Il Museo Archeologico di Bisaccia: fiore all’occhiello dell’Irpinia

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Il Museo Archeologico di Bisaccia, in provincia di Avellino, ha sede in Corso Romuleo, al piano terra del Castello Ducale. La ricca collezione archeologica esposta consta di circa 800 reperti, tra i più eloquenti e significativi dei corredi funerari di 70 sepolture a fossa individuate nella necropoli sulla collina di Cimitero Vecchio. Le tombe si datano alla prima e alla seconda età del Ferro, dunque tra IX e VII secolo a.C., e sono stati rinvenuti molteplici manufatti ceramici oltre ad oggetti d’ornamento in bronzo. I reperti datati tra fine IX ed inizio VIII secolo a.C., dunque della prima età del Ferro, informano il visitatore sull’epoca in cui genti di stirpe trans-adriatica, portatrici della Cultura di Oliveto Cairano si stabilirono in quest’area, sfruttandola sia dal punto di vista agricolo sia pastorale.

Fibula a Sanguisuga

I corredi tipici di quest’età presentano forme biconiche in ceramica d’impasto non depurata e oggetti in bronzo, quali fibule ed armi. Dalla seconda metà dell’VIII secolo a.C. si arricchiscono in oggetti, specchio del benessere che aveva pervaso la società, dovuto forse a nuove forme di sfruttamento della terra. Esempio principe è il corredo della tomba 76, appartenuto ad una giovane tessitrice, ricco di ornamenti personali, emblema dello status elevato di chi aveva il privilegio di fabbricare tessuti.

Per quanto riguarda la prima metà dell’VII secolo a.C. la necropoli documenta il passaggio da una società basata su gruppi familiari estesi e senza differenziazioni a livello sociale, ad un sistema gentilizio-clientelare in cui le differenze economiche erano anche sociali. Il tutto è testimoniato proprio dai corredi: bracciali, orecchini, bule, pendagli, anelli e ceramiche acrome e decorate di importazione, che testimoniano l’esistenza di rapporti commerciali con la vicina Daunia e la costa tirrenica. È stato inoltre individuato un nucleo di sepolture relative al gruppo gentilizio che “governava” la comunità indigena di Bisaccia, e la tomba 66, detta “della principessa” è stata ricostruita in scala 1:1.

Ricostruzione dell’ambiente insediativo di Cimitero Vecchio nella prima età del Ferro.

Datata al 675-650 a.C., si presenta come una fossa rettangolare coperta di pietre e ciottoli, con al centro una lastra in pietra bianca, avente la funzione di segnacolo. Un recinto in pietre inoltre indicava che vi era sepolto un personaggio di alto rango, il cui ricordo doveva essere tenuto sempre vivo e acceso.

Tutulus: tipico fermacapelli femminile dalla T.82

Il corredo era ricchissimo del resto: vasi d’impasto, ossia brocche, tazze, anforette, oltre a brocche e olle in argilla gulina, recipienti in bronzo di produzione etrusca, fusaiole di bronzo, un’olla da derrate acroma rinvenuta ai piedi della donna, e un fascio di spiedi di ferro, simbolo della ricchezza agricola, che solitamente viene ritrovato solo nei corredi funebri degli uomini. Nella sala si possono osservare anche punte di lancia, coltelli, asce, falcetti in ferro, e i corredi di età “orientalizzante”, emblema del momento di maggior splendore della civiltà connessa alla necropoli di Cimitero Vecchio.

Pendente con rotella del VII a.C.

Nell’ultima sala sono esposti ornamenti personali ed oggetti d’uso comune, armi, oltre alla tomba 82, appartenuta ad una donna, il cui corredo consta di preziosissimi monili in bronzo. Emblematica è la sezione dedicata alla classe delle fibule, oggetti utilizzati nell’abbigliamento sia femminile sia maschile. Al fine di rendere fruibile in toto il patrimonio archeologico contenuto all’interno del Museo, quest’ultima sala prevede lo svolgimento di attività didattiche in cui un ruolo fondamentale gioca la multimedialità.

Già il Direttore Scientifico del Museo, l’Archeologo Giampiero Galasso, ha mostrato più volte il suo disappunto per lo stato in cui versa il patrimonio archeologico irpino. La provincia di Avellino è ricca di beni e siti di interesse storico, alcuni dei quali restaurati e resi fruibili, ma purtroppo a causa dei ridottissimi fondi messi a disposizione dal Ministero dei Beni Culturali, solo poche evidenze archeologiche rispetto alla situazione globale sono state valorizzate in modo ottimale. In Irpinia solamente due centri sono valorizzati in toto: Aeclanum con il suo complesso termale di II secolo d.C., l’abitato di età tardoantica, la basilica protocristiana, resti di strade lastricate e delle mura di I secolo a.C., e Avella, ricca di necropoli, ville romane, mausolei, un anfiteatro di I secolo a.C. Anche altri siti quali Aecum Tuticum, Fioccaglia di Flumeri, Abellinum e Compsa sono visitabili, ma molti tra impianti produttivi, necropoli e ville sono ancora coperti da strati di terra.

Sala del Museo

In tal senso il Museo Archeologico di Bisaccia può essere considerato il fiore all’occhiello in una terra ricca di tesori scarsamente valorizzati. È visitabile tutti i giorni dalle 11:00 alle 13:00 e dalle 17:00 alle 19:00, proprio al fine di assicurare ai visitatori una fruizione continua e costante, quotidiana, dell’ingente patrimonio archeologico contenuto al suo interno.

Il Castello Ducale di Bisaccia è inoltre uno dei pochi siti fortificati meglio conservati del Sud d’Italia. Restano infatti tracce del primitivo impianto castrense di epoca longobarda (seconda metà VIII-IX secolo), quelle monumentali di epoca federiciana, le ristrutturazioni in epoca aragonese e la sistemazione definitiva in età cinquecentesca, con un bellissimo loggiato rinascimentale. Il Museo al suo interno fu allestito nel maggio del 2009, ottenendo negli anni il primo posto tra i musei archeologici di Irpinia e Sannio per le sue molteplici attività, eventi, collezioni archeologiche e numero di visitatori.

Giampiero Galasso afferma che “I nostri siti archeologici possono fare da volano allo sviluppo del territorio”, ma a nostro avviso un ruolo di spicco spetta al Museo Archeologico di Bisaccia, che merita di essere visitato ed apprezzato in tutto il suo splendore.

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Alessia Mancuso

Laurea Magistrale in Archeologia del Mediterraneo, conseguita il 02/03/2016 presso il Dipartimento di Civiltà Antiche e Moderne (ex Facoltà di Lettere e Filosofia) dell’Università degli studi di Messina, con votazione di 110/110 e lode. Tesi di Laurea Magistrale in Iconografia e Archeologia della Moneta dal titolo: “La semantica del Labaro nei documenti monetali”. Relatore: Prof.ssa Maria Caccamo Caltabiano.

Vincitrice del Premio di Laurea “Onore al merito” (iniziativa dell’Università degli Studi di Messina relativa agli studenti più meritevoli dell’anno) per l’Anno Accademico 2015-2016. Vincitrice della Borsa di Studio “Onore al merito” (iniziativa dell’Università degli Studi di Messina relativa agli studenti più meritevoli dell’anno) per l’Anno Accademico 2014-2015. Vincitrice della Borsa di Studio “Onore al merito” (iniziativa dell’Università degli Studi di Messina relativa agli studenti più meritevoli dell’anno) per l’Anno Accademico 2013-2014.

Corso di Analisi e Studio dei reperti archeologici: “dallo spot dating all’edizione” svolto presso la Archeopros snc di Reggio Calabria nel periodo compreso tra 28-29 Giugno e 1-2 Luglio 2014, per un totale di 40 ore di attività suddivisa in 15 ore di schedatura, 15 ore di disegno archeologico e 10 ore di lucidatura CAD.

Corso di Rilievo Archeologico Manuale e Strumentale (I edizione, Aprile – Maggio 2013) svolto presso l’area archeologica delle Mura di Rhegion – Tratto della Via Marina, nel periodo compreso tra 26-29 Aprile e 2-4 Maggio 2013, per un totale di 20 ore di attività, suddivisa in 10 ore di Rilievo Manuale e 10 ore di Rilievo Strumentale con uso della Total Station.

Conferenza presso l’Associazione Culturale Anassilaos di Reggio Calabria il 6 Agosto 2013, dal titolo “Il Globo Crucigero: il simbolo dell’Imperium” (Tesi di Laurea in Numismatica Medievale. Relatore: Prof. Eligio Daniele Castrizio)

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