Aprono al pubblico i complessi residenziali dell’elite pompeiana. Restituite alla fruizione la Casa di Championnet e del Marinaio

0
2754

Tempo di nuove aperture presso il Parco archeologico di Pompei. Alla stampa, in esclusiva, sono stati presentati i quartieri panoramici a terrazze dell’antica città vesuviana e un allestimento diffuso di reperti nei vari ambienti residenziali. Grazie alla sinergica collaborazione tra Grande Progetto Pompei e Soprintendenza, due grandi interventi di messa in sicurezza e restauri hanno reso fruibile una preziosa e ricca parte dell’acquartieramento dell’elite cittadina.

Si tratta del complesso di Championnet, un insieme di eleganti edifici con oltre 60 ambienti finemente decorati e articolati in peristili e atri, e della Casa del Marinaio, così chiamata per delle raffigurazioni di navi all’ingresso; un benvenuto del proprietario nel porto sicuro della sua casa. Le due strutture aprono per la prima volta al pubblico e si arricchiscono di un’esposizione di reperti originali nei vari ambienti domestici secondo il progetto portato avanti dalla Soprintendenza di creare un museo diffuso che vede ricollocati in loco oggetti e strumenti del passato.

Ma vediamo nel dettaglio come sono strutturati questi meravigliosi e ricchi complessi.

Casa del Marinaio

La casa si trova situata in una zona panoramica della città di Pompei nei pressi del Foro, ed è stata riportata all’antico splendore grazie all’alternanza di due cantieri del Grande Progetto Pompei che hanno lavorato al restauro strutturale dell’edificio e al restauro degli apparati decorativi e parietali. La domus fu portata in luce nel 1871 e deve il suo nome al motivo decorativo del mosaico posto all’ingresso dell’abitazione. Sei navi ormeggiate nei rispettivi arsenali, oggi solo parzialmente conservate, dovevano decorare il prezioso ingresso, probabilmente un originale benvenuto del proprietario nel porto sicuro che la casa rappresentava per i suoi abitanti e per gli ospiti. L’elegante casa è dotata inoltre di un doppio atrio e di un impianto termale privato, e costituisce un unicum nel panorama domestico pompeiano per la presenza nei sotterranei di un panificio.

Alle caratteristiche di una elegante domus residenziale si annette l’utilizzo dei magazzini a scopo commerciale e produttivo, costituendo quindi motivo di particolare interesse non solo per gli studiosi ma anche per i visitatori che potranno ammirarne questa eccezionalità strutturale. A partire dal II secolo a.C., l’edificio si trovò in un’area prossima al Foro in cui l’andamento del terreno era visibilmente irregolare, venendosi così a creare una differente articolazione della casa su due livelli indipendenti. Quello a sud che poggia su un alto terrazzamento riempito e livellato, quello a nord invece che si estende su alcuni ambienti voltati semi-ipogei con accesso dal Vicolo dei Soprastanti. Un giardino costituisce l’elemento di raccordo tra i due livelli, posto ad una quota inferiore rispetto al quartiere residenziale principale e situato nell’angolo nord-ovest della domus.

Grazie ad una foto d’archivio, è possibile vedere che nei primi decenni del Novecento, il giardino divenne una sorta di magazzino a cielo aperto per anfore, in un numero immenso di esemplari, provenienti da luoghi diversi del sito. La preziosa e ricca collezione fu però distrutta dal bombardamento aereo del 13 settembre 1943 e per ricreare questo grazioso magazzino si è voluta introdurre, all’interno del cratere di una delle bombe che colpirono questo settore della domus, un’originale raccolta di cocci di anfore, residui degli esemplari distrutti. La casa era dotata di ricchi ambienti residenziali che si aprivano su un imponente atrio tuscanico decorato con ricche pitture in terzo stile e mosaici con tessere bianche e nere.

La stanza di maggior interesse doveva essere il largo oecus che fungeva da triclinio invernale con pavimento in semplice coccio pesto dotato di due alte finestre collegate, attraverso canne fumarie interne al muro, alle due feritoie aperte più in basso, probabilmente usate per l’areazione. Nel corso dei secoli l’edificio venne ampliato verso est, accorpando un’ala destinata ad ospitare un impianto termale privato con tepidarium e calidarium. A completare il complesso anche la presenza forse di uno spogliatoio, l’apodyterion e di un vano circolare, probabilmente il frigidarium.

Nell’ultima fase di vita dell’edificio, I secolo d.C., gli ambienti inferiori vennero convertiti in attività commerciali e produttivi, mentre ad ovest venne ricavato un secondo atrio per il settore servile. Considerata la ricchezza della domus, è verosimile che la fontana marmorea c.d del Gallo, situata presso l’angolo sud ovest dell’isolato, sia stata realizzata grazie ad un intervento di mecenatismo del proprietario.

Complesso di Championnet

È costituito da oltre 60 ambienti finemente decorati con affaccio sul mare e forma un intero quartiere residenziale situato a sud del Foro e della Basilica, posto tra la terrazza del santuario di Venere e le Terme del Sarno, da anni interdetto al pubblico e finalmente oggi restituito alla fruibilità. L’intero complesso, di cui fanno parte anche la Casa dei Mosaici Geometrici e gli edifici municipali, già aperti nel novembre 2016, viene totalmente restituito grazie alla riapertura del secondo lotto che include le case di Championnet I e II e il cosiddetto cortile delle Murene. Si tratta di un cantiere che complessivamente ingloba edifici per oltre 4000 mq, di cui 2100 occupati dalla Casa dei Mosaici Geometrici con relativi ambienti ipogei e gli altri  distribuiti tra le case di Championnet I e II  e il cortile delle Murene. L’appellativo dato al complesso deriva dal nome del generale Jean Ètienne Championnet che, nel periodo della presenza francese a Napoli, dopo la fuga in Sicilia di Ferdinando IV di Borbone nel 1799, aveva ripreso con fervore gli scavi archeologi a Pompei.

Gli edifici di cui si compone vengono a costituire il quartiere d’elite della Pompei ricca, in una zona in prossimità del fulcro vitale e chiassoso della città, il Foro, che poteva però godere di una vista panoramica mozzafiato sul golfo verso le isole. Le domus infatti erano articolate su terrazze con scale, rampe, logge e criptoportici e dovevano appartenere ai ricchi componenti del ceto aristocratico cittadino residente  nella parte centrale di Pompei. Dal punto di vista costruttivo, le panoramiche case a terrazze risultano atipiche rispetto alla tradizionale tipologia di domus presenti a Pompei; queste infatti mostrano una sostanziale modifica nella concezione dell’articolazione degli ambienti, con uno sviluppo graduale degli ambienti verso il lato panoramico della casa.

Questo grande complesso, come già accennato in precedenza, si dota di oltre sessanta ambienti, verosimilmente destinati ad un unico proprietario, e nasce dall’unione di due domus ad atrio con ingresso dal vicolo di Championnet. Gli interventi del Grande Progetto Pompei hanno interessato il restauro delle strutture architettoniche e di tutti gli apparati decorativi parietali e pavimentali degli edifici residenziali. Tali attività hanno richiesto, a monte, indagini archeologiche preliminari, particolarmente concentrate negli ambienti ipogei della Casa di Championnet I e nel cosiddetto cortile delle murene, così chiamato perché caratterizzato dalla presenza di una vasca per la piscicultura. Le analisi stratigrafiche hanno fornito agli studiosi dati interessanti e in alcuni casi inediti in relazione allo sviluppo urbanistico e alla storia edilizia di un quartiere centrale della città, anche nelle sue fasi più antiche.

L’intervento ha inoltre previsto la realizzazione di una copertura piana in lastre di Corian, un materiale leggero e non invasivo, per preservare dagli agenti atmosferici e dall’usura del tempo i mosaici più significativi e delicati rinvenuti nelle Case di Championnet I e II. La scelta di questo materiale per le coperture è legato alle sue caratteristiche di leggerezza, plasmabilità delle forme, maggiore durabilità nel tempo, linearità, ma anche alla possibilità di inglobare elementi esterni (quali i displuvi) nella struttura stessa e ancora per il colore neutro che consente di non distogliere l’attenzione dalle varietà degli apparati decorativi pavimentali presenti con le loro ricche cromie. Il progetto ha previsto inoltre opere volte al miglioramento dell’accessibilità e della fruizione, quali le passerelle e la scala che conduce agli ipogei della Casa di Championnet I, illuminati dalle barre led disposte alla base della passerella metallica.

La Soprintendenza, inoltre, seguendo il progetto di archeologia diffusa già avviato nella Fullonica di Stephanus, ha voluto ridare l’originaria funzione di cucina ad uno degli ambienti posti nei sotterranei del complesso residenziale, collocando degli oggetti che ne caratterizzavano la destinazione d’uso. Visibili su un bancone tutti i tipi di recipienti impiegati nel 79 d.C. in cucina per la cottura degli alimenti: olle per la bollitura delle carni, tegami per friggere e pentole poste su un tripode in ferro. Inoltre si conservano i contenitori per il trasporto delle derrate provenienti da tutto il Mediterraneo: anfore da Creta e dalla Turchia per il vino e altre per la circolazione del vino prodotto proprio nell’ager pompeiano.

Nell’ex cabina Enel, bonificata e riutilizzata per l’occasione, sono stati allestiti inoltre alcuni spazi espositivi che ospitano i reperti rinvenuti durante gli scavi condotti nelle domus negli anni ’30 e ’70: coppe in bronzo, fusi in osso per la tessitura, spilloni in osso, lucerne, brocche in bronzo, elementi di collane, statuette, frammenti di affresco ed intonaci. Inedita anche l’esposizione di un plastico in sughero che raffigura l’intero quartiere, realizzato a partire dal 1865 da Giovanni Padiglione e facente parte del gruppo di modelli eseguiti prima del grande plastico dell’intera città di Pompei oggi conservato e visibile al Museo archeologico di Napoli.

Una stagione ricca di aperture e mostre che ancora una volta premia Massimo Osanna e tutti gli specialisti che quotidianamente, grazie al loro lavoro, rendono Pompei un Patrimonio dell’Umanità di tutti e per tutti.

Advertisement
Articolo precedenteCanne della battaglia tra cultura e natura per #GEP2017
Prossimo articoloDal 25 settembre chiude il primo piano del Museo Civico archeologico di Bologna
Alessandra Randazzo

Studia Lettere Classiche presso il DICAM dell’Università di Messina. Ha ricoperto il ruolo di redattrice e social media manager per www.mediterraneoantico.it e attualmente per la testata Made in Pompei, inoltre è Ufficio Stampa per la società di videogames storici Entertainment Game Apps, Ltd.
Durante la carriera universitaria ha partecipato a numerose campagne di scavo e ricognizione presso siti siciliani e calabresi.
Per la cattedra di Archeologia e Storia dell’arte Greca e Romana presso il sito dell’antica Finziade, Licata (AG) sotto la direzione del Prof. G.F. La Torre, febbraio-maggio 2012; per la cattedra di Topografia Antica presso Cetraro (Cs) sotto la direzione del Prof. F. Mollo, luglio 2013; per la cattedra di Topografia Antica e Archeologia delle province romane presso il sito di Blanda Julia, scavi nel Foro, Tortora (Cs) sotto la direzione del Prof. F. Mollo, giugno 2016.
Ha inoltre partecipato ai corsi di:
“Tecnica Laser scanning applicata all’archeologia” in collaborazione con il CNR-IPCF di Messina, gennaio 2012;
Rilievo Archeologico manuale e strumentale presso l’area archeologica delle Mura di Rheghion – tratto Via Marina, aprile-maggio 2013;
Analisi e studio dei reperti archeologici “Dallo spot dating all’edizione”, maggio 2014; Geotecnologie applicate ai beni culturali, marzo-aprile 2016.
Collabora occasionalmente con l’ARCHEOPROS snc con cui ha partecipato alle campagne di scavo:
“La struttura fortificata di Serro di Tavola – Sant’Eufemia D’Aspromonte” sotto la direzione della Dott.ssa R. Agostino (Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria) e della Dott.ssa M.M. Sica, 1-19 ottobre 2012;
Locri – Località Mannella, Tempio di Persefone sotto la direzione della Dott.ssa R. Agostino (Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria), ottobre 2014;
Nel marzo 2014 ha preso infine parte al Progetto “Lavaggio materiali locresi” presso il cantiere Astaldi – loc. Moschetta, Locri (Rc) sotto la direzione della Dott.ssa M.M. Sica.

Collabora attualmente con la redazione di: www.osservarcheologia.eu

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here