Non lontano da Atene, gli archeologi nel 2016 hanno rinvenuto in una fossa gli scheletri di 80 uomini, 36 dei quali con le mani e gambe legate da lacci di ferro e un individuo con ancora una freccia conficcata nell’osso di una spalla. Probabilmente, gli sventurati, potrebbero essere coloro che nel VII secolo a.C. parteciparono ad un colpo di stato ad Atene guidati da Cilone.
Gli scavi condotti in una località a sud di Atene, Delta Falirou, in un’area della città adibita per la costruzione della Biblioteca Nazionale Greca e dell’Opera Nazionale, hanno destato la curiosità degli studiosi perché, da attente analisi, i lori denti ricondurrebbero ad individui sani e robusti, uccisi probabilmente nello stesso momento tra il 650 e il 625 a.C. La datazione, resa possibile dal rinvenimento accanto ad alcuni scheletri di materiale ceramico, vasi, è stata confermata dal Ministero della Cultura greco.
Dietro quest’uccisione di massa, c’è però un fatto storico ben preciso, che colpì proprio la città di Atene. Gli storici che parlarono dell’accaduto furono Erodoto, Tucidide e Plutarco, che forniscono delle versioni discordanti ma sostanzialmente simili nel racconto generale. Cilone tentò di occupare l’Acropoli di Atene a seguito della sua vittoria alle Olimpiadi e dopo avere consultato l’oracolo di Delfi, ma le parole del dio furono mal interpretate secondo Tucidide, perché gli avrebbero indicato, come momento propizio per l’attacco, la più grande festa dedicata a Zeus. Sfortunatamente però le feste non erano le Olimpiadi ma le Diasie e quindi gli Ateniesi furono rapidi nel bloccare i ribelli sull’Acropoli costringendoli alla prigionia, alla fame e alla sete.
Per un caso rocambolesco Cilone e il fratello riuscirono a mettersi in salvo scappando, mentre gli uomini al suo seguito rimasero intrappolati e ingannati dagli Arconti. Il fatto fu increscioso; alcuni ribelli si sedettero sull’altare del tempio della dea Atena ma furono convinti ad uscire con l’inganno e con la garanzia dell’incolumità. Ciò non avvenne e una volta usciti sulla soglia dell’edificio, i prigionieri vennero uccisi a tradimento. Il mandante fu Megacle della famiglia degli Alcmeonidi che infangò con questo empio gesto il suo nome e quello della sua stirpe per sempre. Gli studiosi continueranno le loro ricerche sulla storia di questi uomini ed approfondiranno gli studi sugli scheletri grazie ad alcuni esami applicati nelle scienze forensi, per scoprire nel dettaglio come morirono e se eventualmente c’erano rapporti di parentela tra gli individui. Una decina di scheletri sono stati già condotti in laboratorio, gli altri rimarranno in situ per raccontare la loro triste storia in una mostra permanente.