L’area dove sono stati rinvenuti i resti del Palaeoloxodon antiquus. Crediti: UniBo

Presso la Grotta del Poggio, a est di Marina di Camerota, in località Lentiscelle, la campagna di scavi condotta dalle Università di Siena, Dipartimento di Scienze fisiche, della Terra e dell’Ambiente – UR Preistoria e Antropologia, e di Bologna, Dipartimento di Beni culturali, in collaborazione con la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Salerno e Avellino e il comune di Camerota, ha portato alla luce resti di un pachiderma di 140.000 anni fa.

Ingresso alla Grotta del Poggio

Le prime indagini alla Grotta del Poggio avvennero nel 1954 da parte del professore Pietro Parenzan (1902-1992), fondatore della Stazione di Biologia Marina del Salento a Porto Cesareo (LE). Successivamente, negli anni ’60, vennero condotte indagini sistematiche dal prof. Arturo Palma di Cesnola (1928-2019), emerito dell’Università di Siena, che individuò 14 strati compresi tra i 190.000 e i 130.000 anni fa. In origine, il complesso del Poggio era costituito dalla Grotta utilizzata come galleria di drenaggio per il Riparo, e dal Riparo stesso, una grotta più grande della prima. A causa di un crollo, il complesso ha la struttura attuale. Gli scavi condotti cinquant’anni fa portarono alla luce, negli strati più antichi, due resti umani, un molare e un osso di caviglia, e resti di elefante e rinoceronte, mentre nei livelli più recenti punte, lame e raschiatoi in pietra.

Archeologi a lavoro nella Grotta del Poggio. Crediti: UniBo

Gli scavi della campagna conclusasi (01-18.09.22) hanno indagato il livelli stratigrafici più alti. Sono emersi resti di osso di arto appartenente al Palaeoloxodon antiquus, l’elefante dalle zanne dritte vissuto nel Pleistocene Medio e Superiore, ovvero tra 550.000 e 70.000 anni fa ca., tre volte più grande rispetto alle odierne specie africane e indiane e con un cervello molto più piccolo. Si tratta della stessa specie rinvenuta nelle missioni precedenti. Caratteristico è il fatto che i resti dell’osso del Palaeoloxodon antiquus mostrano chiare tracce di percussione, segno della macellazione da parte dell’uomo.

Palaeoloxodon antiquus italicus. Museo di Storia Naturale del Pollino (Rotonda, PZ). Ph. Franz Xaver (via wikipedia)

Gli studi condotti alla Grotta del Poggio sono fondamentali per la ricostruzione dell’ambiente del Paleolitico Medio nell’Italia meridionale. Le indagini, di interesse internazionale, sono finanziate dal progetto ERC advanced “Our first steps to Europe: Pleistocene Homo sapiens dispersals, adaptations and interactions in South-East Europe”, sotto la direzione della professoressa Katerina Harvati dell’Università di Tubingen. Lo scopo del progetto è quello di comprendere il popolamento dell’Europa da parte dell’homo sapiens e i suoi rapporti con l’homo neanderthalensis, utilizzando sia tecnologie all’avanguardia che indagini stratigrafiche affinché si acquisiscano informazioni biostratigrafie, cronologiche e comportamentali.

Parte di scheletro di Palaeoloxodon antiquus dagli scavi archeologici di Torralba (Spagna). Museo Archeologico Nazionale di Spagna. Ph. José-Manuel Benito (via wikipedia)
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Chiara Lombardi

Laureata in Archeologia Orientale presso l’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” con una tesi magistrale in Archeologia Egiziana dal titolo “Iside nei testi funerari e nelle tombe del Nuovo Regno: iconografia e ruolo della dea tra la XVIII e la XIX dinastia” (2013), ha conseguito un master di primo livello in “Egittologia. Metodologie di ricerca e nuove tecnologie” presso la medesima Università (2010-2011). Durante il master ha sostenuto uno stage presso il Museo Egizio de Il Cairo per studiare i vasi canopi nel Nuovo Regno (2010). Ha partecipato a diversi scavi archeologici, tra i quali Pompei (scavi UniOr – Casa del Granduca Michele, progetto Pompeii Regio VI, 2010-2011) e Cuma (scavi UniOr – progetto Kyme III, 2007-2017). Inoltre, ha preso parte al progetto Research Ethiopic language project: “Per un nuovo lessico dei testi etiopici”, finanziato dall’Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente e dal progetto PRIN 2005 “Catene di trasmissione linguistica e culturale nell’Oriente Cristiano e filologia critico testuale. Le problematiche dei testi etiopici: testi aksumiti, testi sull’età aksumita, testi agiografici di traduzione” (2006-2007). Ha collaborato ad un progetto educativo rivolto ai bambini della scuola primaria per far conoscere, attraverso sperimentazioni laboratoriali, gli usi e i costumi dell’antico Egitto e dell’antica Roma (2014-2015). È stata assistente di ricerca presso la Princeton University (New Jersey) per “The Princeton Ethiopian, Eritrean, and Egyptian Miracles of Mary digital humanities project (PEMM)” (2020-2021). Ricercatrice indipendente, attualmente è anche assistente di ricerca per il Professor Emeritus Malcolm D. Donalson (PhD ad honorem, Mellen University). Organizza e partecipa regolarmente a diverse attività di divulgazione, oltre a continuare a fare formazione. Collabora con la Dott.ssa Nunzia Laura Saldalamacchia al progetto Nymphè. Archeologia e gioielli, e con la rivista MediterraneoAntico, occupandosi in modo particolare di mitologia. Appassionatasi alla figura della dea Iside dopo uno studio su Benevento (Iside Grande di Magia e le Janare del Sannio. Ipotesi di una discendenza, Libreria Archeologica Archeologia Attiva, 2010), ha condotto diversi studi sulla dea, tra cui Il Grande inno ad Osiride nella stele di Amenmose (Louvre C 286) (Master di I livello in “Egittologia. Metodologie di ricerca e nuove tecnologie”, 2010); I culti egizi nel Golfo di Napoli (Gruppo Archeologico Napoletano, 2016); Dal Nilo al Tevere. Tre millenni di storia isiaca (Gruppo Archeologico Napoletano, 2018 – Biblioteca Comunale “Biagio Mercadante”, Sapri 2019); Morire nell’antico Egitto. “Che tu possa vivere per sempre come Ra vive per sempre” (MediterraneoAntico 2020); Il concepimento postumo di Horus. Un’ analisi (MediterraneoAntico 2021); Osiride e Antinoo. Una morte per annegamento (MediterraneoAntico 2021); Culti egiziani nel contesto della Campania antica (Djed Medu 2021); Nephthys, una dea sottostimata (MediterraneoAntico 2021). Sua è una pubblicazione una monografia sulla dea Iside (A history of the Goddess Isis, The Edwin Mellen Press, ISBN 1-4955-0890-0978-1-4955-0890-5) che delinea la sua figura dalle più antiche attestazioni nell’Antico Regno fino alla sua più recente menzione nel VII d.C. Lo studio approfondisce i diversi legami di Iside in quanto dea dell’Occidente e madre di Horus con alcune delle divinità femminili nonché nei cicli osiriaco e solare; la sua iconografia e le motivazioni che hanno portato ad una sempre crescente rappresentazione della dea sulle raffigurazioni parietali delle tombe. Un’intera sezione è dedicata all’onomastica di Iside provando a delineare insieme al significato del suo nome anche il compito originario nel mondo funerario e le conseguenti modifiche. L’appendice si sofferma su testi e oggetti funerari della XVIII dinastia dove è presente la dea.

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