Con Tito e Marziale, l’Anfiteatro rivive con Sangue e Arena

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Uno spettacolo suggestivo in una cornice, il Colosseo, che emoziona e sorprende ancora dopo secoli.

SANGUE E ARENAtheshow
ph Alessandra Randazzo

Sangue e Arena è il primo show multimediale ideato dal Parco archeologico del Colosseo e direttamente sviluppato sul piano dell’arena dell’anfiteatro più famoso al mondo, lì dove combattevano per la vita o la morte i gladiatori. Le immagini multimediali, gli ologrammi e le ricostruzioni virtuali sono proiettati su un telo di circa 17 metri e faranno rivivere un’esperienza unica nella Roma dell’80 d.C., quella dell’imperatore Tito, delizia del genere umano, che offrì 100 giorni di spettacoli per l’inaugurazione dell’anfiteatro. Testimone oculare e narratore degli eventi, il poeta Marziale, autore di un Liber De Spectaculis, opera in cui descrive in maniera minuziosa il clima di governo sotto Tito e la tipologia di spettacoli che l’imperatore offrì al popolo. Non solo naumachie, munera e venationes, ma anche condanne a morte inscenate da miti classici, spettacolari coreografie acquatiche e lotte tra gladiatori. Il tutto ricostruito con precisa filologia dei fatti attraverso validissime fonti iconografiche antiche: i mosaici, tessere colorate vere e proprie pagine di storia.

SANGUE E ARENA theshow Courtesy Electa

Il poeta spagnolo, nato a Biblis nella Spagna Tarragonese, giunse a Roma nel 64 d.C., trovando appoggio nella famiglia spagnola più in vista della capitale, quella di Seneca, che lo introdusse nella buona società romana. Da allora e per alcuni anni, Marziale visse una vita abbastanza modesta, svolgendo la sua attività poetica come cliente. Una certa notorietà la ebbe proprio sotto l’imperatore Tito a cui dedicò una raccolta di epigrammi per celebrare l’inaugurazione dell’anfiteatro Flavio (Liber De Spectaculis) che gli valse un grande riconoscimento, soprattutto remunerativo, da parte dell’imperatore.  L’evidente intento celebrativo, già dichiarato nell’incipit dell’opera, magnifica l’imponente architettura dell’anfiteatro ritenuto superiore ad altre già ben note meraviglie del mondo antico, come le Piramidi e i Giardini pensili di Babilonia.

Ogni immane costruzione cede all’anfiteatro di Tito, andrà famose per tutte un’opera sola.

                                      (Marziale, De Spectaculis, 1, 6-7)

SANGUE E ARENAtheshow Courtesy Electa

Ma il De Spectaculis è importante soprattutto per le preziose informazioni che ci da sullo svolgimento di una giornata-tipo di spettacoli, in cui si riescono ad identificare le diverse tipologie di giochi offerti alla plebe. E proprio in questo quadro ricostruttivo si cala lo spettacolo Sangue Arena. L’ideazione e produzione delle installazioni multimediali si deve alla società canadese Graphic eMotion, che ha collaborato in stretto contatto con la direzione del monumento e del Parco archeologico del Colosseo, insieme ad un comitato scientifico composto da storici, archeologi e architetti, con l’organizzazione di Electa.

SANGUE E ARENAtheshow Courtesy Electa

È stata una grande sfida, da parte della società, lavorare su un monumento di dimensioni così grandiose come il Colosseo, con pochissime zone, tra l’altro, su cui poter proiettare effetti visivi realistici e dettagliati, parte fondamentale dello spettacolo e per di più situate a grande distanza rispetto a dove sono seduti gli spettatori. Attraverso la proiezione su telo, quasi a stretto contatto con il pubblico, e attraverso giochi di luci, suoni, effetti visivi e un display ologrammatico, lo spettatore potrà immedesimarsi negli antichi Romani di duemila anni fa che dal vivo hanno assistito ai giochi inaugurali dell’anfiteatro. Il tutto accompagnato sempre da una precisa ricerca sulle fonti, fondamentale per lo storytelling, e da musiche spettacolari che però non sono quelle antiche, di cui non sappiamo quasi nulla.

Ma cosa avrebbe visto un romano 2000 anni fa al Colosseo? Cerchiamo di ricostruire una giornata – tipo.

Con una solenne pompa, un corteo entrava nell’arena. A sfilare oltre a due littori che aprivano le fila, i protagonisti della giornata e l’editor dei giochi, il magistrato, seguito dai musicisti che durante gli spettacoli animavano le scene di lotta con corni, tube, flauti, tibie e organi idraulici. Non solo gladiatori, quindi, ma anche venatores e condannati a morte legati tra di loro da una fune. La mattina era riservata alla venatio, una caccia con animali feroci. Questa poteva svolgersi tra soli animali o tra animali e uomini e prevedeva anche esibizioni acrobatiche, quasi da circo diremmo noi, con animali addomesticati. Ancora una volta, Marziale, attraverso quattro epigrammi, ci racconta di un certo Carpophorus, uno dei protagonisti indiscussi delle venationes, di cui ne esalta la forza, quasi erculea, e la maestria con cui uccise un agilissimo leopardo trafitto in lunghezza dalla sua lancia. Altrettanto spettacolari erano le lotte tra bestie diverse. Sempre il poeta ci descrive un’avvincente lotta tra una tigre addomesticata e un leone che vide vittoriosa la prima con grande stupore dei presenti e di Marziale stesso.

SANGUE E ARENAtheshow Alessandra Randazzo

Incredibili da immaginare in una struttura come il Colosseo, le Naumachie, le battaglie navali che tanto impressionavano gli spettatori. Le imbarcazioni, nei sotterranei, erano situate nelle darsene e man mano che l’acqua saliva di livello queste si sollevavano fin sulla platea. Marziale racconta che per i giochi inaugurali dell’80 d.C., fu inscenata una memorabile battaglia tra corinzi e corciresi. Ma la presenza dell’acqua permetteva anche scene più complicate con scenografie davvero straordinarie. Una di queste fu la messa in scena del mito di Ero e Leandro nei sotterranei sommersi. Ero, giovane e bellissima sacerdotessa di Afrodite e Leandro erano due innamorati che abitavano sulle rive opposte dello stretto dei Dardanelli. Leandro, ogni notte, raggiungeva a nuoto la sua amata che dalla cima di una torre gli segnalava il percorso con una torcia. Una notte, durante una tempesta, la torcia si spense e il giovane Leandro morì annegato tra i flutti. Durante la rappresentazione della tragedia, Leandro fu risparmiato dall’imperatore Tito, una variante al mito che commosse profondamente il pubblico.

“Se l’onda notturna ti ha risparmiato, non meravigliarti: l’onda era Tito”, XXV

L’arena, oltre che di splendide coreografie, spesso si impregnava di sangue, non solo animale ma soprattutto umano. Molte furono le esecuzioni capitali che si svolsero al Colosseo, alcune delle quali come la damnatio ad bestias, particolarmente cruente. Questa tipologia di condanne a morte spettava a uomini che si erano macchiati di reati gravissimi come il parricidio e la lesa maestà e consisteva nell’essere sbranati, da vivi, da animali feroci. Durante i 100 giorni di giochi inaugurali, le condanne ad bestias furono messe in scena sotto forma di episodi mitici, con epiloghi assolutamente tragici e particolarmente sanguinari. Un certo Laureolo, reo di aver ucciso il padre, aver rubato nei templi e aver addirittura dato fuoco a Roma, fu costretto ad inscenare il mito di Prometeo. Nell’eccentrica variante romana però, rispetto al mito greco, il condannato fu appeso ad una croce e sbranato da un orso.

[Ecco Laureolo che fu divorato da un orso]. Egli era reo di aver sgozzato il padre o il padrone, oppure nella sua follia aveva spogliato i templi dei riposti tesori, o ti aveva appiccato il fuoco, Roma, con le orribili torce. Lo scellerato aveva superato con i suoi delitti quelli dell’antica leggenda [di Prometeo], VII, 7-12

SANGUE E ARENAtheshow Courtesy Electa

A chiudere la giornata, gli spettacoli più attesi e forse quelli più celebri nella storia: i ludi gladiatori. Questi avevano luogo nel pomeriggio e si aprivano con il saluto rituale dell’imperatore che dava il via agli scontri secondo l’ordine di apparizione annunciato dalla pompa iniziale. I gladiatori erano schiavi, condannati oppure dei veri e propri professionisti della lotta armata e si distinguevano tra di loro per specialità e tecniche di combattimento. Tra le specializzazioni vi era il retiarus armato di tridente e di una rete, il secutor o murmillo che aveva una spada, un lungo scudo rettangolare e un elmo piccolo e arrotondato, per non concedere appigli all’avversario con la rete; l’oplomachus che aveva un grande scudo che lo proteggeva; il sagittarius che aveva frecce ed arco; il traex che aveva un piccolo scudo di forma quadrata, alti gambali e una spada corta e ricurva (sica); l’essedarius che combatteva su un carro da guerra. Gli epigrammi di Marziale ricordano alcuni famosi gladiatori che si distinsero per la loro bravura: Myrinus, Triumphus, Priscus e Verus. Proprio lo scontro tra Priscus e Verus passò alla storia perché non ebbe nessun vincitore. Sempre Marziale racconta che di pari coraggio e forza, nessuno dei due ebbe la meglio sull’altro tanto che fu lo stesso pubblico, annoiato, a chiedere la fine del combattimento. Secondo la lex pugnandi lo scontro poteva terminare solo se uno dei due contendenti, posato lo scudo, sollevava un dito in segno di vittoria. Tito graziò entrambi e donò loro, in assenza di vincitore, la rudis e la palma. Palma e corona spettavano al vincitore, mentre la rudis, una spada di legno, veniva consegnata al gladiatore al termine della sua carriera.

Il Colosseo*

Arena del Colosseo, ph Alessandra Randazzo

La valle tra l’Oppio, il Palatino e il Celio fu urbanizzata a partire dal II secolo a.C. e fino all’età augustea; l’incendio che devastò Roma il 18 luglio del 64 d.C., sotto Nerone, determinò una modificazione profonda dell’assetto precedente e parte del territorio venne ad ospitare la Domus Aurea, la villa urbana di Nerone che si estendeva su 250 ettari e che comprendeva il grande lago artificiale dello Stagnum Neronis, un vasto specchio d’acqua cinto da un triportico colonnato di almeno 200 metri di lato e profondo non più di 4. La costruzione della villa fu abbandonata alla morte di Nerone e la presa di potere di Vespasiano, il nuovo imperatore, determinò, dopo il risanamento dell’erario pubblico, la riorganizzazione urbanistica dell’area e l’edificazione, tra altri interventi pubblici, dell’Amphitheatrum novum sul sito del lago artificiale a partire dal 71 d.C.; lo ricorda Marziale: “Hic ubi conspicui venerabilis Amphitheatri/erigitur moles, stagna Neronis erant”.

Colosseo. ph Alessandra Randazzo

Per i Romani era anche il Teatro per le cacce, nel Medioevo Colosseo e poi Anfiteatro Flavio; il Colosseo fu costruito in poco più di otto anni e inaugurato dal figlio di Vespasiano, Tito, nell’80, con 100 giorni di spettacoli venatori, giochi gladiatori e battaglie navali. L’edificio inaugurato, tuttavia, non ancora completato, mancava di parte dell’attico e delle strutture ipogee dell’arena che saranno realizzate solo sotto Domiziano, insieme ai grandi edifici di servizio esterni come le caserme gladiatorie, i depositi delle armi, l’ospedale per i feriti, la caserma della flotta di Miseno, l’edificio per le spoglie dei gladiatori morti. Incendi, terremoti e la necessità di mantenere in efficienza l’edificio determinarono restauri, aggiornamenti e modifiche fino al VI secolo, quando furono definitivamente interrotti i ludi gladiatori e l’edificio subì un inarrestabile abbandono, trasformandosi, a partire dal regno di Teoderico, in cava di materiale, poi residenza delle famiglie romane dei Frangipane e degli Annibaldi nel XII e XIII secolo e poi di nuovo e fino alla metà del Settecento a cavar marmi a Coliseo.

Colosseo. ph Alessandra Randazzo

L’anfiteatro sorge su una platea ovoidale policentrica, dal diametro maggiore di 188 metri e minore di 156, e in origine raggiungeva un’altezza esterna fuori terra di oltre 50 metri. Una gabbia di grandi pilastri di travertino, inglobati nei muri radiali in tufo e laterizio, costituiva il sistema strutturale principale che consentiva di formare le camere radiali in corrispondenza dei fornici della facciata esterna. Questi lunghi corridoi radiali, coperti da volte in opera cementizia con nervature in mattoni, sostenevano le gradinate per gli spettatori e i corridoi anulari di distribuzione; consentivano, quindi, di distribuire tra i 50.000 e i 70.000 spettatori su cinque ordini successivi di posti, ciascuno per i diversi ranghi sociali del pubblico, con ingressi e percorsi interni ed esterni differenziati e distinti.

Colosseo. ph Alessandra Randazzo

Una gran cerchia d’archi, la chiamava il poeta Shelley, ed è l’immagine che meglio rappresenta la facciata esterna, oggi ancora visibile per la metà nord verso il colle Oppio e che si staglia poderosa giungendo da via dei Fori Imperiali. Immaginiamola completata della parte mancante e avremo una mole pressoché ellittica aperta da 80 arcate inquadrate da semicolonne su tre livelli sovrapposti; la scansione degli ordini architettonici dei differenti livelli è quella canonica delle facciate teatrali con la sovrapposizione, dal basso, di ordine tuscanico, ionico e corinzio. Sopra l’ultima cornice del terzo ordine di arcate si innalza la grande parete dell’attico, dove si aprono, alternati a muri ciechi, quaranta finestroni rettangolari entro un ordine di paraste (semipilastri) corinzie; sopra le finestre corrono le mensole sagomate -tre per ogni campitura tra le paraste- che servivano per il fissaggio dei pali di legno che, inserendosi in fori corrispondenti nel cornicione sommitale, consentivano ai marinai della flotta del Miseno, distaccati nella caserma poco distante, la manovra del gigantesco velarium per riparare il pubblico dal sole e dalla pioggia. (P.M)*

La sabbia che ricopriva l’arena di questo luogo straordinario ha assorbito il sangue dei gladiatori, dei condannati a morte, delle belve per quasi cinque secoli. Quella sabbia ha portato via con sé la memoria del sangue versato ma oggi la tecnologia multimediale ci permette, con Sangue e Arena, di riviverne la terribile testimonianza e, in un solo momento, stupirsi della grandezza dell’ingegno umano che ha saputo realizzare questo straordinario edificio e conservarlo fino a noi. Toccherà a noi trasmetterlo alle generazioni future.

Info: http://www.electa.it/novita/sangue-arena-la-performance-multimediale-al-colosseo/

 

*Paolo Mighetto è architetto, dottore di ricerca in Storia e Critica dell’Architettura. Architetto della Missione Archeologica Italiana a Hierapolis di Frigia (sito UNESCO di Pamukkale, Turchia) e della Missione Archeologica Italo-libica “Tempio Flavio” al sito UNESCO di Leptis Magna, in Libia, ha fatto parte della Segreteria Tecnica di Progettazione di Pompei dal 2015 al 2018 e attualmente collabora con il Parco Archeologico.

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Alessandra Randazzo

Studia Lettere Classiche presso il DICAM dell’Università di Messina. Ha ricoperto il ruolo di redattrice e social media manager per www.mediterraneoantico.it e attualmente per la testata Made in Pompei, inoltre è Ufficio Stampa per la società di videogames storici Entertainment Game Apps, Ltd.
Durante la carriera universitaria ha partecipato a numerose campagne di scavo e ricognizione presso siti siciliani e calabresi.
Per la cattedra di Archeologia e Storia dell’arte Greca e Romana presso il sito dell’antica Finziade, Licata (AG) sotto la direzione del Prof. G.F. La Torre, febbraio-maggio 2012; per la cattedra di Topografia Antica presso Cetraro (Cs) sotto la direzione del Prof. F. Mollo, luglio 2013; per la cattedra di Topografia Antica e Archeologia delle province romane presso il sito di Blanda Julia, scavi nel Foro, Tortora (Cs) sotto la direzione del Prof. F. Mollo, giugno 2016.
Ha inoltre partecipato ai corsi di:
“Tecnica Laser scanning applicata all’archeologia” in collaborazione con il CNR-IPCF di Messina, gennaio 2012;
Rilievo Archeologico manuale e strumentale presso l’area archeologica delle Mura di Rheghion – tratto Via Marina, aprile-maggio 2013;
Analisi e studio dei reperti archeologici “Dallo spot dating all’edizione”, maggio 2014; Geotecnologie applicate ai beni culturali, marzo-aprile 2016.
Collabora occasionalmente con l’ARCHEOPROS snc con cui ha partecipato alle campagne di scavo:
“La struttura fortificata di Serro di Tavola – Sant’Eufemia D’Aspromonte” sotto la direzione della Dott.ssa R. Agostino (Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria) e della Dott.ssa M.M. Sica, 1-19 ottobre 2012;
Locri – Località Mannella, Tempio di Persefone sotto la direzione della Dott.ssa R. Agostino (Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria), ottobre 2014;
Nel marzo 2014 ha preso infine parte al Progetto “Lavaggio materiali locresi” presso il cantiere Astaldi – loc. Moschetta, Locri (Rc) sotto la direzione della Dott.ssa M.M. Sica.

Collabora attualmente con la redazione di: www.osservarcheologia.eu

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