Una statuetta indiana a Pompei

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Nel 1939 Amedeo Maiuri, durante i lavori di scavo che stava effettuando a Pompei, portò alla luce un piccolo tesoro raro: tra gli scavi di una domus della Regio I venne fuori una statuetta in avorio di chiara origine indiana. La domus che prese il nome dal ritrovamento, Casa della Statuetta indiana, in origine faceva parte di un complesso più articolato, comprendente anche l’edificio adiacente al civico 8,8 che dopo il terremoto del 62 d.C. venne trasformato in un thermopolium. Successivamente, in seguito alla separazione del plesso in due proprietà distinte, la casa venne dotata di un nuovo pseudo peristilio a colonne in laterizio, sul quale si aprivano alcuni ambienti.

Statuetta indiana By Sailko (Own work) [CC BY-SA 3.0 (http://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0)], via Wikimedia Commons
In uno di questi, dentro una cassetta di legno contenente suppellettili domestiche, venne ritrovata una statuetta in avorio raffigurante una divinità di origini indiane. Sin da subito si percepì l’importanza del rinvenimento, perché, oltre a documentare la possibile attività da armatore del proprietario della casa (avvalorata anche dal rinvenimento di alcuni disegni di navi e graffiti in un cubicolo) mostra quanto fossero ampie le rotte di commercio verso l’Oriente durante la prima età imperiale.

La statuetta raffigura probabilmente la dea Lakshmi,divinità della bellezza femminile e della fecondità sposa di Visnu, facente parte del pantheon indiano. La dea è nuda e riccamente adornata di gioielli con ai lati, in proporzioni più piccole, due ancelle che la sostengono. Sulla fronte reca un diadema e sul petto una ricca collana, inoltre grossi e numerosi anelli le ornano polsi e caviglie. I capelli sono portati lunghi, in un’acconciatura che arriva oltre la vita, anch’essi riccamente ornati. Probabilmente l’oggetto doveva costituire un “apophoreta” cioè un dono da portare via dopo una vincita al gioco dei dadi, a cui anche Marziale allude nei suoi Epigrammi, e che doveva consistere in una statuetta d’argento, d’avorio o di bronzo. Il ritrovamento di un foro sopra la testa farebbe invece pensare però ad un uso diverso dell’oggetto, un manico per un suppellettile da toletta o forse un sostegno per qualche elemento d’arredo.

 

La statuetta attualmente è visibile presso il Museo archeologico di Napoli.

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Alessandra Randazzo

Studia Lettere Classiche presso il DICAM dell’Università di Messina. Ha ricoperto il ruolo di redattrice e social media manager per www.mediterraneoantico.it e attualmente per la testata Made in Pompei, inoltre è Ufficio Stampa per la società di videogames storici Entertainment Game Apps, Ltd.
Durante la carriera universitaria ha partecipato a numerose campagne di scavo e ricognizione presso siti siciliani e calabresi.
Per la cattedra di Archeologia e Storia dell’arte Greca e Romana presso il sito dell’antica Finziade, Licata (AG) sotto la direzione del Prof. G.F. La Torre, febbraio-maggio 2012; per la cattedra di Topografia Antica presso Cetraro (Cs) sotto la direzione del Prof. F. Mollo, luglio 2013; per la cattedra di Topografia Antica e Archeologia delle province romane presso il sito di Blanda Julia, scavi nel Foro, Tortora (Cs) sotto la direzione del Prof. F. Mollo, giugno 2016.
Ha inoltre partecipato ai corsi di:
“Tecnica Laser scanning applicata all’archeologia” in collaborazione con il CNR-IPCF di Messina, gennaio 2012;
Rilievo Archeologico manuale e strumentale presso l’area archeologica delle Mura di Rheghion – tratto Via Marina, aprile-maggio 2013;
Analisi e studio dei reperti archeologici “Dallo spot dating all’edizione”, maggio 2014; Geotecnologie applicate ai beni culturali, marzo-aprile 2016.
Collabora occasionalmente con l’ARCHEOPROS snc con cui ha partecipato alle campagne di scavo:
“La struttura fortificata di Serro di Tavola – Sant’Eufemia D’Aspromonte” sotto la direzione della Dott.ssa R. Agostino (Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria) e della Dott.ssa M.M. Sica, 1-19 ottobre 2012;
Locri – Località Mannella, Tempio di Persefone sotto la direzione della Dott.ssa R. Agostino (Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria), ottobre 2014;
Nel marzo 2014 ha preso infine parte al Progetto “Lavaggio materiali locresi” presso il cantiere Astaldi – loc. Moschetta, Locri (Rc) sotto la direzione della Dott.ssa M.M. Sica.

Collabora attualmente con la redazione di: www.osservarcheologia.eu

2 Commenti

  1. a me sembra un’apsara più che Lakshmi, sono tipicamente conturbanti e appese a un albero come sembra questa, ci sono immagini molto simili di apsara in tutta l’arte indiana antica

  2. Non conoscevo questa statuetta, ma a prima vista mi ha ricordato l’iconografia di Ardhanarishvara (la forma androgina di Shiva e Parvati), infatti la parte destra è priva del seno, mentre la parte sinistra lo ha, assieme a un fianco assai più pronunciato.

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