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Monete incuse. Indice di arcaicità e riflesso di un’epoca

Durante la fase iniziale della loro monetazione alcune città dell’Italia Meridionale e della Sicilia coniarono delle monete definite incuse. Questi particolarissimi documenti monetali si datano alla seconda metà del VI secolo a.C., ma si rifanno ad un importante archetipo: i Rovesci delle monete arcaiche emesse dalle città della Grecia propria e da quelle ellenizzate nel Mediterraneo Orientale . Il termine “incuso” deriva dal latino incusus, participio passato di incudere, e ha l’accezione di “imprimere col conio” . Nella scienza che studia le monete, la Numismatica, si fa riferimento ai documenti che presentano l’impronta del conio in incavo piuttosto che in rilievo. Il lemma viene adottato sempre in associazione alla parola “moneta”. Si parla difatti di monete incuse, monete col tipo incuso, monete col Rovescio incuso. È proprio il Rovescio ad essere realizzato con questa peculiare tecnica, e ad ospitare un tipo (o immagine monetale) differente da quello del Diritto per fattura e caratteristiche intrinseche. Le monete incuse si distinguono in monete col quadrato incuso e monete col Rovescio incuso . La loro forma è già di per sé un indice di arcaicità: il tondello è spesso, irregolare, sovente allungato . Con il passare del tempo e l’evolversi delle tecniche di coniazione, i tondelli di metallo diverranno sempre più sottili, regolari e di forma circolare.

Cronaca di un’eruzione

"Per me l’eruzione è un’immagine sconvolgente, un avvenimento straordinario ed anche un grande pezzo di scultura […] Il Vesuvio per me è molto più grande di un mito: è una cosa terribilmente reale” (Andy Warhol) Dinanzi ai disastri naturali, il più delle volte, l’uomo non può che rimanere impotente di fronte allo sconvolgimento che essi comportano. Oggi come ieri, tali fenomeni di portata inimmaginabile, creano un senso di vuoto e di smarrimento, di angoscia e paura perché sfuggono ad ogni calcolo e alla possibilità di dominio. Dopo 2000 anni, visitando le rovine delle città colpite nel 79 d.C. dall’eruzione del Vesuvio, non si può che rimanere attoniti, stupiti, commossi dalla fine che molte migliaia di persone fecero quel giorno del 24 agosto. Sono diverse le testimonianze dei contemporanei che più di tutti ci hanno permesso di ricostruire i fatti di quei terribili giorni, già commossi per la violenza dell’atto distruttivo che rase al suolo intere città, seppellendone per secoli la memoria. Non solo Plinio il Giovane che descrisse con dovizia di particolari l’accaduto all’amico Tacito, ma anche Marziale che ha lasciato un toccante epicedio sulla distruzione di Pompei.

Le origini del Duomo. Milano cristiana prima della grande cattedrale

Mediolanum capitale d’occidente visse una vera e propria rivoluzione nel IV secolo. L’Editto di Costantino prima (313) e la nomina di Ambrogio vescovo poi (374) mutarono nuovamente l’aspetto della città come conseguenza di una sempre più estesa cristianizzazione dell’area. La piazza del Duomo, oggi simbolo della metropoli lombarda e centro religioso della relativa importantissima diocesi, fu già in antichità un centro episcopale complesso, del quale sono state riportate alla luce le tracce di tre strutture e ricostruita l’intera planimetria. Alcuni sporadici rilievi effettuati nel 1870 furono rivisti poi nel 1914 da Ugo Monnet de Villard, che riconosceva nei resti antistanti la facciata del Duomo mura di età tardo-romana, sotto lo spazio concepito come sagrato: era ciò che restava del battistero di san Giovanni alle Fonti, oggi principale struttura visitabile nel percorso sotterraneo alla cattedrale. La Sovrintendenza alle Antichità riavviò qui i lavori nel 1961 in occasione dell’apertura del cantiere della linea metropolitana recuperando l’intero tracciato del battistero e le absidi di Santa Tecla, l’antica basilica maggiore. Ulteriori ricerche furono condotte nel 1997, in occasione del XVI centenario della morte di Ambrogio, patrono cittadino e infine nuovamente nel 2011.

La numismatica e il simbolismo

La Numismatica (dal greco nomisma, ovvero “moneta”) studia gli oggetti utilizzati come mezzo di scambio: monete, banconote, medaglie, pesi. La moneta è un documento estremamente importante, nonostante la sua apparente semplicità. Piccolo tondello di metallo, è caratterizzato da un’immagine, il tipo monetale, impressa dall’autorità emittente, che ne garantisce la legittimità. Metallo, peso, l’immagine principale e quelle secondarie (i simboli), uniti alla leggenda indicante il nome del sovrano o della città che ne ha voluto la realizzazione, sono gli elementi che costituiscono la moneta. Ogni documento monetale racconta una storia, è depositario di un messaggio, che poteva essere letto da chiunque lo tenesse tra le mani. Cittadini della polis in cui viene battuta dunque, e visitatori per diletto o per lavoro, abitanti di terre lontane, che spesso portavano la moneta con sé, come ricordo dell’esperienza vissuta, senza sapere quanto il loro gesto fosse importante. Difatti il messaggio affidato a quel piccolo pezzo di metallo superava i confini del luogo in cui era nato e aveva valore, oltrepassando tempo e spazio. Grazie alle monete è possibile raccontare la storia dei rapporti di carattere economico e commerciale tra popoli lontani, un fil rouge che univa Oriente e Occidente . Il rinvenimento del celebre tesoretto dell’Artemision di Efeso nel 1904 ci consente di collocare la nascita della moneta intorno alla metà del VII secolo a.C.

I Giardini del Museo Archeologico di Napoli

Giardini, cortili e spazi aperti sono elementi vitali che sbocciano nelle nostre città dando respiro alla struttura a tratti serrata dell’edilizia storica e moderna, divenendo spazi di aggregazione comune. Lo stesso si può dire per i cortili che spesso si aprono nei palazzi storici e nei complessi monastici e conventuali, luoghi privati ma allo stesso tempo spazi in cui condividere momenti di vita comune; questo avviene al MANN (Museo Archeologico Nazionale di Napoli) dove tre grandi spazi aperti impreziosiscono il museo, donando luce alle sale che vi si affacciano. Ma per capire bene questi luoghi è necessario parlare della loro evoluzione nel corso dei secoli, soprattutto in termini di utilizzo dello spazio. La principale funzione di questi spazi aperti, nell’epoca del loro maggior splendore, era l’esposizione di sculture che vede i suoi precedenti nella storia antica fino ad arrivare al mondo ellenistico-romano. A partire dal Cinquecento fu ripresa la consuetudine di esporre opere in marmo nei giardini di ville e complessi cittadini, in particolare a Roma con il Cortile del Belvedere, Palazzo Chigi (La Farnesina) ed i giardini vaticani, a Firenze con il giardino di Boboli e a seguire con il giardino del Museo Archeologico Nazionale di Firenze di chiara matrice ottocentesca.

La battaglia dei Campi Catalaunici

Lo scontro armato dei Campi Catalaunici (o Maurici), indicato pure come scontro armato di Chalons, ebbe luogo il 20 giugno del 451 d.C.1 in una estesa zona pianeggiante della Gallia non lontana dall’odierna cittadina di Châlons-en-Champagne. Nella battaglia i soldati del comandante romano Ezio, principalmente barbari ai quali si unirono i Visigoti (che avevano stipulato un’alleanza con il magister militum Ezio), ebbero la meglio sugli Unni capeggiati da Attila.