Il dio degli inferi rientra nella sua dimora siciliana. Vi raccontiamo la storia dell’Ade di Morgantina

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La storia della testa dell’Ade di Morgantina se fosse un libro racchiuderebbe diversi generi letterari: il romanzo storico, d’avventura, il thriller e il poliziesco. Ma la cosa più importante è che alla fine ci sia l’happy end. Finalmente il dio degli inferi rientra nella sua casa: Morgantina.

Testa di Ade/credits Carabinieri TPC

Vi raccontiamo un po’ la sua storia dopo le peripezie internazionali!

Ci trasferiamo in Sicilia, terra di miti e tradizioni millenarie per parlare di un dio e del suo lungo viaggio dalla Trinacria verso gli USA. La storia inizia a Morgantina, un sito che si trova a pochi km dalla più famosa Villa del Casale e vittima intorno agli anni ‘70 di un durissimo saccheggio da parte di tombaroli senza scrupoli. È l’archeologa Serena Raffiotta ad essere la narratrice di questo straordinario ritorno, essendo lei stessa protagonista della storia degli studi di questo prezioso reperto. Attraverso rogatorie internazionali della Procura della Repubblica di Enna, con la collaborazione del Comando Carabinieri Tutela del Patrimonio Culturale, Nucleo di Palermo e la disponibilità del Consolato italiano a Los Angeles e del Paul Getty Museum, la testa trafugata negli anni ’70 rientra in Italia il 28 gennaio 2016.

Ma quali sono gli antefatti di questo racconto?

La testa, dopo essere stata trafugata, venne immessa nel mercato antiquario e acquistata dal magnate americano Maurice Tempelsman per poi entrare nel 1985 nella collezione del Getty Museum di Malibù. La storia prende qui pieghe che hanno dello straordinario. Nel 2007 Serena Raffiotta in un suo studio sulle terrecotte figurate da Morgantina, che comprendevano anche un ricciolo di colore blu custodito nel museo di Aidone, regala casualmente la sua pubblicazione alla studiosa Lucia Ferrazza, che a sua volta si era occupata delle terrecotte figurate custodite nel museo statunitense. Da qui il confronto tra due pezzi: un ricciolo e una testa. Potranno appartenere mai ad uno stesso pezzo? Da un primo confronto e poi grazie al ritrovamento di altri 3 riccioli (uno di barba blu e due di capelli di color rosso) i pezzi appartenevano allo stesso soggetto, e nel 2013 il Getty manifestò l’intenzione e la volontà di restituire all’Italia la testa di “Ade”. Inizialmente non venne attribuita al dio degli inferi, ma solo dopo averne attestato la provenienza da un luogo di culto dedicato a Demetra e Kore, personaggi chiave della religiosità antica in Sicilia, si potè procedere all’attribuzionismo. Successivi studi potranno forse associare l’Ade alla statua di Persefone del Santuario di San Francesco Bisconti da cui provengono altri preziosi reperti come due acroliti di marmo e la cosiddetta Dea di Morgantina. Il colore blu utilizzato per i riccioli della barba del dio degli inferi ha un valore simbolico importante: richiama un concetto di eternità per l’assimilazione al colore azzurro del cielo ma anche funerario, che ben si associa quindi alle caratteristiche infere del dio.

Dopo due mostre, una al Museo Salinas di Palermo e l’altra al Museo della fiducia e del dialogo per il Mediterraneo di Lampedusa, finalmente il dio degli inferi torna a casa, nel Museo di Aidone.

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Alessandra Randazzo

Studia Lettere Classiche presso il DICAM dell’Università di Messina. Ha ricoperto il ruolo di redattrice e social media manager per www.mediterraneoantico.it e attualmente per la testata Made in Pompei, inoltre è Ufficio Stampa per la società di videogames storici Entertainment Game Apps, Ltd.
Durante la carriera universitaria ha partecipato a numerose campagne di scavo e ricognizione presso siti siciliani e calabresi.
Per la cattedra di Archeologia e Storia dell’arte Greca e Romana presso il sito dell’antica Finziade, Licata (AG) sotto la direzione del Prof. G.F. La Torre, febbraio-maggio 2012; per la cattedra di Topografia Antica presso Cetraro (Cs) sotto la direzione del Prof. F. Mollo, luglio 2013; per la cattedra di Topografia Antica e Archeologia delle province romane presso il sito di Blanda Julia, scavi nel Foro, Tortora (Cs) sotto la direzione del Prof. F. Mollo, giugno 2016.
Ha inoltre partecipato ai corsi di:
“Tecnica Laser scanning applicata all’archeologia” in collaborazione con il CNR-IPCF di Messina, gennaio 2012;
Rilievo Archeologico manuale e strumentale presso l’area archeologica delle Mura di Rheghion – tratto Via Marina, aprile-maggio 2013;
Analisi e studio dei reperti archeologici “Dallo spot dating all’edizione”, maggio 2014; Geotecnologie applicate ai beni culturali, marzo-aprile 2016.
Collabora occasionalmente con l’ARCHEOPROS snc con cui ha partecipato alle campagne di scavo:
“La struttura fortificata di Serro di Tavola – Sant’Eufemia D’Aspromonte” sotto la direzione della Dott.ssa R. Agostino (Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria) e della Dott.ssa M.M. Sica, 1-19 ottobre 2012;
Locri – Località Mannella, Tempio di Persefone sotto la direzione della Dott.ssa R. Agostino (Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria), ottobre 2014;
Nel marzo 2014 ha preso infine parte al Progetto “Lavaggio materiali locresi” presso il cantiere Astaldi – loc. Moschetta, Locri (Rc) sotto la direzione della Dott.ssa M.M. Sica.

Collabora attualmente con la redazione di: www.osservarcheologia.eu

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