Ieri mattina ho ricevuto una e-mail dal Museo Egizio di Torino che mi ha molto colpito. Si trattava di un comunicato stampa dove il Consiglio di Amministrazione della Fondazione Antichità Egizie confermava all’unanimità la stima e la fiducia nel direttore Christian Greco e ricordava, fatto davvero insolito, che il suo incarico poteva essere confermato o revocato esclusivamente dal Consiglio stesso.
Evidentemente si trattava di una risposta ad un attacco portato alla figura del direttore del museo torinese di cui però non sapevo nulla.
Una rapida indagine sul web mi ha chiarito la situazione e prima di scrivere un qualsiasi commento sulla faccenda mi sono preso un po’ di tempo per capire, perché vorrei credere che “l’uomo è quasi sempre meglio rispetto alla propria ideologia” (G. Gaber), ma poi finisco per essere quasi sempre smentito dai fatti.
Ho intervisto Christian Greco la prima volta in un freddo e piovoso dicembre del 2014. Ero appena rientrato da una missione di scavo in Egitto e mi trovavo di nuovo immerso in quella civiltà se pur al di fuori dei suoi confini geografici, tra i moderni rumori di un cantiere in febbrile attività, completamente disorientato dalle planimetrie cangianti del nuovo che prendeva forma. L’ufficio del neodirettore del più antico museo egizio al mondo era un cubicolo provvisoriamente sistemato dove poi fu realizzata la prima caffetteria e dove oggi, ma non ne sono del tutto sicuro, mi pare insista la Sala della Vita.

Il nuovo Museo Egizio sarebbe stato inaugurato il primo aprile dell’anno successivo e quando mi fu comunicato che per i numerosi impegni del direttore avrei avuto a disposizione una manciata di minuti per l’intervista, ho compreso ancor di più l’importanza del tempo che quel “ragazzo” stava per dedicarmi, tra il via vai di curatori e tecnici di vario genere che si muovevano rapidi in quel grande alveare, con il suo caratteristico ronzio di fondo che ne certificava l’operosità.
In realtà Christian Greco fu bravo a respingere i numerosi richiami all’ordine da parte dei suoi curatori e la nostra chiacchierata si protrasse per più di un’ora, durante la quale mi fu chiara una cosa: quel “ragazzo” avrebbe cambiato il modo di concepire il museo egizio e questo gli avrebbe creato qualche problema!
Progetti internazionali di grande respiro, riorganizzazione della collezione, rimodulazione del progetto inziale per avere a disposizione 600 mq di spazio espositivo non previsto in origine, il reparto di oncologia pediatrica. Sì perché il museo deve essere la casa di tutti e se qualcuno non può raggiungere il museo allora deve essere il museo a muoversi. Ripeto: dicembre 2014!
Progetti di inclusione sociale che presero vita parallelamente alle attività di ricerca, conservazione e valorizzazione. Termini di egual importanza, questi ultimi, costretti dalla scrittura in un elenco che non ha nessun ordine di importanza.
Progetti che ben presto hanno messo fine a una dicotomia, ormai non più accettabile, tra collezione e istituzione museale: se la collezione egizia torinese era in grado di reggere il confronto con le altre collezioni europee, ciascuna con le proprie peculiarità ovviamente, il “contenitore” Museo Egizio ne usciva ampiamente sconfitto.
Oggi il Museo Egizio è un ente di ricerca riconosciuto ed ospita studiosi e studenti da tutto il mondo e partecipa, come attore di primo piano, a progetti internazionali, dialogando alla pari con le istituzioni museali mondiali che si occupano di antico Egitto. E questa, a mio avviso, è la più grande eredità che l’egittologo Christian Greco lascerà in dono al Museo, a prescindere dalle scelte che farà per il suo futuro.
L’elenco dei meriti attribuibili alla gestione Greco è lunghissimo e lo certifica il documento firmato da ben 92 studiosi che si stringono intorno al collega in un caloroso abbraccio, scevro di corporativismo e pregno di consapevolezza.
Delle affermazioni di un personaggio riconducibile chiaramente ad una parte politica che già nel 2018 aveva dato il peggio di sé in diretta social, mostrando un’ignoranza che crea sgomento, mi importa il giusto. Grazie alla Guerra di Liberazione dal Nazifascismo e al voto del ’46, l’Italia è una Repubblica con una Costituzione che garantisce a tutti il diritto di esprimere la propria opinione.

Ma alcune riflessioni mi portano curiosamente verso la matematica.
È curioso infatti osservare come all’aumentare della stima che la gente dimostra verso un uomo capace, diminuisca quella che la politica gli riserva, in un rapporto di proporzionalità inversa. E qui possiamo osare un po’ di più e spingerci fino alla proprietà transitiva: se alla politica non piace l’uomo capace, ma l’uomo capace piace alla gente, allora la gente non piace alla politica!
Tornando seri.
Sono sempre stato convinto che Christian Greco se ne sarebbe andato dopo i festeggiamenti legati al bicentenario della nascita del Museo Egizio e resto di questo parere. È un mio pensiero, sia chiaro, privo di qualsiasi prova o informazione particolare e non è certo un mio desiderio.
Al Museo, e a me stesso, auguro che questo non accada mai e che l’attuale direttore resti in carica vita natural durante.
Ma a lui, a Christian, auguro un altrove denso di nuove sfide. Orizzonti diversi dove portare i suoi modi garbati, il suo passo deciso, la sua schiena dritta. Nuove platee a cui trasmettere per osmosi l’entusiasmo che è spinta incontenibile dell’agire, che è soluzione, che è vento che riempie le vele.
“Mi piacerebbe che il direttore fosse invisibile, che parlasse la sua squadra […] Il direttore può essere utile, ma non è indispensabile, l’istituzione va avanti”, ha risposto Greco a TorinoToday, sollecitato sulla questione.
Poco importa dunque cosa accadrà alla direzione del Museo Egizio e chi occuperà quel ruolo che fu di Ernesto Schiaparelli. Il decennio di gestione Greco ha formato un’istituzione matura con un team di eccellenza che completerà un’intera fase con le novità legate al bicentenario, punto di arrivo di un intero percorso. Chi riceverà il testimone per proseguire la corsa, del resto ogni punto di arrivo è per definizione anche un punto di ripartenza, si troverà un museo pronto ad accogliere ogni nuova sfida. Questo è davvero importante, un risultato che durerà nel tempo e che tra le sue pieghe porterà per sempre e a prescindere dalle sue scelte future, il nome di Christian Greco! Gli assessori si dimenticano presto…
Non credo serva aggiungere altro e lascio concludere a Julio Cortazar prendendo a prestito un breve stralcio di una sua poesia dal titolo “Volersi bene, nel tempo e nel freddo”, che considero una splendida definizione involontaria di museo:
Cerco la tua somma, il bordo del bicchiere in cui il vino si fa
luna e specchio,
cerco quella linea che fa tremare un uomo
nella sala di un museo.
L’ archeologia che fa la STORIA, uomini sagaci che riscoprono luoghi di un antico vivere.Antiche saggezze di uomini e donne millenari.