Il Ministero delle Antichità egiziano ha comunicato ieri i primi risultati emersi dagli studi effettuati sugli scheletri trovati all’interno dell’ormai celebre sarcofago in granito nero scoperto agli inizi del mese di luglio ad Alessandria, nel distretto di Sidi Gaber, e che tanto ha fatto fantasticare. La ricerca, condotta da un gruppo di ricercatori ministeriali coordinati dalla dott.ssa Zeinab Hasheesh, direttrice del Dipartimento di Antropologia Fisica presso il Ministero delle Antichità, ha determinato il sesso e l’età degli scheletri attraverso l’esame antropologico dei crani, dei bacini e delle ossa degli arti. Ma non solo.
Nell’annunciare l’esito degli studi preliminari il dott. Mostafa Waziri, Segretario Generale del Consiglio Supremo delle Antichità, ha anche dichiarato che il sarcofago, una volta liberato dai liquami che conteneva, non ha restituito solo i resti di tre uomini inumati uno sopra l’altro, ma anche delle elaborate lamine d’oro.
Queste lamine misurano circa 5 cm x 3 cm e presentano delle complesse decorazioni, sono delle piccole e delicate opere d’arte con rappresentazioni che possono riferirsi a cariche militari.
In merito ai corpi, la dott.ssa Nadia Kheider, direttrice del Dipartimento Centrale delle Antichità del Basso Egitto, ha affermato che il primo scheletro appartiene a una donna di età compresa tra i 20 e i 25 anni, alta 160/164 cm; il secondo ad un uomo di età di 35/39 anni, con un’altezza compresa tra 160 e 165,5 cm; mentre il terzo scheletro è di un uomo sui 40/44 anni alto tra i 179 e i 184,5 cm. Probabilmente i corpi furono inumati in due periodi diversi.
Dell’uomo, che frettolosamente era stato identificato come un importante membro dell’esercito egiziano per la presenza di un foro sul cranio attribuito ad un colpo inferto da una freccia, ora sappiamo che le cause del decesso non erano da attribuire ad uno scontro in battaglia. Gli studi hanno messo in risalto un arrotondamento dell’estremità della cavità presente sul cranio, ciò significa che la ferita (che misura 17 mm di diametro) era in gran parte rimarginata e che l’uomo visse a lungo dopo aver subito la lesione. Questa evidenza ha fatto dirottare gli studiosi verso l’ipotesi di un intervento chirurgico per trapanazione. Questo tipo di intervento consiste nel raschiamento o la perforazione del cranio ed era una pratica già nota nell’antichità, dalla preistoria provengono infatti i primi casi registrati. Seppure questa pratica era estremamente rara in Egitto, in passato sono stati trovati altri teschi con evidenze di questo tipo: alcuni provengono della tomba di Maya e Merit (XVIII dinastia) nella necropoli di Saqqara ed altri sono ora conservati presso il museo dell’ospedale di Qasr Al-Eini.
In merito allo strano colore assunto dall’acqua che riempiva il sarcofago si pensa che questo sia dovuto dalle acque di fogna e dalla decomposizione dei corpi, ma si è ancora in attesa dei risultati definitivi delle analisi che sono ancora in corso. Nel frattempo continuano le ricerche sulle ossa con test del DNA e Ct-Scan così da ottenere maggior informazioni sui corpi, che probabilmente risalgono al periodo Tolemaico, e per capire se queste persone erano unite da qualche legame familiare.
Source: MoA