Il Ministro delle Antichità Khaled el-Anany ha inaugurato mercoledì una mostra temporanea presso il Museo Egizio del Cairo che vede per la prima volta esposte le lamine d’oro scoperte da Howard Carter nella tomba di Tutankhamon nel 1922. L’esposizione, intitolata “Tutankhamun’s Unseen Treasures: the Golden Flakes” (I tesori nascosti di Tutankhamon: le lamine d’oro) e inaugurata in occasione della celebrazione del 115° anniversario dell’apertura del Museo Egizio del Cairo e del 60° anniversario della riapertura dell’Istituto Archeologico Tedesco al Cairo (DAIK – Deutsches Archäologisches Institut Kairo), mostra 55 piccole placche in oro che, montate su cuoio, nell’antichità decoravano i carri da guerra, i finimenti dei cavalli e le guaine delle armi appartenute al giovane faraone della XVIII dinastia e che sono ora visibili grazie ad una cooperazione in atto tra il Ministero delle Antichità e l’Istituto Archeologico Tedesco del Cairo.
Le lamine auree erano ancora conservate nella stessa cassa in cui erano state riposte dalla squadra di Howard Carter subito dopo la loro scoperta e da allora non erano mai state rimosse; all’epoca i manufatti erano stati fotografati, imballati e trasferiti al Museo Egizio del Cairo senza aver mai subito alcun intervento di restauro e non erano dunque più stati toccati né spostati fino allo sviluppo di questo progetto che ha preso vita nel 2013 con lo scopo di restaurare e studiare queste lamine che versavano purtroppo in un cattivo stato di conservazione. Il lavoro ha visto la cooperazione del Museo Egizio di piazza Tahrir, l’Istituto Archeologico Tedesco al Cairo, il Museo romano-germanico di Mainz e l’Università di Tubinga: una sinergia guidata da Christian Eckmann, restauratore tedesco del Museo romano-germanico di Mainz, il quale aveva già diretto qualche anno fa le operazioni relative al ripristino della barba della maschera di Tutankhamon.
Parte del progetto, come già accennato, prevedeva anche lo studio di queste lastre mai esaminate finora; uno studio che ha rivelato interessantissimi collegamenti tra il Levante e l’Egitto faraonico.
Dopo laboriose ore di laboratorio, i partner hanno restaurato, disegnato e fatto ricerche approfondite sulle lamine. I conservatori Christian Eckmann e Katja Broschat del Römisch-Germanischen Zentralmuseum Mainz hanno riassemblato tutti i frammenti ottenendo 100 applicazioni d’oro con rilievo quasi complete e in origine destinate alla decorazione dei contenitori per archi, di faretre e briglie. Gli archeologi del IANES di Tubinga hanno esaminato le immagini impresse sulle placche e le hanno inquadrate in base ad una prospettiva storico-artistica. La dottoressa Julia Bertsch è riuscita a distinguere i motivi egizi da quelli che potrebbero essere attribuiti ad un canone “internazionale” di motivi decorativi mediorientali.
Tra questi ultimi vi sono immagini di animali combattenti e capre sull’albero della vita, rappresentazioni del tutto estranee all’arte egizia e che devono quindi essere giunte in Egitto dal Levante. Secondo Peter Pfälzner questi motivi si svilupparono in Mesopotamia e raggiunsero probabilmente la regione del Mediterraneo e l’Egitto attraverso la Siria, dimostrando ancora una volta l’importanza del ruolo svolto dall’antica Siria nella diffusione della cultura durante l’età del bronzo. È interessante notare che applicazioni simili, con immagini tematicamente comparabili a queste, sono state trovate in una tomba nella città reale di Qatna, proprio in Siria. Lì, il team di Tubinga, guidato da Pfälzner, scoprì nel 2002, ancora intatta, la tomba di un sovrano risalente al 1340 a.C. circa, quindi di poco precedente la sepoltura di Tutankhamon. Questa similitudine è stata la spinta per avviare il progetto di studio dei reperti egizi che erano stati trovati nella KV62. Ora resta da capire in che modo i motivi stranieri presenti sulle placche siano stati adottati in Egitto, ma le analisi chimiche effettuate sono state davvero illuminanti: i risultati hanno mostrato che le placche con motivi egizi e quelle con motivi stranieri presentano una diversa composizione dell’oro. Ciò non significa necessariamente che i pezzi siano stati importati, ma è possibile che differenti laboratori locali fossero addetti della produzione di oggetti in vari stili e che per le loro creazioni si basarono sui modelli del Vicino Oriente.
Abbiamo comunque pochi giorni, almeno per il momento, per poter ammirare le applicazioni con rilievo in oro appartenute al corredo funerario di Tutankhamon: saranno infatti visibili per soli 45 giorni; dopodiché le lamine saranno trasferite al Grand Egyptian Museum per essere esposte all’inaugurazione parziale del nuovo museo che è ora in fase di allestimento nella piana di Giza e la cui apertura è prevista per il 2018.
Source: MoA