Risse all’anfiteatro: Pompeiani vs Nocerini

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È probabile che l’origine dei giochi gladiatori derivi dal mondo etrusco e che la diffusione a Roma sia passata attraverso la mediazione della Campania, dove, durante il periodo sannita, venivano celebrati giochi cruenti in onore dei defunti, come illustrano molte pitture osche di ambito funerario. È proprio in Campania, inoltre, che è maggiormente diffusa la concentrazione di edifici per lo svolgimento di tali spettacoli, con caratteristiche architettoniche già ben definite sin dall’età repubblicana. Nei maggiori anfiteatri campani, come quelli di Capua e Avella, gli scavi archeologici hanno riscontrato addirittura fasi costruttive anteriori all’età sillana, periodo al quale si data l’anfiteatro oggi ritenuto più antico a noi pervenuto, ovvero quello di Pompei.

Jean-Léon Gérôme [Public domain], via Wikimedia Commons
Ma come erano strutturati i giochi dei gladiatori? Ad occuparsi delle spese di realizzazione dei giochi vi era l’editor muneris, che attingeva talvolta dalle casse pubbliche soprattutto in occasioni ufficiali; i giochi, però, venivano organizzati anche a scopo puramente ludico direttamente dai lanistae, cioè quegli impresari che  vendevano i gladiatori agli editores, assieme al corollario di attrezzature e bestie feroci che servivano ad animare gli spettacoli e a farli diventare più cruenti. Le categorie di specializzazione dei gladiatori erano diverse e cambiavano in base alle armi utilizzate per il combattimento, inoltre, per essere pronti allo spettacolo, dovevano frequentare apposite scuole di addestramento, di cui la più importante e famosa, passata alla storia, è quella di Capua, dove scoppiò la rivolta di Spartaco. Tra le specializzazioni vi era il retiarus armato di tridente e di una rete,il secutor o murmillo che aveva una spada, un lungo scudo rettangolare e un elmo piccolo e arrotondato, per non concedere appigli all’avversario con la rete; l’oplomachus che aveva un grande scudo che lo proteggeva; il sagittarius che aveva frecce ed arco; il traex  che aveva un piccolo scudo di forma quadrata, alti gambali e una spada corta e ricurva (sica); l’essedarius che combatteva su un carro da guerra. I gladiatori erano, all’interno della scuola, suddivisi in familiae, mantenute a spese di ricchi imprenditori privati; lo stesso Cesare aveva a Capua, nel 49 a.C., 5000 gladiatori che manteneva e armava per gli spettacoli, il cosiddetto ludus Iulianus.

Pompei, interno dell’anfiteatro. Wikimedia commons.

Questa scuola, passata successivamente sotto l’amministrazione imperiale, cambierà il nome con Nerone, in ludus Neronianus, e avrà sempre un ruolo di rilievo tra le compagnie di gladiatori di tutto l’Impero.  A Pompei, come in qualsiasi altra città dotata di un anfiteatro, la popolazione nutriva un vero e proprio spasimo per i giochi, per i gladiatori e per gli spettacoli più cruenti. Una vasta documentazione epigrafica che ci è pervenuta, non manca di graffiti riguardanti il tifo per uno o per l’altro campione, ma anche apprezzamenti femminili sulla fisicità. Il ritrovamento sempre  a Pompei nella Caserma dei gladiatori di un corpo di donna ingioiellato, vittima dell’eruzione, ha ben alimentato la letteratura di storie romantiche tra ricche matrone e gladiatori.

I ludi gladiatoria furono certamente lo spettacolo più cruento che l’antichità ci abbia fatto conoscere, ma, contrariamente a quanto si crede, non era finalizzato alla morte, anche perché allenare un gladiatore doveva costare non poco ad un imprenditore. La morte poteva sopraggiungere in due modi: o durante il combattimento nell’arena o nel caso che l’editor o il pubblico si rifiutasse di concedere la grazia al gladiatore perdente; questa era un’accezione e accadeva solo se il gladiatore non aveva combattuto abbastanza da far divertire gli spettatori o si era mostrato meschino e vile. Sempre attraverso i graffiti pompeiani, è stata permessa una verifica degli esiti dei combattimenti: con la lettera V si indicava la vittoria, con la lettera M la sconfitta con grazia ricevuta, con la P la morte. Dai resoconti risulta che tra tutti i combattimenti attestati, trentadue, quasi tutti gli sconfitti vennero graziati (missus est) e che i morti furono solo sei. Oltre ai graffiti, Pompei, ci restituisce anche gli edicta munerum, cioè i programmi che annunciavano gli spettacoli previsti nell’Anfiteatro. Come i manifesti elettorali, questi venivano dipinti sui muri delle case o delle taverne, e i più numerosi si trovano sulla via principale della città, Via dell’Abbondanza. I manifesti erano strutturati in maniera tale che comparisse il nome dell’editor muneris, il numero delle coppie di gladiatori che si esibivano, questo variava da dieci a quarantanove con una prevalenza di coppie da venti, probabilmente numero standard per questo genere di combattimenti. A volte era motivata anche l’occasione per cui lo spettacolo si svolgeva, come  inaugurazione di un edificio importante, oppure semplicemente pro salute imperatoris, in onore dell’imperatore, e venivano elencati anche i comfort offerti agli spettatori come la presenza del velarium che in estate spesso evitava svenimenti ed insolazioni.

Pittura con rissa tra pompeiani e nocerini. Museo archeologico di Napoli.

Nell’Anfiteatro di Pompei, inoltre, gli spettacoli con animali si dovevano limitare ad esemplari di fauna locale, come l’orso contro il quale combatté Felice; leoni, pantere,elefanti, e ogni altro animale esotico pericoloso erano riservati ad arene più importanti tanto più che l’anfiteatro pompeiano aveva un parapetto di protezione dell’arena di solo 2.18 metri, troppo pochi per un’adeguata frenata dello slancio delle belve.

Quella da frenare era invece la passione per questi spettacoli che nel 59 d.C. portò ad una rissa epocale a Pompei, tanto da essere raccontata da Tacito nei suoi Annales (Ann., XIV,17) e di cui abbiamo quasi un’immagine fotografica in un affresco esposto oggi al Museo Archeologico di Napoli. Durante uno spettacolo di gladiatori ,organizzato da Livineio Regolo su iniziativa del senato, scoppiò una rissa tra pompeiani e nocerini; prima – scrive Tacito- “come capita spesso nelle piccole città, gli spettatori si derisero a vicenda scagliandosi insulti e volgarità; poi passarono alle pietre e infine alle armi. I tifosi di Pompei, più numerosi dato che lo spettacolo si teneva in casa loro, ebbero la meglio. Molti tifosi di Nocera furono riportati a casa pieni di ferite e molti piansero la morte di un figlio o un genitore”. La rissa, però, differentemente da quanto riportato da Tacito che parla di oppidania lascivia, sembra essere scoppiata per un malcontento dei pompeiani per la deduzione della colonia di Nocera da parte di Nerone e la conseguente distribuzione dei territori di Stabiae alla nuova città, su cui Pompei da tempo sperava di mettere mani. A diffondere il malumore Livineio Regolo che, attraverso questi giochi, intendeva fomentare la massa e portare la questione a Roma. Ovviamente tutto questo non avvenne e per la gravità dell’accaduto, la sola cosa che riuscì a Pompei, fu la squalifica dell’anfiteatro per 10 anni e l’esilio per coloro che avevano capeggiato i disordini.

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Alessandra Randazzo

Studia Lettere Classiche presso il DICAM dell’Università di Messina. Ha ricoperto il ruolo di redattrice e social media manager per www.mediterraneoantico.it e attualmente per la testata Made in Pompei, inoltre è Ufficio Stampa per la società di videogames storici Entertainment Game Apps, Ltd.
Durante la carriera universitaria ha partecipato a numerose campagne di scavo e ricognizione presso siti siciliani e calabresi.
Per la cattedra di Archeologia e Storia dell’arte Greca e Romana presso il sito dell’antica Finziade, Licata (AG) sotto la direzione del Prof. G.F. La Torre, febbraio-maggio 2012; per la cattedra di Topografia Antica presso Cetraro (Cs) sotto la direzione del Prof. F. Mollo, luglio 2013; per la cattedra di Topografia Antica e Archeologia delle province romane presso il sito di Blanda Julia, scavi nel Foro, Tortora (Cs) sotto la direzione del Prof. F. Mollo, giugno 2016.
Ha inoltre partecipato ai corsi di:
“Tecnica Laser scanning applicata all’archeologia” in collaborazione con il CNR-IPCF di Messina, gennaio 2012;
Rilievo Archeologico manuale e strumentale presso l’area archeologica delle Mura di Rheghion – tratto Via Marina, aprile-maggio 2013;
Analisi e studio dei reperti archeologici “Dallo spot dating all’edizione”, maggio 2014; Geotecnologie applicate ai beni culturali, marzo-aprile 2016.
Collabora occasionalmente con l’ARCHEOPROS snc con cui ha partecipato alle campagne di scavo:
“La struttura fortificata di Serro di Tavola – Sant’Eufemia D’Aspromonte” sotto la direzione della Dott.ssa R. Agostino (Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria) e della Dott.ssa M.M. Sica, 1-19 ottobre 2012;
Locri – Località Mannella, Tempio di Persefone sotto la direzione della Dott.ssa R. Agostino (Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria), ottobre 2014;
Nel marzo 2014 ha preso infine parte al Progetto “Lavaggio materiali locresi” presso il cantiere Astaldi – loc. Moschetta, Locri (Rc) sotto la direzione della Dott.ssa M.M. Sica.

Collabora attualmente con la redazione di: www.osservarcheologia.eu

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