Reperti rinvenuti all’interno della grotta funeraria. © Israel Antiquities Authority (IAA)

La settimana scorsa, durante alcuni lavori sulla spiaggia di Tel Aviv, uno scavatore meccanico che stava lavorando nel parco nazionale di Palmahim ha casualmente urtato il soffitto di una grotta funeraria. La notizia è stata diffusa dall’Autorità israeliana per le Antichità (Israel Antiquities Authority – IAA).

Gli archeologi che sono scesi all’interno della grotta si sono trovati davanti ad uno spazioso ambiente lavorato in modo da avere forma quadrata.

Uno degli archeologi scende nella cavità. © Israel Antiquities Authority (IAA)

Al suo interno è stato rinvenuto diverso materiale, tra cui ciotole, pentole, barattoli e lampade in ceramica, manufatti in bronzo, come punte di freccia o di lancia, ossa e materiale organico. Gli oggetti, che sembrano essere stati disposti per una cerimonia di tipo funebre, risalirebbero all’incirca al XIII sec. a.C.

Alcune tipologie di vasellame rinvenuto. Ph. Emil Eljam / © Israel Antiquities Authority (IAA)

Dato rilevante è che la grotta funeraria è rimasta inviolata dal momento della sua chiusura fino alla sua scoperta. L’importanza del ritrovamento permetterà, come afferma Eli Yannai, archeologo dell’International Conservation Center, di approfondire la cultura e le pratiche funebri del Tardo Bronzo.

Uno degli archeologi con una parte dei reperti rinvenuti nella grotta. Ph. Uzi Rothstein / © Israel Antiquities Authority (IAA

Purtroppo, quando gli archeologi sono ritornati nella grotta, hanno constatato che alcuni oggetti del corredo erano stati trafugati. Un sistema di sorveglianza ora custodisce il sito, in attesa che si inizino gli scavi. Le ulteriori indagini potranno senz’altro fare luce sulla storia dei manufatti, di coloro che li hanno deposti, e del periodo storico in cui si colloca la grotta.

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Chiara Lombardi

Laureata in Archeologia Orientale presso l’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” con una tesi magistrale in Archeologia Egiziana dal titolo “Iside nei testi funerari e nelle tombe del Nuovo Regno: iconografia e ruolo della dea tra la XVIII e la XIX dinastia” (2013), ha conseguito un master di primo livello in “Egittologia. Metodologie di ricerca e nuove tecnologie” presso la medesima Università (2010-2011). Durante il master ha sostenuto uno stage presso il Museo Egizio de Il Cairo per studiare i vasi canopi nel Nuovo Regno (2010). Ha partecipato a diversi scavi archeologici, tra i quali Pompei (scavi UniOr – Casa del Granduca Michele, progetto Pompeii Regio VI, 2010-2011) e Cuma (scavi UniOr – progetto Kyme III, 2007-2017). Inoltre, ha preso parte al progetto Research Ethiopic language project: “Per un nuovo lessico dei testi etiopici”, finanziato dall’Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente e dal progetto PRIN 2005 “Catene di trasmissione linguistica e culturale nell’Oriente Cristiano e filologia critico testuale. Le problematiche dei testi etiopici: testi aksumiti, testi sull’età aksumita, testi agiografici di traduzione” (2006-2007). Ha collaborato ad un progetto educativo rivolto ai bambini della scuola primaria per far conoscere, attraverso sperimentazioni laboratoriali, gli usi e i costumi dell’antico Egitto e dell’antica Roma (2014-2015). È stata assistente di ricerca presso la Princeton University (New Jersey) per “The Princeton Ethiopian, Eritrean, and Egyptian Miracles of Mary digital humanities project (PEMM)” (2020-2021). Ricercatrice indipendente, attualmente è anche assistente di ricerca per il Professor Emeritus Malcolm D. Donalson (PhD ad honorem, Mellen University). Organizza e partecipa regolarmente a diverse attività di divulgazione, oltre a continuare a fare formazione. Collabora con la Dott.ssa Nunzia Laura Saldalamacchia al progetto Nymphè. Archeologia e gioielli, e con la rivista MediterraneoAntico, occupandosi in modo particolare di mitologia. Appassionatasi alla figura della dea Iside dopo uno studio su Benevento (Iside Grande di Magia e le Janare del Sannio. Ipotesi di una discendenza, Libreria Archeologica Archeologia Attiva, 2010), ha condotto diversi studi sulla dea, tra cui Il Grande inno ad Osiride nella stele di Amenmose (Louvre C 286) (Master di I livello in “Egittologia. Metodologie di ricerca e nuove tecnologie”, 2010); I culti egizi nel Golfo di Napoli (Gruppo Archeologico Napoletano, 2016); Dal Nilo al Tevere. Tre millenni di storia isiaca (Gruppo Archeologico Napoletano, 2018 – Biblioteca Comunale “Biagio Mercadante”, Sapri 2019); Morire nell’antico Egitto. “Che tu possa vivere per sempre come Ra vive per sempre” (MediterraneoAntico 2020); Il concepimento postumo di Horus. Un’ analisi (MediterraneoAntico 2021); Osiride e Antinoo. Una morte per annegamento (MediterraneoAntico 2021); Culti egiziani nel contesto della Campania antica (Djed Medu 2021); Nephthys, una dea sottostimata (MediterraneoAntico 2021). Sua è una pubblicazione una monografia sulla dea Iside (A history of the Goddess Isis, The Edwin Mellen Press, ISBN 1-4955-0890-0978-1-4955-0890-5) che delinea la sua figura dalle più antiche attestazioni nell’Antico Regno fino alla sua più recente menzione nel VII d.C. Lo studio approfondisce i diversi legami di Iside in quanto dea dell’Occidente e madre di Horus con alcune delle divinità femminili nonché nei cicli osiriaco e solare; la sua iconografia e le motivazioni che hanno portato ad una sempre crescente rappresentazione della dea sulle raffigurazioni parietali delle tombe. Un’intera sezione è dedicata all’onomastica di Iside provando a delineare insieme al significato del suo nome anche il compito originario nel mondo funerario e le conseguenti modifiche. L’appendice si sofferma su testi e oggetti funerari della XVIII dinastia dove è presente la dea.

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