sabato, 1 Aprile, 2023

Il Cavaliere Marafioti

Il Gruppo equestre di Locri Epizefiri, come venne chiamato da Paolo Orsi al momento della sua scoperta, deriva dal riassemblaggio dei frammenti in terracotta rinvenuti durante le campagna di scavo del 1910 sul fianco occidentale del tempio dorico in località ‘Casa Marafioti’ (dal nome della famiglia proprietaria del luogo ove fu rinvenuto il tempio). Il cosiddetto Cavaliere Marafioti è frutto dell’attento lavoro di assemblaggio di circa186 frammenti ad opera del restauratore Giuseppe Damico grazie alla ricostruzione grafica di Rosario Carta, su indicazione di Orsi... Durante l’intervento di ricomposizione furono assemblati i numerosi frammenti per mezzo di staffe, grappe metalliche, supporti interni di diversa natura, quali legno e stucco, al fine di recuperare nella sua interezza l’articolata opera plastica che raffigura un giovanetto a cavallo sorretto da una sfinge; per raggiungere tale scopo furono necessarie importanti reintegrazioni, indispensabili per risarcire le numerose lacune, ma anche per assicurare la tenuta statica dell’intero manufatto. Il restauro, condotto magistralmente da Giuseppe Mantella e Sante Guido, ha permesso di restituire al pubblico dei visitatori del Museo Archeologico di Reggio Calabria, luogo deputato all'esposizione del reperto, l'opera così come doveva essere all'epoca della realizzazione. Grazie alla sponsorizzazione tecnica nell'ambito del Progetto di Intesa Sanpaolo "Restituzioni", la digi.Art ha avuto il privilegio di seguire e digitalizzare tutte le fasi dell'ultimo restauro del Cavaliere di casa Marafioti, un gruppo scultoreo in terracotta costituito da una sfinge alata sormontata da un cavallo e da un cavaliere. Questa tripartizione offre già il primo spunto per approfondire le conoscenze sulla composizione dell'opera.

La letteratura ieratica

Questa piccola ricerca è rivolta a coloro che desiderano accostarsi alle scritture ieratiche. Condicio sine qua non è naturalmente il possedere già una sufficiente conoscenza dei geroglifici e dei relativi sistemi di scrittura. Chi volesse addentrarsi allo studio dello ieratico si troverà inizialmente di fronte ad una estrema difficoltà nella lettura, dovuta come si vedrà nel prosieguo, al fatto che i segni ieratici – peraltro numerosissimi - non rispettano i rigidi canoni di stesura dei segni geroglifici.

Le dieci battaglie di Horus

Sul muro di cinta ovest, lato interno (est), del tempio di Edfu, una grandiosa serie di riquadri e testi si riferisce a una delle più importanti feste celebrate annulmente nel tempio, la Festa della Vittoria, che ricorreva il 21 di Mechir, il secondo mese della stagione invernale. Nel primo registro si notano, disposte in cinque grandi riquadri, dieci barche: scene e testi sono relativi al cosiddetto “Cerimoniale dei dieci arpioni”. Nel secondo registro, invece, lunghi testi descrivono le battaglie che Horus ha dovuto sostenere contro Seth e i suoi compagni. Sono questi testi, definiti “Le dieci battaglie di Horus” e costituenti la trama narrativa che ha trovato poi la sua trasposizione drammatica nel suddetto “Cerimoniale”, che sono qui analizzati.

Enūma Eliš “quando in alto”

Un nuovo Speciale di MediterraneoAntico.it è pronto per essere scaricato o sfogliato online, gratuitamente, da tutti i nostri lettori. Un lavoro di grande valore filologico curato da Alberto Elli, che ci riporta indietro nel tempo per farci scoprire i temi della Creazione, così come li vivevano gli antichi. Al corposo ed iniziale insieme di segni cuneiformi, riscritti con un apposito font per essere perfettamente leggibili, segue la traduzione continuata, che consente di fruire appieno dell’intero materiale a tutti coloro che sono interessati, ma non filologi esperti.

La sfera magica di Atene

Il documento di cui tratteremo è conosciuto col nome di “Sfera Magica di Atene” ed è attualmente esposto ad Atene, al primo piano del nuovo Museo dell’Acropoli. L’interesse per questo oggetto nasce innanzitutto dal fatto che esso costituisce un unicum nel suo genere, per il quale non si conoscono confronti nell’ambito del repertorio degli oggetti iscritti di carattere magico-religioso. Si tratta un globo di marmo pentelico, bianco a grana fine, della circonferenza di circa 90 cm, con immagini figurate, iscrizioni e charaktêres, databile al II secolo d.C. Di recente questo singolare documento, per quasi un secolo noto solo dai disegni dello studio di A. Delatte del 1913, ha acquisito una rinnovata visibilità, essendo stato collocato nel percorso espositivo del nuovo Museo dell’Acropoli di Atene, ed anche per questa ragione non ci è parso inopportuno riprenderlo in esame, ripercorrendone la storia degli studi e pervenendo a nuove ipotesi interpretative riguardo l'identificazione della provenienza e alcuni aspetti di carattere iconografico e religioso.

L’Epopea di Gilgamesh

L'Epopea di Gilgamesh. Si tratta della più ampia e complessa tra le opere letterarie tramandateci dagli Assiri-Babilonesi. Composta in origine da circa tremila versi (quelli conservati sono poco più di duemila), essa supera di molto l’altra grande composizione giuntaci, l’Enuma Elish, che conta solo un migliaio di versi. È concordemente ritenuta dagli studiosi la prima vera epopea dell’umanità. Secondo il parere del grande assiriologo Giovanni Pettinato, essa è “paragonabile per ampiezza di respiro, per forte drammaticità e profonda maturità, alle grandi composizioni divenute patrimonio di tutte le genti, quali l’Iliade e l’Odissea di Omero, la Divina Commedia di Dante e il Faust di Goethe”.