Gli antichi Egizi affidavano la regolazione dell’anno alle esondazioni del Nilo ed era in base alle attività agricole legate al fiume sacro che si scandiva il tempo. Il calendario era nato dall’esigenza principale di regolamentare amministrativamente queste attività e rappresentava l’arco di tempo necessario per il raccolto. L’anno (wepe renpet, wp rnpt) infatti veniva diviso in tre stagioni:
Ogni stagione era a sua volta formata da quattro mesi di 30 giorni ciascuno, per un totale di 360 giorni. I mesi non avevano nomi, erano semplicemente indicati come il primo, secondo, terzo e quarto mese della stagione; solo nel Periodo Tolemaico ne fu dato uno ad ognuno di loro, attribuendogli nomi riferiti alle festività dell’ormai vecchio calendario.
Gli Egizi sapevano bene che l’anno solare era più lungo di 5 giorni, per questo, trascorsi i 360 giorni, a fine anno aggiungevano 5 giorni chiamati epagomeni o, come li chiamavano gli abitanti dell’antica Kemet, supplementari. Il primo giorno successivo al quinto di questi giorni corrispondeva al capodanno.
Per i contadini l’inizio dell’anno coincideva con l’arrivo della piena del Nilo a Menfi, evento che si verificava più o meno intorno al 20 giugno, ma poteva subire notevoli variazioni sia in ritardo che in anticipo. Questa precarietà portò gli antichi Egizi ad adottare altri accorgimenti.
Notarono infatti che in concomitanza delle piene si aveva la levata eliaca di Sirio, ovvero il momento in cui la stella sorge esattamente all’alba. Questo fenomeno, 4700 anni fa, avveniva il 21 giugno, mentre oggi avviene ad agosto a causa dell’effetto della precessione.
Questo calendario aveva però un problema, in quanto era più breve dell’anno solare che sappiamo essere di 365 giorni e un quarto, e questa frazione di un quarto, ogni quattro anni, creava lo slittamento del capodanno di un giorno, facendo sì che con il passare degli anni non c’era più corrispondenza tra la levata eliaca di Sirio, l’inondazione e le stagioni, tanto che, come attesta anche un papiro di età ramesside (XIX-XX dinastia) si registrò la levata eliaca di Sirio e l’arrivo dell’inondazione quando il calendario segnava invece l’inverno. Proprio per questo motivo questo calendario venne chiamato calendario civile vago. Per far sì che il calendario civile corrispondesse di nuovo ai cicli del sole e alla levata di Sirio occorrevano ben 1460 anni vaghi (365×4). Nonostante questo evidente sfasamento delle stagioni, gli Egizi non fecero niente per ovviare a questo problema, in quanto il calendario era usato soltanto per scopi amministrativi e i contadini continuavano le loro attività seguendo il calendario lunare. Ciò accadde fino al Periodo Tolemaico, quando Tolomeo III Evergete nel 238 a.C. tentò di apportare un’importante riforma al calendario solare con il “Decreto di Canopo” aggiungendo un sesto giorno epagomeno ogni quattro anni, giorno che oggi, negli anni bisestili, potremmo equiparare al nostro 29 febbraio. Questo, quasi 200 anni prima dell’istituzione del calendario giuliano del 46 a.C.; anche se bisogna precisare che l’introduzione dell’anno bisestile divenne davvero effettiva solo nel 22 a.C. con Augusto e il Calendario alessandrino.
Come in ogni ambito, anche i giorni epagomeni avevano una storia legata alla mitologia e alle divinità del Pantheon egizio. Secondo il mito narrato da Plutarco il dio Thot (il dio delle scienze e della sapienza) avrebbe vinto questi giorni giocando una partita a senet (una sorta di scacchi di cui non ci sono giunte le regole) contro Khonsu (dio della luna). Nut aveva chiesto aiuto a Thot in quanto Ra aveva lanciato una maledizione contro la dea del cielo disponendo che dalla sua unione con Geb (dio della terra) non sarebbero nati figli in nessun giorno dell’anno. Vincendo 1/72 del bagliore lunare, ovvero 5 giorni (360 gg:72=5 gg), Thot permise a Nut di dare alla luce cinque divinità: Osiride, Horus il Vecchio, Seth, Iside e Nefti; anche se, sempre secondo il mito lasciatoci da Plutarco, Horus il Vecchio sarebbe nato dall’unione di Osiride ed Iside mentre questi erano ancora nel ventre di Nut.
Leggiamo il mito nelle parole tratte dai Testi delle Piramidi: «Allora Ra scagliò una maledizione su Nut in modo che non potesse avere figli in qualsiasi giorno dell’anno. Affranta, Nut andò da Thot, il tre volte grande Dio della conoscenza […] che le voleva bene. […] Thot andò da Khonsu, il Dio della Luna, e lo sfidò a senet. Partita dopo partita, hanno giocato ed ha vinto sempre Thot.»
Plutarco, al capitolo 12 del suo Iside e Osiride, scrive che nel primo di questi giorni nacque Osiride. Nell’ora della sua nascita una voce uscì fuori dicendo: “il Signore avanza verso la luce”. Questa formula fu ripetuta ogni volta che si celebrò la sua nascita.
Il secondo giorno nacque Horus il Vecchio e per commemorare la sua nascita dovevano essere pronunciate le seguenti parole (il testo presenta molte lacune): “O Horus Khenty-Irty di Sekhem/Letopolis Megale. Sarà fatto… buona protezione da esso, … Tu fai … Horus, figlio…”.
Nel terzo dei giorni epagomeni nacque Seth, le parole da dire quel giorno erano: “O Seth, figlio di Nut, Grande di Forza… la protezione è nelle mani della Tua santità. Sono figlio di Tuo figlio”.
Il quarto giorno venne alla luce Iside e in quel giorno si dovevano recitare queste parole: “Oh, questa è Iside, figlia di Nut, la maggiore, Signora della Magia, custode dei Libri Sacri, la Signora che placa le Due Terre, il Suo viso è glorioso. Sono il fratello e la sorella. (…)” [c.c., verso X].
Il quinto giorno nacque Nefti e la formula da pronunciare in quel giorno era: “’O Nefti, figlia di Nut, sorella di Seth, Lei che il padre vede, figlia sana, stabile è il suo viso, io sono il Potere Divino nel grembo di mia madre Nut”. [c.c., verso X]
Con la riforma alessandrina-augustea vennero definite le corrispondenze tra i capodanni ed i giorni epagomeni del calendario egizio con quello giuliano, date ricavate facilmente grazie alle testimonianze scritte lasciate nell’antichità. Un esempio lo lascia Tolomeo nell’Almagesto che scrive che il capodanno dell’anno 135 a.C. cadde il 21 luglio, data confermata un secolo dopo da Censorino il quale narra che il capodanno dell’anno 138-139 a.C. fu il 20 luglio. Altro esempio arriva dal 22 a.C., dove il nuovo anno iniziò il 29 agosto, cioè proprio 40 giorni dopo il capodanno di 160 anni prima (160/40 = 4).
Si stabilì così che l’anno civile fosse suddiviso nel seguente modo:
– la stagione dell’inondazione, Akhet, andava dal 29 agosto al 26 dicembre. A questa stagione appartenevano i seguenti mesi:
Thot dal 29/08 al 27/09
Phaophi (Amon) dal 28/09 al 27/10
Athyr (Hathor) dal 28/10 al 26/11
Choiak o Khoiak (kA Hr kA) dal 27/11 al 26/12
– quella della semina, Peret, dal 27 dicembre al 25 aprile, era formata da:
Tybi (tA aAbt) dal 27/12 al 25/01
Meshir o Mekhir (pA n mxrw, colui di Mekher) dal 26/01 al 24/02
Phaminoth o Phamenoth (pA n ImnHtp, colui di Amnehotep I) dal 25/02 al 26/03
Pharmouti (pA n Rnnwtt, colui di Renenet) dal 27/03 al 25/04
– quella del raccolto, Shemu, dal 26 aprile al 23 agosto:
Pachon o Pakhon (pA n xnsw, colui di Khonsu) dal 26/04 al 25/05
Payni (pA n int, colui dello ouadi) dal 26/05 al 24/06
Epiphi o Epiph (ip ipi, festa di Ipipi) dal 25/06 al 24/07
Mesori o Mesore (mswt Ra, nascita di Ra) dal 25/07 al 23/08
In merito ai giorni epagomeni (Mykoydji uabot): Osiride nacque il 24 agosto, Horus il Vecchio il 25, Seth il 26, Iside il 27 e Nefti il 28 agosto. Tra questi soltanto il giorno in cui nacque Iside era considerato fortunato, gli altri erano tutti nefasti secondo le credenze e le tradizioni di questo meraviglioso popolo.