Bassorilievo raffigurante un terremoto

Trascorrere delle giornate nella bella città di Roma Caput mundi (ipsa, caput mundi, bellorum maxima merces, Roma capi facilisper, Marco Anneo Lucano, Pharsalia, II, 655-666) per un esperto o un appassionato di storia antica rappresenta un vero e proprio “parco giochi dell’archeologia”.

Uno straordinario patrimonio culturale che delle volte viene abbandonato a sè stesso, in uno stato di degrado che va ricercato anche nella mancata manutenzione sistematica. A prescindere da questo, un esperto del settore riesce a raccogliere quei dati utili per individuare l’origine di una colonna spezzata, di un pavimento ribaltato o di un’unità di crollo. Attraverso le indagini archeosismologiche, analisi geofisiche, geotecniche e con l’aiuto delle fonti scritte, è stato condotto un magnifico studio da Fabrizio Galadini, ricercatore dell’Istituto nazionale di geologia e vulcanologia, in collaborazione con la Soprintendenza per i beni archeologici di Roma che ha individuato le tracce archeologiche di terremoti nell’area romana nel periodo tardoantico e altomedievale. Un periodo in cui alcuni edifici erano decisamente vulnerabili perchè già antichi e poco stabili, che subirono modifiche sostanziali a causa di spoliazioni o per una diversa destinazione d’uso.

Le prove geologiche ed archeologiche hanno confermato quanto riportano le fonti scritte: una Roma antica scossa da cinque terremoti in un periodo che va dal VI al IX secolo (443, 484, 508, 801, 847), quasi tutti causati dall’attivazione di faglie appenniniche.

Le conseguenze di questi movimenti tellurici sono visibili nel Foro di Cesare e in quello di Augusto rispettivamente nel Tempio di Venere Genitrice e di Marte Ultore: qui è stata rinvenuta una interessante epigrafe, gemella ad un’altra, che riporta il nome di Decius Venantius, prefetto dell’Urbe, patrizio e console ordinario che a sue spese restaurò l’arena e il podio dell’Anfiteatro Flavio, distrutti da “un terribile terremoto”.

L'Anfiteatro Flavio privo dei settori nord-est e sud-est a causa dei terremoti / Wikipedia commons
L’Anfiteatro Flavio privo dei settori nord-est e sud-est a causa dei terremoti / Wikipedia commons

A provocare il crollo parziale del colonnato del portico della summa cavea, comportando il collasso dei settori nord-est e sud-est, fu quello del 484 o del 508. L’incertezza nella datazione è dovuta a un caso di omonimia: due senatori con lo stesso nome che restaurarono il Colosseo furono consoli in anni diversi.

Altro notevole esempio, cronologicamente compatibile con il terremoto appena citato, lo troviamo nei sotterranei di Palazzo Spada dove emergono grandi porzioni di pavimenti mosaicati disposti in giacitura inclinata privi di strati di disfacimento lasciando supporre che sia avvenuto in seguito al crollo improvviso di un edificio a più piani. Altrettanto interessante, che riportano tracce di distruzione riconducibile allo stesso arco di tempo, sono i casi di Villa Medici, di Palazzo Valentini, della Basilica Hilariana sul Celio e del Santuario di Giove Dolicheno sull’Aventino.

Tra il 2007 e il 2010 durante i lavori per la nuova linea C della metropolitana in piazza Madonna di Loreto sono stati ritrovati i resti, in giacitura di crollo, appartenenti al monumentale complesso pubblico di età adrianea che hanno permesso di ipotizzare l’improvviso collasso verticale della struttura ascrivibile al terremoto dell’847. A confermare questa teoria sono state anche le indagini sedimentologiche: l’assenza di frammenti minori nella parte bassa dell’unità di crollo suggerisce una situazione inversa a quella tipica dei contesti di progressivo disfacimento delle strutture per abbandono o mancanza di manutenzione. Una data che ricorda anche i danni provocati alla Chiesa di Santa Maria Antiqua sulle pendici del colle Palatino.

Epigrafe messa in posa in occasione del restauro dell'Anfiteatro Flavio dopo un terremoto / ph Veronica Quintili
Epigrafe messa in posa in occasione del restauro dell’Anfiteatro Flavio dopo un terremoto / ph Veronica Quintili

Ricordiamo che il terremoto è una di quelle calamità naturali che non tocca solo i beni materiali ma lascia dietro di sè segni indelebili minacciando la vita dell’uomo, modifica il paesaggio e mette a soqquadro l’economia e l’intera organizzazione sociale di una comunità. Fin dai tempi più remoti ciò provocava anche un netto disagio psichico che sfociava in forti superstizioni e in rituali magici, segno di ostili presagi.

Un evento che appartiene alla Natura, bella e sovrana come questa città.

 

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Veronica Quintili

Veronica Quintili è attualmente impegnata nel Master in “Archeologia giudiziaria e crimini contro il patrimonio culturale”. Nel 2014 ha conseguito la laurea magistrale in Beni archeologici e Storico-artistici basandosi sull’applicazione di nuove metodologie di diagnostica e monitoraggio non invasive presso l’Università “G. D’Annunzio” di Chieti-Pescara come prosecuzione di un percorso iniziato con la tesi presentata in sede di laurea triennale scegliendo di affrontare le tematiche di tutela, fruizione e valorizzazione circa la Villa dei Quintili (RM). Ha partecipato a varie campagne di scavo in Italia [Pendici settentrionali del Palatino (RM); S. Teresa di Spoltore (PE); Aufinum/Capestrano (AQ); Peltuinum (AQ); Juvanum (CH)] e all’Estero (Pyrgos-Mavroraki, Cipro; Bliesbruk-Reihneim, Francia).

Ha partecipato al corso di formazione Mosaics in the field. Issues of iconography, material selection and preservation presso l’Università di Cipro ed ha contribuito nel restauro dei mosaici delle terme dell’antica Teate (CH). Nel 2015 ha vinto il concorso Talenti per l’archeologia rilasciando il titolo di Tecnico coordinatore degli scavi di emergenza e dell’archeologia preventiva. Ciò le ha permesso di svolgere un’attività di catalogazione ed inventariazione di documenti d’archivio, di collezioni private e di svolgere un’attività di ricerca in studi antropologici presso il Museo di storia delle scienze biomediche di Chieti conclusa con la pubblicazione di un articolo sul Journal of Paleopathology.

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