La basilica gotica di Santa Chiara in Assisi

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Assisi, un po’ di storia

Situata sul versante nordoccidentale del Monte Subasio, Assisi era in origine un piccolo villaggio abitato dalla popolazione degli Umbri nei secoli IX-VIII a.C., i quali avevano rapporti di tipo commerciale con gli Etruschi. Dopo la battaglia del Sentino (295 a.C.) e la definitiva conquista romana dell’Italia centrale, Asisium venne municipalizzata e divenne municipium nell’89 a.C. Grande centro economico e sociale dell’Impero Romano con il suo importante foro, in cui sorgeva anche un tempio dedicato a Minerva, nel corso del III sec. d.C. Assisi vide la diffusione del Cristianesimo ad opera del vescovo (San) Rufino. Invasa dalle cosiddette popolazioni barbariche e saccheggiata dai Goti di Totila (545 d.C.), Assisi venne brevemente conquistata dai Bizantini per finire, nel 568 d.C., annessa al Ducato longobardo di Spoleto.

Panorama di Assisi. Crediti: Gunnar Bach Pedersen

Anche l’epoca medievale risulta un periodo di turbolenze, con la conquista di Federico Barbarossa (1174) che investe e insedia Corrado di Lutzen. Le insurrezioni popolari portano ben presto Assisi a divenire una realtà comunale. Assediata ancora dalle truppe saracene e tartare di Federico II di Svevia, la città resistette. È nel periodo a cavallo tra l’epoca di Federico Barbarossa e Federico II di Svevia che Assisi dà i natali alle figure storiche di Giovanni di Pietro di Bernardone (Francesco) e Chiara di Favarone di Offreduccio degli Scifi. Successivamente Assisi divenne possedimento della Chiesa, di Perugia, di Gian Galeazzo Visconti, dei Montefeltro, per finire poi sotto il controllo di Francesco Sforza. Assediata nuovamente dalle truppe di Niccolò Piccinino nella metà del XV secolo, la città trovò un po’ di tranquillità sotto il papato di Paolo III (metà XVI sec.). Dal XVII secolo, Assisi è in pieno fermento culturale, grazie alla presenza di istituti e accademie, un periodo interrotto dalle depredazioni napoleoniche. Nel 1860 aderisce allo Stato italiano. Il ritrovamento dei corpi di Francesco (1818) e Chiara (1850) porta ad una rinascita della città umbra grazie al turismo religioso.

La chiesa extra moenia di San Giorgio e le premesse per la realizzazione della basilica

Morta l’11 agosto del 1253 a San Damiano, Chiara viene proclamata santa nella cattedrale di Anagni nel 1255 da papa Alessandro IV. Alla sua morte, le spoglie vennero preservate all’interno della chiesa extra moenia di San Giorgio, risalente all’XI secolo, dove dal 1226 al 1230 era stato sepolto anche Francesco. Come scrive Paola Mercurelli Salari, storica dell’arte presso il MiC, la volontà delle seguaci di Chiara di dimorare presso il luogo in cui riposavano le spoglie della santa, portò ad uno scambio offrendo la concessione di San Damiano per quella della chiesetta di San Giorgio e del territorio circostante. Ottenuta la concessione, la piccola chiesa di San Giorgio venne inglobata nel complesso più grande, ormai luogo sacro per aver conservato sia le spoglie di Francesco che di Chiara. Successivamente si rese necessario inserire la nuova basilica all’interno delle mura, che vennero ampliate; in aggiunta venne costruito un arco di passaggio, detto dei Pucci. La cripta della chiesetta di San Giorgio è accessibile solo tramite il chiostro del protomonastero di clausura, ampliato tra Tre e Quattrocento.

La basilica gotica di Santa Chiara

Esterno

Veduta generale della Basilica
https://www.progettoffv.org/galleria-foto/#&gid=1&pid=11

Di tipo gotico, la basilica di Santa Chiara venne costruita tra il 1257 e il 1265. La santa venne qui trasferita nel 1260, sebbene la consacrazione avvenne cinque anni più tardi. L’esterno della basilica presenta tre grossi contrafforti a forma di archi rampanti del ‘300, a rinforzo del fianco sinistro. Gli stessi contrafforti, nel lato meridionale sono inglobati dalla struttura originaria, e non sono dunque visibili all’esterno. La facciata (fig. 2), tripartita da cornici, è realizzata con filari alternati di pietra locale bianca e rosa. Il portale, a tutto sesto, era decorato nella lunetta da un affresco barocco raffigurante LApparizione della Vergine a santa Chiara, forse di Giacomo Giorgetti, il cui cattivo stato di conservazione ne impedisce un’attribuzione definita. La ghiera che corre lungo la lunetta termina con due leoni.

Facciata della Basilica
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La parte mediana della facciata è occupata da un grande rosone con doppio giro di colonnine e archetti, mentre la facciata termina con timpano e oculo. Il campanile, che si trova sulla parete est del braccio destro del transetto, ha base quadrata e presenta bifore, grandi monofore e una cuspide.

Interno

L’interno della chiesa è a croce latina, dunque a navata unica terminante con transetto absidato. L’abside, di tipo poligonale, è riccamente decorata con vetrate del 1928; il restauro degli affreschi della volta tra il 1999 e il 2001 ha messo in luce quelli della parte inferiore dell’abside di cui, purtroppo, restano solo frammenti.

La navata con l’abside sul fondo. Sulla sinistra si nota la Cappella di Sant’Agnese
Ph. I, Sailko, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=19218021

Transetto

La parete di fondo del transetto sinistro è decorata con una Natività di tipo giottesco della metà del ‘300 del Maestro della Natività di S. Chiara; a sinistra è presente una tavola con la Madonna col Bambino del Maestro di Santa Chiara (1265 ca.), oggi identificato con Benvenuto Benveni da Foligno, mentre sulle pareti più alte vi sono frammenti delle Storie del Vecchio Testamento (fine ‘200), di scuola romana o toscana. Il transetto destro è decorato con una tavola attribuita sempre al Maestro di Santa Chiara: essa raffigura la santa e otto storie della sua vita (fig. 4), e venne eseguita nel 1283 sotto il pontificato di Papa Martino IV, come recita l’iscrizione ai piedi della Santa; la parete di fondo è affrescata con i Funerali di Santa Chiara e il Trasporto della salma di Santa Chiara, entrambe opere del Maestro Espressionista di Santa Chiara (inizi ‘300), ovvero Palmerino di Guido da Assisi, collaboratore di Giotto nella Basilica di San Francesco.

Santa Chiara e otto storie della sua vita, pala opera del Maestro di Santa Chiara
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Presbiterio e altare

La zona del presbiterio si focalizza sull’altare maggiore racchiuso in una cancellata di ferro battuto, in parte originale e in parte restaurata con rifacimenti del XVIII secolo, alternata da dodici colonnine poligonali in pietra rosa che terminano con capitelli gotici. Al di sopra di questo è appeso il Crocifisso del Maestro di Santa Chiara, commissionato dalla badessa Benedetta, e terminato prima del 1260: si tratta dunque dell’opera più antica della basilica. Le quattro vele sull’altare sono affrescate dal Maestro Espressionista di Santa Chiara che raffigura la Madonna con il Bambino e Santa Chiara, Santa Agnese d’Assisi con agnello e Sant’Agnese sorella di Chiara, Santa Caterina d’Alessandria e Santa Margherita d’Antiochia, Santa Cecilia e Santa Lucia.

Il presbiterio con l’altare e il crocifisso
https://www.assisisantachiara.it/alla-scoperta-della-basilica-di-santa-chiara-in-assisi/
Le vele della crociera sul presbiterio
https://www.assisisantachiara.it/la-basilica/le-vele-nella-crociera-sopra-laltare/
Maria con Gesù Bambino in braccio e Santa Chiara con la palma (vela verso l’abside)
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Sant’Agnese con un agnello e Sant’Agnese sorella di Chiara con la palma e il capo cinto da una corona (vela verso la navata)
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Santa Caterina d’Alessandria con spada e libro e Santa Margherita d’Antiochia con palma e libroS (vela settentrionale)
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Santa Cecilia con un serto di rose in fronte e Santa Lucia benedicente (vela meridionale)
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La navata e le cappelle

Per quanto riguarda la navata, nella quarta campata di sinistra si apre una cappella pentagonale dedicata a Sant’Agnese con affreschi e pitture del 1914. Sul lato destro è, invece, una cappella dedicata a San Giorgio, facente parte della chiesetta extra moenia originaria, di cui un affresco di Pace di Bartolo raffigura il Santo e la principessa.

San Giorgio sconfigge il drago e libera la principessa, affresco di Pace di Bartolo, Cappella di San Giorgio
https://www.assisimia.it/rivista/san-giorgio/

Una vetrata divide la cappella in due ambienti. Uno di questi è la Cappella del Santissimo Sacramento, decorata con affreschi di Pace di Bartolo, Puccio Capanna e di un maestro umbro del ‘300 trecentesco influenzato da Giotto e Pietro Lorenzetti. Da questa cappella si accede all’Oratorio del Crocifisso: l’altare è sormontato dal crocifisso di San Damiano che parlò a San Francesco, e che venne trasferito qui dalle clarisse quando nel 1257 si spostarono dall’eremo di San Damiano al Protomonastero di Santa Chiara; dietro una grata sono state a lungo esposte le reliquie, che nel 2000-2001 vengono traslate in un’ala della cripta.

La cripta con reliquie
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Tra di esse vi sono una cassetta col cranio di Sant’Agnese; il camice da diacono, due tonache, un sandalo e una calza di San Francesco fatti da Santa Chiara; la tonaca, il mantello, il cordone, un velo nero, una tonaca interna, un cilicio e un crocifisso di Santa Chiara, e una cassetta con i suoi capelli, tagliati forse dallo stesso Francesco (ipotesi dibattuta) quando divenne una penitente prima di essere ospitata nel monastero di clausura benedettina di San Paolo delle Abbadesse a Bastia Umbra.

La cripta

Terminati i lavori per la sistemazione del corpo di San Francesco (rinvenuto nel suo sepolcro nel 1818) nella cripta della basilica omonima nel 1850, si procedette a recuperare le spoglie di Santa Chiara. La tomba, aperta il 23 settembre del 1850, si trovava al si sotto dell’altare maggiore chiusa da una pietra irregolare in travertino. Nel 1852 iniziarono i lavori per la cripta e furono terminati nel 1872. La sistemazione attuale, con l’assetto neogotico, risale al rifacimento del 1934. Elemento di spicco, in mezzo alla cripta originale, è una struttura che mette in risalto il luogo di ritrovamento del corpo, in cui è ancora preservato il sarcofago. Oltre alle reliquie già menzionate, la cripta conserva il reliquiario al cui interno sono conservate le 57 ossa sopravvissute sia al tempo sia al tentativo di preservare il corpo nel 1864. Le ossa sono visibili solo alle clarisse, mentre i pellegrini osservano, attraverso una grata e una teca in cristallo, il reliquiario che ha le fattezze del corpo della Santa.

A sx: Particolare del luogo di rinvenimento della sepoltura di Santa Chiara
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A dx: Veduta generale della tomba di Santa Chiara
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Reliquiario della Santa
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Fonte principale:

https://www.assisisantachiara.it

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Chiara Lombardi

Laureata in Archeologia Orientale presso l’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” con una tesi magistrale in Archeologia Egiziana dal titolo “Iside nei testi funerari e nelle tombe del Nuovo Regno: iconografia e ruolo della dea tra la XVIII e la XIX dinastia” (2013), ha conseguito un master di primo livello in “Egittologia. Metodologie di ricerca e nuove tecnologie” presso la medesima Università (2010-2011). Durante il master ha sostenuto uno stage presso il Museo Egizio de Il Cairo per studiare i vasi canopi nel Nuovo Regno (2010). Ha partecipato a diversi scavi archeologici, tra i quali Pompei (scavi UniOr – Casa del Granduca Michele, progetto Pompeii Regio VI, 2010-2011) e Cuma (scavi UniOr – progetto Kyme III, 2007-2017). Inoltre, ha preso parte al progetto Research Ethiopic language project: “Per un nuovo lessico dei testi etiopici”, finanziato dall’Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente e dal progetto PRIN 2005 “Catene di trasmissione linguistica e culturale nell’Oriente Cristiano e filologia critico testuale. Le problematiche dei testi etiopici: testi aksumiti, testi sull’età aksumita, testi agiografici di traduzione” (2006-2007). Ha collaborato ad un progetto educativo rivolto ai bambini della scuola primaria per far conoscere, attraverso sperimentazioni laboratoriali, gli usi e i costumi dell’antico Egitto e dell’antica Roma (2014-2015). È stata assistente di ricerca presso la Princeton University (New Jersey) per “The Princeton Ethiopian, Eritrean, and Egyptian Miracles of Mary digital humanities project (PEMM)” (2020-2021). Ricercatrice indipendente, attualmente è anche assistente di ricerca per il Professor Emeritus Malcolm D. Donalson (PhD ad honorem, Mellen University). Organizza e partecipa regolarmente a diverse attività di divulgazione, oltre a continuare a fare formazione. Collabora con la Dott.ssa Nunzia Laura Saldalamacchia al progetto Nymphè. Archeologia e gioielli, e con la rivista MediterraneoAntico, occupandosi in modo particolare di mitologia. Appassionatasi alla figura della dea Iside dopo uno studio su Benevento (Iside Grande di Magia e le Janare del Sannio. Ipotesi di una discendenza, Libreria Archeologica Archeologia Attiva, 2010), ha condotto diversi studi sulla dea, tra cui Il Grande inno ad Osiride nella stele di Amenmose (Louvre C 286) (Master di I livello in “Egittologia. Metodologie di ricerca e nuove tecnologie”, 2010); I culti egizi nel Golfo di Napoli (Gruppo Archeologico Napoletano, 2016); Dal Nilo al Tevere. Tre millenni di storia isiaca (Gruppo Archeologico Napoletano, 2018 – Biblioteca Comunale “Biagio Mercadante”, Sapri 2019); Morire nell’antico Egitto. “Che tu possa vivere per sempre come Ra vive per sempre” (MediterraneoAntico 2020); Il concepimento postumo di Horus. Un’ analisi (MediterraneoAntico 2021); Osiride e Antinoo. Una morte per annegamento (MediterraneoAntico 2021); Culti egiziani nel contesto della Campania antica (Djed Medu 2021); Nephthys, una dea sottostimata (MediterraneoAntico 2021). Sua è una pubblicazione una monografia sulla dea Iside (A history of the Goddess Isis, The Edwin Mellen Press, ISBN 1-4955-0890-0978-1-4955-0890-5) che delinea la sua figura dalle più antiche attestazioni nell’Antico Regno fino alla sua più recente menzione nel VII d.C. Lo studio approfondisce i diversi legami di Iside in quanto dea dell’Occidente e madre di Horus con alcune delle divinità femminili nonché nei cicli osiriaco e solare; la sua iconografia e le motivazioni che hanno portato ad una sempre crescente rappresentazione della dea sulle raffigurazioni parietali delle tombe. Un’intera sezione è dedicata all’onomastica di Iside provando a delineare insieme al significato del suo nome anche il compito originario nel mondo funerario e le conseguenti modifiche. L’appendice si sofferma su testi e oggetti funerari della XVIII dinastia dove è presente la dea.

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