La mostra è pensata come un viaggio per immagini attraverso i luoghi percorsi dal generale e filtrati attraverso la sua personalità e la sua cultura: il pubblico è accompagnato dallo stesso Annibale (ideale voce narrante) e da grandi “cronisti” del mondo antico (come Polibio, Tito Livio, Appiano), e contemporaneo (come Giovanni Brizzi, Paolo Rumiz).
I luoghi del viaggio di Annibale segnano le tappe fisiche e insieme simboliche del percorsodella mostra: prima l’Africa, poi la Spagna, il valico dei Pirenei, la Gallia, le Alpi, l’Italia settentrionale, il passaggio degli Appennini, la discesa in Puglia verso l’epica vittoria finale di Canne.
Il personaggio Annibale viene raccontato non soltanto nella fisionomia tradizionalmente nota, di storico avversario di Roma, ma come l’artefice di uno straordinario epico viaggio tra l’Africa e l’Europa; nel racconto sono centrali i temi del suo rapporto con la guerra, con i soldati, con le popolazioni italiche con cui venne a contatto e, soprattutto, con i luoghi attraversati.
SEZIONI:
SCENARI MEDITERRANEI TRA IL III E IL II SECOLO A.C.
Lo scenario in cui si svolse la nostra storia vide, affacciate alle rive del mare Mediterraneo, la potenza di Roma e la potenza di Cartagine, antica colonia dei Fenici sulla costa dell’attuale Tunisia, inevitabilmente in scontro tra di loro.
Rotte e vie di terra compongono davanti agli occhi del visitatore un quadro affascinante e di grande interesse per comprendere la storia del passato e la storia del presente.
CARTAGINE, LA CITTÀ DI ANNIBALE
Cartagine, mirabilmente rievocata nell’immaginaria descrizione ottocentesca di Flaubert, è lo sfondo di questa storia e la prima tappa ideale del “viaggio” con Annibale, il luogo dove nacque nel 247 a.C. Una città da cui Annibale partì bambino con suo padre diretto verso la Spagna, dove trascorse l’adolescenza e la giovinezza in mezzo ai soldati.
Una città mista ed eterogenea che da tempo andava assorbendo valori culturali greci e che si materializza nella mostra con l’esposizione di alcuni oggetti simbolici.
Da qui comincia il suo viaggio e il nostro viaggio.
IL GIURAMENTO
La vocazione di Annibale alla guerra nasce con l’episodio che segnò la fine della sua infanzia: il giuramento di odio eterno per il popolo romano.
Il generale Amilcare, in procinto di partire per la Spagna, cedette alle richieste del figlio, Annibale, di soli nove anni, che voleva seguirlo con l’esercito. Così Amilcare lo fece avvicinare all’altare dove stava compiendo il sacrificio per propiziare il buon esito della spedizione e lo indusse a giurare odio eterno verso i Romani.
Questo giuramento rappresentò per Annibale un’eredità morale: il rifiuto di sottomettersi alla supremazia di Roma e la consapevolezza profonda di una missione che solo lui poteva compiere.
Egli si imbarcò con suo padre verso Gades e poi verso la Spagna, dove trascorse l’adolescenza e la giovinezza in mezzo ai soldati, ricevendo un addestramento tale da fargli conquistare vigoria e resistenza fisica straordinarie.
UN VIAGGIO NEL SEGNO DI ERACLE
Il nume tutelare della spedizione in Italia fu dunque, di volta in volta, il Melqart che parlava al cuore dei Punici, o l’Eracle greco nelle sue divere accezioni… (Giovanni Brizzi, Annibale come un’autobiografia, 1994).
Per gli antichi la reputazione di Annibale fu grande e la sua leadership di ispirazione divina: il suo viaggio inizia con una tappa al santuario di Cadice per avere la protezione di Melqart-Eracle e da lì prosegue seguendo la via percorsa dal dio.
Eracle-Melqart fu per lui, come già per suo padre Amilcare, l’alter ego divino, emblema delle sue gesta terrene e guida morale, in quanto simbolo della virtù e del ponos, la quotidiana fatica per elevarsi. Ma la figura aveva anche una valenza politica: era l’eroe che nel mito aveva sconfitto Gerione, mostro dai tre corpi, progenitore degli iberi, e al quale aveva sottratto gli armenti simbolo delle ricchezze di Spagna; era l’eroe che aveva superato per primo le Alpi e si era spinto fino in Lazio, dove aveva ucciso Caco, un mostro nel quale si rappresentava la potenza di Roma.
Come suo padre, anche Annibale si fece raffigurare con gli attributi del dio, la clava e la corno d’alloro, incidendo la sua immagine sul più efficace strumento di propaganda, la moneta.
IL VIAGGIO DI ANNIBALE
Con voi, disse ai soldati, cui mille volte ho tributato elogi e concesso ricompense, scenderò ora in campo io, che sono stato discepolo di voi tutti prima ancora di essere il vostro comandante(Livio, XXI, 43).
Nel 221 a.C., giovanissimo, Annibale ha il comando supremo delle forze armate cartaginesi in Spagna. Proseguendo nei disegni paterni estende l’occupazione sul territorio, finché con la presa della città di Sagunto, sulla costa mediterranea della Spagna (219 a.C.), alleata dei Romani, provoca la reazione di questi che dichiarano guerra (218 a.C.).
Nello stesso anno, dopo il passaggio del fiume Ebro, supera il valico dei Pirenei, riesce ad attraversare il fiume Rodano con la costruzione di un ponte di barche. Si dirige poi verso l’Italia, alla testa di 90.000 fanti, 12.000 cavalieri e 37 elefanti, attraversando le Alpi in un’impresa che destò stupore e ammirazione già nell’antichità. In Italia entra in contatto con le popolazioni celtiche e infligge ai Romani una sconfitta nella battaglia presso le rive del fiume Ticino.
Proseguendo il suo cammino, sconfigge Publio Cornelio Scipione, mandato a fermarlo, al fiume Trebbia, nei pressi di Piacenza, ma nella sua marcia contrae una malattia che lo rende quasi cieco all’occhio destro. Attraversato l’Appennino nel 217 a.C., con l’unico elefante sopravvissuto, Surus, il siriano, raggiunge le paludi dell’Arno, tra disagi e malattie. Dall’Umbria scende verso il Lazio. Nel 217 a.C. sconfigge Flaminio nella battaglia al lago Trasimeno, proseguendo la sua marcia vittoriosa verso la Puglia.
ANNIBALE E LA PUGLIA
Spade, lance, pietre fiondate, zoccoli di cavalli, il peso di migliaia i piedi in marcia sopra i caduti, colpi di calore, prostrazione, terrore e persino disperazione, furono le armi letali di Canne (Barry Strauss, L’arte del comando, 2013).
Arrivato in Puglia, il 2 agosto 216 a.C., a Canne, nella valle del fiume Ofanto, Annibale sconfigge i Romani nella battaglia che rimane famosa nella storia militare come capolavoro tattico. A Canne Annibale perse 6.000 uomini, i Romani 45.000.
La Daunia, esclusa Canosa, fu al suo fianco dopo la vittoria. Annibale rimase in Italia meridionale per più di un decennio (215-203 a.C.), durante il quale avvenne un grandecambiamento sociale in Puglia, dovuto da una parte alle vicende di guerra, dall’altra alle deportazioni di massa operate dai Romani verso le popolazioni che avevano appoggiato Annibale e al formarsi di una aristocrazia locale dalle grandi risorse economiche, riconoscibile dai ricchissimi corredi funerari.
EPILOGO
Raramente qualcuno nel lasciare la patria per andare in esilio apparve mai tanto triste quanto si racconta sia stato Annibale nel partire, abbandonando una terra nemica. Si dice che spesso si sia voltato indietro a guardare le coste dell’Italia, accusando gli dei e gli uomini… (Livio XXX, 7-8).
“Ma perché Annibale subito dopo Canne non sferrò l’attacco finale marciando su Roma?” Si sono posti questa domanda personaggi a lui contemporanei, storici antichi e moderni, intellettuali e filosofi. Annibale divenne l’eroe che non portò a compimento la sua impresa…
Negli ultimi anni in Italia Annibale fu sempre più ridotto alla difensiva e mancò il risultato definitivo. Non aveva potuto costringere Roma a trattare e non era riuscito a unificare il mondo italico alternativo a Roma.
Le fonti storiche narrano di comportamenti crudeli e feroci, di sacchi sistematici, di massacri e di deportazioni di popolazioni intere. Richiamato in Africa, prima di imbarcarsi, si ferma alsantuario di Hera Lacinia a Crotone dove depone una iscrizione in punico e greco su tavola bronzea con la narrazione delle sue gesta (ora perduta).
Sconfitto a Zama, nel 202 a.C., da Publio Cornelio Scipione, detto poi l’Africano, nel 195 a.C. lascia Cartagine e si rifugia presso il re Antioco III di Siria incitandolo alla guerra contro Roma, e quindi in Bitinia (regione dell’Asia Minore). Lì, per non cadere nelle mani dei Romani, si avvelena (183 a.C.).
Testo e immagini: http://www.mostraannibale.org/index.html