A caccia di tesori. Scavi privati nell’ager pompeianus

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“Ho scelto, ancora una volta, un argomento ‘scomodo’ per il mio ultimo libro di archeologia”. Ha ammesso Laurentino Garcìa y Garcìa nel corso della sua conferenza del 24 febbraio, organizzata dall’Associazione Amici di Pompei presso l’Auditorium di Boscoreale. Il riferimento è alla sua ricerca sistematica tratteggiata in un prezioso volume corredato di mappe, foto e notizie inedite arricchite dalle sue osservazioni sugli scavi privati nei territori attorno a Pompei, operati tra il 1876 e il 1933. Con la legislazione attuale tale tipo di scavo privato sarebbe illegale.Difatti a partire dalla legge n. 1089 del 1939 si cominciò a contenere l’interesse economico dei privati nell’eseguire scavi nei propri terreni, miranti al ritrovamento (ed appropriazione) di reperti dell’antichità.

La prima problematica sistemica sull’argomento nasce dalla delimitazione incerta dell’ager pompeianus quale poteva essere nella morfologia di un territorio vesuviano – sarnese attorno al  79 d. c. Esso approssimativamente era delimitato (sulla base delle conoscenze attuali) a nord dalle pendici del Vesuvio, ad est e a sud dal corso del fiume Sarno e ad ovest dalla sua linea di costa nello sbocco a mare del medesimo. La stessa carenza di notizie riguarda la configurazione dell’ager stabianus e dell’ager herculanensis limitrofi all’ager pompeianus.

Per esaminare tale evidenze di scavi privati rimaste in situ, quelle conservate al Mann e negli altri musei nazionali, i reperti archeologici comprati più o meno legalmente dai musei stranieri e quelli di cui si è persa ogni traccia è stato necessario formare un compendio dei cosiddetti diari di scavo relative alle 79 strutture scavate di un certo rilievo (le cosiddette ville archeologiche vesuviane). Parliamo della documentazione descrittiva, le piantine, le foto ed i disegni eseguiti a corredo di tali scavi. Si tratta di una documentazione in parte già nota ma frequentemente di difficile consultazione. Le difficoltà maggiori attengono alla rarità di alcune fonti. L’apparato iconografico (presentato in parte nel corso della conferenza) ricco di foto d’epoca e planimetrie, spesso inedite, aiutano gli appassionati alla materia a dedurre la visione complessiva da un puzzle ridefinito che purtroppo è rimasto per sempre privo di alcuni tasselli a causa di personaggi che, come ha commentato l’autorevole archeologo Stefano De Caro, si sono avvalsi tra il diciannovesimo e ventesimo secolo di privilegi personali e mezzi economici notevoli per arricchirsi con la vendita all’estero di pezzi significativi del patrimonio culturale italiano, estratti dal suolo vulcanico dell’ager pompeianus. Capolavori che attualmente troneggiano nelle vetrine dei più prestigiosi musei del mondo. Manca nel volume dell’autore di origine spagnola ogni notizia ufficiale sugli scavi abusivi e furtivi dell’epoca e delle epoche successive perché di essi non è stata lasciata alcuna testimonianza. L’abbondanza di reperti provenienti dalla zona vesuviana sparsi nelle collezioni private e nei musei d’Europa, d’America e persino dell’Asia testimoniano gli effetti del mercimonio originato da questa tipologia di scavi criminali, che ancora perdura. Laurentino Garcìa y Garcìa ha, nel corso della sua interessante relazione, anticipato notizie sorprendenti, svelando particolari inediti su reperti che sembravano da anni svaniti nel nulla e che invece erano riposti in forma anonima (o non pubblicizzata) in depositi museali o in collezioni private, mentre prima se ne era persa ogni traccia. Notizie quelle raccolte ed esposte durante il convegno che si prestano a far tornare alla ribalta scavi privati del territorio vesuviano insieme ai contenitori più o meno legittimi di tali tesori culturali, estratti dal sottosuolo vesuviano, in un periodo in cui l’archeologia era far west al tiro di un ristretto numero di approfittatori che si arricchirono nell’inconsapevolezza generale.

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