Cinquantaquattro corpi tra uomini donne e bambini, vittime della terribile eruzione del Vesuvio, affollati in un ambiente della Villa di Lucius Crassius Tertius, la villa B ad Oplontis, sono stati recentemente oggetto di studi antropologici, isotopici e di DNA da parte di ricercatori americani. La Villa fu scoperta casualmente nel 1974 durante dei lavori per la costruzione di una palestra e si trova attualmente a 300 m di distanza dalla più famosa Villa A, quella di Poppea.
Gli archeologi portarono quasi interamente in luce l’edificio principale e parte degli ambienti di servizio. La sua funzione era rivolta probabilmente al commercio agricolo ma non alla produzione e grazie al ritrovamento di un sigillo sappiamo che il proprietario, gestore dell’azienda commerciale, doveva essere L.Crassius Tertius. Gli studi sono stati condotti in collaborazione con l’Università del Michigan (Prof. Nicola Terrenato) e l’Università della West Florida (Prof. Kristina Killgrove), con l’aiuto della Dott.ssa Andrea Acosta, dottoranda dell’Università del South Carolina sui fuggiaschi, i cui scheletri sono stati già trovati negli anni ’90 ammassati in un ambiente della Villa e con al seguito gioielli e monete.
In questi giorni si è conclusa la prima fase della ricerca che continuerà fino alla metà del mese di agosto in situ, e che fornirà, nei mesi a venire, risultati completi. Finora, studi del genere, si erano concentrati solo ad Ercolano, mentre ad Oplontis è la prima volta che si conducono ricerche su un contesto così ampio e complesso. Tra le vittime indagate, almeno due erano donne incinte, a cui mancavano solo poche settimane per partorire, inoltre, un numero significativo di vittime era biologicamente correlata, dato riscontrato da tratti genetici comuni che in futuro saranno verificati nel dettaglio da indagini sul DNA su campioni di denti ed ossa. Ma le sorprese non finiscono qui. L’analisi del campione scheletrico sembrerebbe attestare uno stato di salute buono tra le vittime, differentemente da altre analisi condotte in altre aree del mondo romano su scheletri trovati in necropoli, pertinenti ad individui morti naturalmente o per malattia e che recano testimonianze di malattie come l’anemia, fratture, infezioni, artriti ecc.
Gli abitanti della Villa B sembrano non mostrare patologie come l’anemia e questo può significare che ad Oplontis, malattie come la malaria, non erano presenti e che la popolazione avesse anche una dieta equilibrata. Diversamente, lo stato di salute dei denti non era dei migliori. Molti scheletri rinvenuti presentano mascelle senza denti o con denti deteriorati e spesso cariati. In alcuni bambini ed adolescenti addirittura le analisi della dentatura sembrerebbero denunciare un periodo prolungato di malattia o fame. Nei prossimi mesi, ulteriori dettagli saranno possibili attraverso le analisi del DNA degli agenti patogeni e dei parassiti del suolo di appoggio degli scheletri.
Assieme alla Direzione del Parco archeologico Pompei, le ricerche in corso sono state finanziate dal National Endowment for Humanities, dalla Rust Family Foundation for Archaeological Reserch e dall’Università della West Florida.
Oggi la Villa B risulta accessibile solo per indagini e campagne di studi assieme alla Villa A nell’ambito dell’Oplontis Project, in collaborazione con l’Università del Texas a Austin, in vista di un progetto più ampio di restauro e apertura al pubblico.
Per maggiori informazioni si consiglia di visitare il sito: http://wuwf.org/post/uwf-