggiunge “… vediamo risplendere Sesostri nella storia, come Capo della Dinastia XIX comecché dai regi della XVIII per diritta linea discendesse“.
Le traslitterazioni sono abbastanza diverse da quelle che ci sono abituali perché il Rosellini si riferisce alla lingua copta.
Certi segni geroglifici non sono ancora identificati per l’oggetto che rappresentano: il segno dell’acqua non viene mai indicato come tale ma sempre e solamente come “linea spezzata”.
Però tale segno viene usato correttamente per il fonema NAK (= n).
In altre parti la traduzione presenta errori evidenti per segni, o combinazioni di segni, non del tutto riconosciuti.
L’esempio eclatante sta nel gruppo di geroglifici che significa “invocazione di offerte di pane e birra” che sono tradotte dal Rosellini con “una buona casa“.
Il segno della canna (la semivocale i) viene confuso con una piuma ma foneticamente usato come E.
Alcune notevoli distorsioni nella traduzione dipendono dai riferimenti a Orapollo. Esempio: kheperu (= trasformazioni/manifestazioni) viene tradotto “dei generatori“. Un altro esempio: repat hati (= il principe, sindaco) viene tradotto con “storiografo” dopo un’ampia analisi dei vari segni, sempre attingendo alle indicazioni di Orapollo.
A conclusione di questa breve rassegna del volumetto del Rosellini, riporto per intero la sua traduzione del testo principale per consentire al lettore di confrontarla con la traduzione moderna.
…Ch’Ella dia (Athyr) una casa buona, alimento, buoi, oche;
libazioni di vino e di latte e tutti gli altri beni puri manifestati
nell’Aruri (casa del Sole) per i generatori tutti amanti lui.
Offerta per lo storiografo, reale scriba nel Tempio grande in
Menfi; (Scriba) del gran libro del (quartiere) di Phtah-
més giustificato; (sotto la custodia del signore) (Osiride).
Traduzione moderna (che tiene conto anche di alcuni errori riportati nella tavola del Segato)
… che ella dia offerte, mediante invocazione, di pane e
birra, di buoi e di volatili e libazioni di vino e latte e di ogni
cosa buona e pura, per uscire al giorno in tutte le trasformazioni
che egli ama; per il ka del principe, sindaco, scriba
reale, il grande sovrintendente nel tempio di Ptah, il
grande nomarca di Menfi, Ptah-mose giustificato,
possessore di venerazione.
Gilberto Modonesi