“Le due emergenti rappresentano delle figure maschili nude, l’una adagiata sul dorso, con viso ricoperto di barba fluente, a riccioli, a braccia aperte e con gamba sopravanzante rispetto l’altra. L’altra risulta coricata su di un fianco con una gamba ripiegata e presenta sul braccio sinistro uno scudo”
(Denuncia di S.Mariottini del 17 agosto del 1972)
Era il 16 agosto del 1972, quando un sub di nome Stefano Mariottini nelle acque di Riace, in Calabria, fece una delle scoperte archeologiche più importanti degli ultimi decenni. Il recupero dei reperti avvenne tra il 21 e il 22 di agosto ad opera del Carabinieri del Nucleo sommozzatori mediante l’utilizzo di un pallone gonfiato con l’aria delle bombole. Di cosa parliamo? Di due celebri bronzi. I Bronzi di Riace.
Mariottini infatti intravide solo una delle due statue, l’altra giaceva a pochi metri di distanza. Ma chi sono questi straordinari personaggi? Non ci sono ancora teorie certe sull’identità, ma i due sicuramente sono guerrieri nudi, armati, alti quasi due metri. La scoperta venne comunicata immediatamente alle autorità, in primis alla Soprintendenza alle antichità di Reggio Calabria che organizzò il trasporto delle statue al Museo archeologico reggino. Di lì a poco cominciò il primo restauro d’urgenza, che fu poi continuato al Centro di restauro della Soprintendenza toscana dove le statue rimasero dal 1974 al 1980 e dove per altro molti ne poterono ammirare l’esposizione a Firenze. Nel 1981 vennero invece trasferiti ed esposti al Quirinale, dove i numeri dei visitatori furono altrettanto straordinari così come nel capoluogo toscano. Oggi vengono custoditi al Museo archeologico di Reggio Calabria dove i due guerrieri rappresentano il fiore all’occhiello del rinnovato allestimento museale che comunque già li vedeva esposti dal 2015. I Bronzi attualmente godono di una sala apposita che accoglie, mediante il passaggio attraverso una sala pre-filtro, gruppi di massimo 20 persone a volta. Per sfruttare questo tempo di attesa prima della mirabile visione delle due statue, sono stati appositamente predisposti due video, corredati da testi in italiano e inglese, che illustrano i vari momenti della scoperta, i restauri e le ipotesi interpretative che ruotano attorno ai guerrieri venuti dal mare. Una volta entrati nella sala, i visitatori godono di una piena visione delle statue, illuminate da una luce diffusa che rende ancora più suggestiva la visita.
STILE E ANALISI
Il Bronzo contrassegnato con la lettera A, ha una datazione che si attesta tra il 460-450 a.C. e rappresenta un personaggio con barba, maturo, con i capelli sciolti trattenuti da una benda, la bocca socchiusa che mostra i denti realizzati in argento. Siamo nel pieno stile severo; la gamba destra è portante, la sinistra è flessa con il piede avanzato e girato, mentre il tallone è poggiato saldamente a terra. La testa è girata verso destra, il braccio sinistro è piegato e originariamente impugnava uno scudo, ora mancante; la mano destra invece doveva impugnare una lancia. L’anatomia del corpo è estremamente dettagliata e accurata, come si nota nello stile severo, che mette in risalto la possenza muscolare e la struttura slanciata del corpo.
Il Bronzo B presenta un’analoga postura ma ha un ritmo nella figura abbastanza diverso, spiegato dagli studiosi come sinonimo di uno scarto cronologico presente tra le due statue; si parla infatti di un trentennio di differenza tra la realizzazione del Bronzo A e il Bronzo B.
Il Riace B è ancora rappresentato con sembianze guerriere, con scudo, lancia(mancanti) ed elmo. Il lato destro è portante ed il movimento impresso al bacino provoca un andamento sinuoso. Questo nuovo ritmo, che richiama le ricerche sulla figura umana di Policleto, fa propendere ad una datazione verso il 430 a.C.
Sui Bronzi sono state effettuate diverse analisi e studi, di cui la prima accertò che, la tecnica utilizzata nella realizzazione delle statue, fu il sistema di fusione a cera persa. La tecnica è questa: su una figura modellata in argilla si sovrapponeva uno strato di cera verosimilmente ricca di dettagli così come si voleva che fosse il modello finale. Il modello in cera veniva coperto poi con un ulteriore spesso strato di argilla che veniva cotto per eliminare e liquefare la cera. Successivamente, veniva colato il bronzo nell’intercapedine vuota risultante tra l’anima interna di argilla e il rivestimento esterno e ,spaccato questo rivestimento ed eliminata l’argilla interna, si otteneva una statua di bronzo cava.
Nel restauro reggino degli anni ’80 ci si rese conto che vi erano ancora residui della terra argillosa usata per il modello di fusione attaccata al metallo, la quale aveva pericolosamente creato un agente corrosivo altamente dannoso e che quindi bisognava togliere. Fra il 1992 e il 1995 nei laboratori di restauro del museo di Reggio Calabria, si decise di intervenire tramite un bisturi ad ultrasuoni per rimuovere l’incrostazione; questo, entrò in una statua dal piede e nell’altra dall’occhio e ripulì tutti gli angoli interni. Dopo questo restauro, dei 400 kg di peso iniziale le statue ne uscirono più leggere di 240 chili.
Fin dall’epoca del ritrovamento i due bronzi hanno provocato un intenso e acceso dibattito tra gli studiosi, non solo sull’identità, ma anche sul perché due bronzi di così prestigioso livello si trovassero nei fondali di Riace. Tra le ipotesi, quella che le statue si trovassero su un carico di nave che, partito dalla Grecia, era diretto a Roma. Si è quindi pensato che le statue facessero parte di un donario sottratto a qualche santuario panellenico e destinato a Roma ad ornare piazze e monumenti dell’Urbe. Ma chi si nasconde dietro questi due bronzi? Qual è la loro identità? Sono comandanti? Forse tiranni? Sono eroi? Sicuramente sono armati come opliti (con scudo e lancia) e il capo è coperto da un elmo corinzio (kynè) di cui restano alcune tracce. Paolo Moreno e Daniele Castrizio, due tra i più attenti studiosi dei bronzi, li vedono come i figli di Edipo e Giocasta, Eteocle e Polinice, venerati ad Argo.
Argo è anche il probabile luogo di provenienza della terra di fusione dei bronzi. Castrizio, nell’identificare il maestro dei bronzi, suggerisce come bottega di realizzazione quella di Pitagora di Reggio, attivo nella seconda metà del V secolo a.C., famosa per l’accurata realizzazione dei particolari anatomici, secondo come riporta Plinio il Vecchio nella sua Naturalis Historia. Moreno invece, ha proposto di identificare il Bronzo A come prodotto di Agheladas di Argo, e il Bronzo B opera di Alcamene, ateniese e contemporaneo di Fidia.
Scopriremo mai l’identità di questi barbuti personaggi che tanto attirano migliaia di curiosi e visitatori da tutto il mondo? Ma forse, è davvero così necessario saperlo?
GALLERY FOTO BY MARIA MENTO