Viaggio nella natura geologica del materiale da costruzione dei templi e delle domus dell’antica Pompei

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«A Pompei anche le pietre parlano ai visitatori. Bisogna distinguere le loro diverse caratteristiche e saperne individuare la provenienza. A seconda delle epoche, cambia il materiale utilizzato nelle opere edili. Dalla sua natura si può dedurre il flusso di traffico commerciale prevalente a Pompei e le popolazioni (portatrici di differenti tecniche costruttive) che si sono avvicendate sul suo territorio o ne hanno influenzato l’uso di materiali e modi di edificare». Considerazioni, quelle riportate, di don Peppino Lindinerro, decano delle guide turistiche vesuviane, espresse in occasione della prima seduta del suo corso di antichità pompeiane tenuto presso l’auditorium di Villa Regina a Boscoreale. Corso di archeologia pompeiana composto da cinque conferenze tematiche, organizzato dall’associazione “Amici di Pompei” e frequentate in prevalenza da giovani. Esaminando la natura geologica del materiale da costruzione dei templi e delle domus dell’antica Pompei, utilizzato nelle varie epoche storiche si può capire, insieme allo studio delle tecniche costruttive ed al genio delle macchine edili, quale influenza (Greca o Etrusca) abbia prevalso di volta in volta sulla popolazione Osca locale, di composizione prevalentemente Sannita all’epoca dell’eruzione vesuviana e nei secoli immediatamente precedenti.

La distinzione del materiale edile che si può osservare nel Parco archeologico di Pompei riguarda la pietra calcarea, di sedimentazione fluviale o marina; quella metamorfica, originata dalla variazione chimica dei componenti di base a seguito del freddo o del caldo e quelle ignee, come la lava e il tufo, di natura vulcanica. La lava nera o lava preistorica si può vedere ai giorni nostri attraversando Viale delle Ginestre. Consiste nella lava che a Pompei è sita alle fondamenta delle antiche mura, costruite con un materiale granulare nero, parimenti di origine vulcanica, ma tenero e di agevole lavorazione. È chiamato “pappamonte” e rappresenta  il più antico materiale da costruzione utilizzato a Pompei. È formato da lava di colore rossiccio e di aspetto poroso. Nella prima età sannitica prevale, invece, un materiale molto più resistente e facile da lavorare, importato da un territorio limitrofo: il calcare del Sarno, formato da carbonato di calcio, sedimentato appunto nella valle del Sarno. Si presenta di aspetto poroso e di colore giallo, con tracce di fossili vegetali. Consiste in una pietra che veniva tagliata in grossi lastroni quadrangolari (opus quadratum) per alzare le mura delle case ad atrio (Casa del Chirurgo, Atrio della Casa di Pansa) che dettero luogo al cosiddetto “periodo delle case ad atrio calcareo” di influenza greca, che introdusse a Pompei la tecnica del taglio nella disposizione dei blocchi. Alla stessa epoca appartiene la tecnica “a nervature litiche”, costituita da blocchi rettangolari di pietra di Sarno posti in senso orizzontale e verticale con interstizi di frammenti d’argilla. Le colonne del Foro (costruito dopo il terremoto del 62 d.C., quando erano migliorati i trasporti) sono parimenti di natura calcarea, ma proveniente dal territorio di Caserta. Difatti i blocchi della pavimentazione del Foro, anziché presentare fossili fluviali sono caratterizzati da fossili marini a forma di conchiglie.

Nella seconda età sannitica, insieme al calcare, fu adoperato a Pompei (sempre in opera quadrata) il tufo di Nocera che si prestava ad essere modellato per motivi ornamentali per portali e capitelli ed il decoro dell’edilizia monumentale. Il tufo grigio di Nocera (forse originario della penisola sorrentina) si differenzia da quello giallo, originario dei Campi Flegrei. Dal 300 a.C. in poi fu introdotto a Pompei l’uso della malta, una pasta coesiva più resistente dell’argilla, formata dall’impasto di calce e sabbia vulcanica che favorì l’opera costruttiva cementizia, la fase più antica del sistema ad opera incerta (opus incertum) strutturata con frammenti irregolari di lava insieme a pietra di Sarno. La pietra lavica antica, ricavata nelle cave vulcaniche di Pompei, non era duttile alla lavorazione e non si prestava al taglio. Veniva pertanto utilizzata per pavimentare le strade in cui ogni sua pietra si presenta, ancora oggi, in forma diversa.

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