Incontrare i figli di Khaled al-Asaad è stata una grande emozione. Quest’anno, per il Ventennale della Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico sono arrivati a Paestum anche Omar e Walid, ultimo direttore del sito archeologico di Palmira, la “sposa del deserto”.
Non sono mancati i momenti di commozione in Basilica, Khaled per noi è l’eroe che ha rifiutato di consegnare i reperti di Palmira all’Isis, per loro è un padre e un amico che è stato sottratto brutalmente alla famiglia. Durante l’intervista condotta da Stefania Battistini, sono stati tanti i momenti di riflessione sul messaggio che ha lasciato l’archeologo e anche sulle condizioni del sito vero e proprio.
Walid è il primo a parlare, proprio lui che ha ereditato la gestione delle antichità della città quando il padre è andato in pensione, ricordandolo sotto gli aspetti più umani che eroici, vittima anche lui delle violenze fisiche e psicologiche e rapito sei giorni dai miliziani dell’Isis. Khaled ha messo al servizio di Palmira tutta la sua conoscenza.
Dopo aver studiato all’università, ha lavorato come docente di storia, ma non era questa la sua vera vocazione. Il suo desiderio era quello di rendersi utile per la sua città, culla di una civiltà millenaria che ha unito oriente e occidente e che ora vede contrapporsi proprio questi due mondi che sembra non sappiano più comunicare. L’Isis non è lo specchio della cultura islamica, non è uno stato ma un corpo estraneo creato ad arte per dare un’immagine negativa della religione islamica. Maometto è venuto per completare ciò che le altre religioni hanno costruito, non per dividere. “Questo corpo estraneo che si chiama ISIS – ha aggiunto Walid – è stato creato ad arte perché si diffonda un’immagine negativa della religione islamica che, in realtà, è sorella del cristianesimo ed è basata sulla tolleranza. È un gruppo che ha adottato la politica dello shock per far invertire la tendenza dell’opinione pubblica. Sono convinto che siano stati in molti a trovare vantaggio nella sua morte, ma non sono ancora pronto a dire di più”. “La scelta di colpire nostro padre, una personalità riconosciuta per il suo spessore scientifico e umano, è stata dettata da una volontà precisa di scioccare l’opinione mondiale e creare la sensazione del terrore nella comunità siriana”.
Alla domanda sulla possibile ricostruzione di Palmira risponde invece Fayrouz: “Da archeologa sono convinta che è importante che il sito venga ricostruito, anche se alcuni importanti elementi sono andati totalmente distrutti e sarà difficile se non impossibile ricomporlo come era. Per me e per i miei concittadini è più importante ricostruire la città moderna, di cui sento profonda nostalgia, piuttosto che quella antica, perché è più necessario ricostruire il presente che fare un prototipo del passato”.
Dopo la sua sentita riflessione, a strappare il secondo lungo e commosso applauso l’intervento del fratello Omar che ha voluto ricordare che bisogna ancora rendere al padre l’ultimo omaggio: “Khaled era anche nostro amico e maestro, amava la sua gente e la città. Non vediamo l’ora di tornare Palmira per dargli la degna sepoltura”.
La figura di Khaled al-Asaad e questo suo ricordo intimistico da parte di tre dei suoi undici figli, vuole così essere un auspicio per le nuove generazioni per un mondo di dialogo tra culture, un messaggio che da anni la BMTA porta avanti con i numerosi ospiti internazionali e come proposta di contenitore di eventi che parlano di un passato collettivo, di memoria delle civiltà del mediterraneo che hanno contribuito alla costruzione complessa dell’identità del nostro presente.