Il 333 a.C. rappresenta una data importante per la storia greca; nel mese di novembre infatti l’esercito di Alessandro Magno sfidò quello del Gran Re di Persia, Dario III, nella famosa battaglia di Isso.
La regione è quella dell’Anatolia meridionale, e il luogo dello scontro era al confine tra la Cilicia e la Siria. Già Filippo II aveva inteso la guerra contro la Persia come una grande opportunità per espandere il proprio regno verso oriente, ma lo scontro inevitabile era stato presentato ai Greci come una sorta di campagna punitiva contro gli scempi che Serse aveva compiuto durante la seconda guerra persiana (480-479 a.C.) e come un’impresa di liberazione delle città greche dell’Asia Minore sotto il dominio barbaro. Il figlio Alessandro ereditò questo compito e si impose come nuovo liberatore a capo della lega ellenica accentuando con forza gli aspetti ideologici della conquista. I preparativi furono ultimati nella primavera del 334 a.C. quando l’esercito macedone attraversò l’Ellesponto. Il primo scontro avvenne presso il fiume Granico, in Frigia, nel giugno del 334 a.C. ma fu una vittoria abbastanza semplice con poche perdite macedoni; si narra che Alessandro inviò dopo la battaglia vinta 300 armature persiane ad Atene, perché fossero offerte alla dea in dono. La dedica diceva “ Alessandro figlio di Filippo e i Greci, eccetto gli Spartani, dai barbari che vivono in Asia”. L’esercito avanzò dopo senza troppi problemi lungo le coste dell’Asia Minore, conquistando le città greche e sottomettendo le popolazioni locali. Solo Mileto e soprattutto Alicarnasso gli opposero resistenza, in quanto erano diventate avamposti persiani che il Gran Re aveva affidato al comandante rodio Memnone. Ma Alessandro, forte di un esercito potente e deciso, proseguì lungo la costa attraverso la Licia e la Panfilia, per poi dirigersi verso l’interno per stabilire a Gordio, antica capitale dei Frigi, gli accampamenti invernali. In questa città, narrano le fonti, recise un nodo (il famoso nodo di Gordio) che legava un giogo ad un carro, un gesto mistico che gli avrebbe assicurato, secondo una profezia, la conquista sull’Asia.
Con queste premesse divine, il condottiero macedone non ebbe troppi intoppi nella sua marcia di conquista, l’improvvisa morte di Memnone agevolò l’azione di espansione, spostando il combattimento nel novembre del 333 a.C. ad Isso. Già gli antichi storici in un’attenta analisi militare ritenevano il campo di battaglia di Isso sfavorevole per un esercito numeroso come quello persiano, favorendo quindi le forze macedoni più ridotte e agili. Il numero di uomini in campo, esagerato secondo la storiografia moderna, si doveva attestare con schieramenti tra i 100.000-120.000 per i persiani e circa 30.000 uomini per i macedoni.
Di quello che avvenne in battaglia, un’immagine rivive scolpita nel tempo, nel celebre e bellissimo mosaico chiamato “Battaglia di Isso” o “Mosaico di Alessandro”; l’originale è esposto presso il Museo Archeologico di Napoli e la copia presso la Casa del Fauno di Pompei che raffigura Alessandro sul suo cavallo che raggiunge il re persiano costringendolo ad una fuga improvvisa, tanto da abbandonare il suo carro e il suo scudo.
Il mosaico romano si data attorno al 100 a.C., misura circa (582 × 313 cm), e venne trovato nella sua posizione originale nella pavimentazione dell’esedra della casa del Fauno il 24 ottobre del 1831. La ricchezza del mosaico non è altro che l’eco dello splendore generale dell’intera domus che risulta essere fra le case più sontuose dell’intera città, tanto da occupare un intero isolato ed estendendosi all’incirca su un’area di 3000 mq. L’abitazione nelle forme attualmente visibili è il risultato di due fasi costruttive risalenti al II secolo a.C. ; intorno al 180 a.C. venne costruito il primo impianto dell’abitazione dotato di due atri, di cui uno solo, quello più grande, rivolto verso l’esterno, un peristilio e un grande giardino, ed una seconda fase di profonda ristrutturazione invece si data all’ultimo quarto del II secolo a.C. con un allargamento degli ambienti che la rendono una domus ricca e imponente.
In questa fase l’atrio minore venne trasformato in tetrastilo, e al peristilio già presente venne aggiunta una grande esedra, venne costruito un piccolo impianto termale nell’area dei servizi e il giardino venne monumentalizzato attrezzandolo con un grande porticato con colonne in laterizio. La ricchezza massima la si raggiunse con la decorazione pavimentale e parietale, le sale più importanti vennero abbellite con pavimenti in sectile o con emblemata , le pareti vennero decorate in I stile e gli ambienti abbelliti con statue di vario genere.
Tra gli ambienti più celebri per la ricchezza della decorazione, l’esedra distila aperta sul lato settentrionale della domus, famosa proprio per il ritrovamento del celebre mosaico di Alessandro. Il mosaico consta di circa 1 milione e mezzo di tessere e risulta essere una copia di un celebre dipinto realizzato dal pittore greco Filosseno di Eretria. Probabilmente i proprietari della domus dovevano avere rapporti con un atelier di origine alessandrina che si occupò anche dell’esecuzione dei restanti mosaici della casa, mentre una tesi poco accreditata vuole il mosaico un originale alessandrino saccheggiato dalla Grecia e portato a Roma.
La scena si apre su un campo di battaglia completamente piatto disseminato di resti del combattimento. Nella parte sinistra un albero morto, unico elemento paesistico, e nella parte centrale la scena principale occupata dai combattenti con al centro il carro da guerra di Dario. Alessandro irrompe a cavallo in un’apparizione quasi mistica da sinistra, i capelli risultano scomposti e divisi sulla fronte nella classica caratterizzazione del sovrano macedone, l’anastolè, e i grandi occhi spiritati esprimono decisione.
Lo sguardo porta uno sconquassamento nell’esercito nemico, il campo di battaglia sembra lasciare spazio al passaggio del figlio di Zeus Ammone e Dario non può che guardarlo atterrito, indicando l’apparizione con la destra protesa. Molti persiani sono caduti, e il carro non può che volgere alla fuga. Sembra uno scenario completamente atemporale, quasi divino, il cielo vuoto è solcato da lunghe saette che mostrano come la situazione stia per cambiare. La disposizione delle varie figure in armi sembra dare quasi un senso di prospettiva su un fondo neutro, a dare vivacità il colore delle tessere che rimbalza di continuo sui volti, sui corpi dei personaggi, dei cavalli e delle armature.
Nella motivazione del committente sicuramente una voglia di imitazione di qualche corte ellenistica, motivata anche dal ritrovamento nella casa di una corniola con testa di Alessandro. È forte il desiderio di imitazione dei grandi saloni ellenistici, a cui rimandano altre scene decorative con soggetto nilotico.
Nel settembre del 1843 il mosaico fu trasferito a Napoli.