Nuove ipotesi sulla provenienza geografica del pugnale meteoritico di Tutankhamon

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Nel 2016 un team di ricercatori internazionali aveva individuato nel pugnale di ferro di Tutankhamon l’origine non terrestre (https://mediterraneoantico.it/articoli/news/ricerca-internazionale-svela-lorigine-meteoritica-del-pugnale-tutankhamun/). Come fu allora riportato dalla rivista Meteoritics and Planetary Science, l’utilizzo della tecnica della fluorescenza ai raggi-X per l’analisi chimica aveva evidenziato la presenza di nichel (10%) e cobalto (0,6%). Questa concentrazione è tipica delle meteoriti metalliche, la prima fonte di ferro utilizzata dall’essere umano.

Evidenze dei punti anneriti sulla lama che contengono cloro, calcio, zinco e zolfo
https://www.hdblog.it/scienza/articoli/n551920/tutankhamon-pugnale-mistero-meteorite-faraone/

Una classificazione strutturale delle meteoriti ferrose, quella delle ottaedriti, è basata sulla presenza o assenza delle figure di Widmanstätten, o struttura di Thomson. Si tratta di un disegno di lamelle dalla struttura cristallina osservate quando si lucida la superficie di una meteorite. Nel 2020 ricercatori del Chiba Institute of Technology giapponese hanno effettuato nuovi studi sulla natura del metallo che compone questo pugnale. I risultati ottenuti dall’analisi dei punti anneriti sul pugnale hanno evidenziato presenza di cloro, calcio, zinco e una bassa quantità di zolfo.

L’ultimo fattore ha fatto propendere per l’ipotesi di una forgiatura a freddo con una temperatura non superiore a 950°. Secondo il team giapponese, questa tipologia di lavorazione del metallo è “troppo moderna” per l’Egitto dell’epoca in cui visse Tutankhamon (1332-1323 a.C. ca.): secondo i dati archeologici, infatti, non esistono prove della fusione del ferro in Egitto se non dopo il VI sec. a.C. Questi dati non sono però validi se guardiamo all’Anatolia, dove la lavorazione del ferro risale al 2300 a.C. Il pugnale allora, sarebbe stato forgiato nel regno di Mitanni, così come proverebbe l’elsa, dov’è stata utilizzata la calce viva per fissare le pietre semipreziose sull’impugnatura d’oro.

La mummia di Tutankhamen con il pugnale
https://artisticlicenseorwhyitrustnoone.blogspot.com/2022/02/the-mitanni-origin-of-meteoric-iron.html?fbclid=IwAR3jNucB2mdSiEMLo6N0m-Fmwskh-GLhQyjt9ZbZV8UTKhl6onkhdHsZy5o

Anche questa tecnica non è tipica dell’Egitto poiché, fino all’epoca tolemaica, viene utilizzato il gesso. L’interpretazione della provenienza del pugnale posizionato sul corpo di Tutankhamon al momento della sepoltura è che esso sia stato un dono del re di Mitanni Tushratta ad Amenhotep III, nonno di Tutankhamon. Le Lettere di Amarna, l’archivio ivi rinvenuto contenente la corrispondenza tra l’Egitto (da Amenhotep III a Tutankhamon) e i regni del Vicino Oriente, in particolare le lettere EA 22 e EA 23 scritte da Tushratta, descrivono una coppia di pugnali in lama di ferro e impugnatura di oro e pietre preziose. Sebbene la descrizione nelle Lettere non combaci con quella del reperto, è da sottolineare che Mitanni descrive questa tipologia di pugnali realizzati con il ferro. Tuttavia, l’archeologa Andrea Sinclair, esperta di iconografia ibrida nel Mediterraneo dell’Età del Bronzo, confuta questa teoria (https://artisticlicenseorwhyitrustnoone.blogspot.com/2022/02/the-mitanni-origin-of-meteoric-iron.html?fbclid=IwAR3jNucB2mdSiEMLo6N0m-Fmwskh-GLhQyjt9ZbZV8UTKhl6onkhdHsZy5o).

 

Sebbene la studiosa sottolinei che l’analisi chimica sia stata eseguita in modo professionale, non è dello stesso parere riguardo la provenienza geografica del pugnale. Diverse sono le prove a carico: secondo Sinclair la tipologia meteoritica di materiale ferroso è stata rinvenuta anche nell’egiziana oasi di Kharga; i forti contatti e scambi commerciali tra gli stati del Mediterraneo nell’Età del Bronzo Tardo permettevano alla tecnologia di diffondersi nel mondo antico; un sovrano egiziano non si sarebbe mai fatto seppellire nel suo viaggio nell’aldilà con un oggetto straniero.

Si attendono ulteriori indagini per risolvere la questione sulla provenienza del pugnale di Tutankhamon.

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Chiara Lombardi

Laureata in Archeologia Orientale presso l’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” con una tesi magistrale in Archeologia Egiziana dal titolo “Iside nei testi funerari e nelle tombe del Nuovo Regno: iconografia e ruolo della dea tra la XVIII e la XIX dinastia” (2013), ha conseguito un master di primo livello in “Egittologia. Metodologie di ricerca e nuove tecnologie” presso la medesima Università (2010-2011). Durante il master ha sostenuto uno stage presso il Museo Egizio de Il Cairo per studiare i vasi canopi nel Nuovo Regno (2010). Ha partecipato a diversi scavi archeologici, tra i quali Pompei (scavi UniOr – Casa del Granduca Michele, progetto Pompeii Regio VI, 2010-2011) e Cuma (scavi UniOr – progetto Kyme III, 2007-2017). Inoltre, ha preso parte al progetto Research Ethiopic language project: “Per un nuovo lessico dei testi etiopici”, finanziato dall’Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente e dal progetto PRIN 2005 “Catene di trasmissione linguistica e culturale nell’Oriente Cristiano e filologia critico testuale. Le problematiche dei testi etiopici: testi aksumiti, testi sull’età aksumita, testi agiografici di traduzione” (2006-2007). Ha collaborato ad un progetto educativo rivolto ai bambini della scuola primaria per far conoscere, attraverso sperimentazioni laboratoriali, gli usi e i costumi dell’antico Egitto e dell’antica Roma (2014-2015). È stata assistente di ricerca presso la Princeton University (New Jersey) per “The Princeton Ethiopian, Eritrean, and Egyptian Miracles of Mary digital humanities project (PEMM)” (2020-2021). Ricercatrice indipendente, attualmente è anche assistente di ricerca per il Professor Emeritus Malcolm D. Donalson (PhD ad honorem, Mellen University). Organizza e partecipa regolarmente a diverse attività di divulgazione, oltre a continuare a fare formazione. Collabora con la Dott.ssa Nunzia Laura Saldalamacchia al progetto Nymphè. Archeologia e gioielli, e con la rivista MediterraneoAntico, occupandosi in modo particolare di mitologia. Appassionatasi alla figura della dea Iside dopo uno studio su Benevento (Iside Grande di Magia e le Janare del Sannio. Ipotesi di una discendenza, Libreria Archeologica Archeologia Attiva, 2010), ha condotto diversi studi sulla dea, tra cui Il Grande inno ad Osiride nella stele di Amenmose (Louvre C 286) (Master di I livello in “Egittologia. Metodologie di ricerca e nuove tecnologie”, 2010); I culti egizi nel Golfo di Napoli (Gruppo Archeologico Napoletano, 2016); Dal Nilo al Tevere. Tre millenni di storia isiaca (Gruppo Archeologico Napoletano, 2018 – Biblioteca Comunale “Biagio Mercadante”, Sapri 2019); Morire nell’antico Egitto. “Che tu possa vivere per sempre come Ra vive per sempre” (MediterraneoAntico 2020); Il concepimento postumo di Horus. Un’ analisi (MediterraneoAntico 2021); Osiride e Antinoo. Una morte per annegamento (MediterraneoAntico 2021); Culti egiziani nel contesto della Campania antica (Djed Medu 2021); Nephthys, una dea sottostimata (MediterraneoAntico 2021). Sua è una pubblicazione una monografia sulla dea Iside (A history of the Goddess Isis, The Edwin Mellen Press, ISBN 1-4955-0890-0978-1-4955-0890-5) che delinea la sua figura dalle più antiche attestazioni nell’Antico Regno fino alla sua più recente menzione nel VII d.C. Lo studio approfondisce i diversi legami di Iside in quanto dea dell’Occidente e madre di Horus con alcune delle divinità femminili nonché nei cicli osiriaco e solare; la sua iconografia e le motivazioni che hanno portato ad una sempre crescente rappresentazione della dea sulle raffigurazioni parietali delle tombe. Un’intera sezione è dedicata all’onomastica di Iside provando a delineare insieme al significato del suo nome anche il compito originario nel mondo funerario e le conseguenti modifiche. L’appendice si sofferma su testi e oggetti funerari della XVIII dinastia dove è presente la dea.

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