Ufficio stampa, Parco Archeologico di Pompei
Negli ultimi giorni la diffusione di notizie riguardanti la rilevazione del DNA di un abitante di Pompei (Pompei: ricostruita la storia di una delle vittime grazie allo studio del suo DNA) ha portato l’ufficio stampa del Parco Archeologico di Pompei a chiarirne l’ambito di ricerca.
Esso è parte di un vasto programma, iniziato con i primi rilevamenti nel 1998, che ha come obiettivo quello di mappare tutto il DNA disponibile degli antichi abitanti della cittadina vesuviana, di cui il Parco Archeologico, con il contributo di Università e Istituti scientifici, si riserva di diffondere i risultati quando il quadro sarà completo, chiaro e scientificamente esaustivo.
Dal 2015 il Parco Archeologico di Pompei collabora con l’Università di Firenze affinché la mappatura completa degli abitanti sepolti dall’eruzione del 79 d.C. dia il ritratto dei suoi cittadini, cristallizzati nella tragedia. Il progetto ha portato alla vincita di un PRIN (Progetti di Ricerca di Rilevante Interesse Nazionale) finanziato per 800mila euro, dal titolo “POMPEII molecular portrait”. Alla sua base c’è la consapevolezza che il deposito vulcanico ha protetto i resti dei pompeiani, evitando che essi venissero “inquinati” da fattori esterni. Infatti, più un corpo è esposto più presenta quantità di DNA endogeno inferiori, riducendo la possibilità di avere completa la mappa genetica degli individui esaminati.
“Ogni dato in più che risulta dalle indagini è un’importante conquista per la ricerca scientifica che contribuisce a completare il quadro storico di un’epoca e di una civiltà. È frutto di collaborazioni interdisciplinari, di un lavoro di squadra lungo e paziente, che necessita anche di una volontà comune di divulgare notizie rigorose, evitando facili protagonismi che possono rendere fuorviante l’informazione. – dichiara il direttore Gabriel Zuchtriegel – Il Parco archeologico di Pompei è campo privilegiato di sperimentazione di tali studi, ed è il detentore dei conseguenti risultati, che raccolti e comparati sono in grado di assicurare una comunicazione corretta della ricerca archeologica, antropologica e in generale scientifica”.