Jaḫdun-Lim, re di Mari
Il regno di Jaḫdun-Lim ci è noto grazie a un’iscrizione ufficiale conservata su un grande disco di terra cotta e
alle tavolette degli archivi di Mari. Il suo regno, di una ventina di anni, ebbe una fine tragica: egli morì,
infatti, assassinato dai suoi servitori, per ragioni che non ci sono note. È tuttavia probabile che l’assassino
fosse stato commesso su istigazione del re assiro Šamši-Addu I. Infatti, alla morte di Jaḫdun-Lim il regno di
Mari passò sotto il controllo del monarca assiro, che vi installò il figlio Iasmaḫ-Addu come governatore.
Questo “interregno assiro” durò una ventina di anni. Alla morte di Šamši-Addu I, infatti, Zimri-Lim, figlio di
Jaḫdun-Lim, riuscì a riconquistare il “trono dei suoi padri” e a mantenersi al potere per più di trent’anni. È
sotto il suo regno che Mari conobbe una grande prosperità, alla quale mise brutalmente fine la conquista di
Hammurapi di Babilonia.
La sfera magica di Atene
Il documento di cui tratteremo è conosciuto col nome di “Sfera Magica di Atene” ed è attualmente esposto ad Atene, al primo piano del nuovo Museo dell’Acropoli. L’interesse per questo oggetto nasce innanzitutto dal fatto che esso costituisce un unicum nel suo genere, per il quale non si conoscono confronti nell’ambito del repertorio degli oggetti iscritti di carattere magico-religioso. Si tratta un globo di marmo pentelico, bianco a grana fine, della circonferenza di circa 90 cm, con immagini figurate, iscrizioni e charaktêres, databile al II secolo d.C.
Di recente questo singolare documento, per quasi un secolo noto solo dai disegni dello studio di A. Delatte del 1913, ha acquisito una rinnovata visibilità, essendo stato collocato nel percorso espositivo del nuovo Museo dell’Acropoli di Atene, ed anche per questa ragione non ci è parso inopportuno riprenderlo in esame, ripercorrendone la storia degli studi e pervenendo a nuove ipotesi interpretative riguardo l'identificazione della provenienza e alcuni aspetti di carattere iconografico e religioso.
Speciale Pompei. Tutto sulle nuove aperture
Sembra ormai finito per Pompei il tempo dei crolli e dell’inattività culturale. Da quando il Grande Progetto Pompei ha avuto inizio, attraverso il decreto legge n. 34/2011 (art. 2), la situazione sembra decisamente cambiata in meglio, tanto che il Soprintendente Massimo Osanna, quasi ogni settimana, convoca la stampa per annunciare la riapertura di nuove domus e nuovi edifici da tempo chiusi o sottoposti a lavori di manutenzione e restauro, dando sempre più prova di come un sito in rovina, e non solo per il tempo che passa, possa invece essere un centro vivo e produttivo.
Intervista al Professore Salvatore Settis
Tra i pochi gioielli storici sopravvissuti a Messina dopo il terremoto del 1908, la splendida chiesa di Santa Maria Alemanna, in puro stile gotico, che ha conservato l'ossatura datagli originariamente e ad oggi simbolo della più alta espressione dell’arte Gotica nel Mediterraneo. In questa splendida location il Prof. Salvatore Settis ha presentato il suo ultimo libro “Architettura e Democrazia” durante una conferenza organizzata dal Comune di Messina, in un dibattito più ampio sull’architettura, sull’urbanistica e il territorio, accompagnato dagli interventi dell’architetto Carlo Gasparini, dell’Università Federico II di Napoli, del giornalista e moderatore Emilio Casalini e dell’assessore all’urbanistica del Comune di Messina, Sergio De Cola.
L’occasione ha permesso a noi di MediterraneoAntico.it di poter intervistare il Prof. Salvatore Settis, non solo sui temi del suo recente libro ma anche sullo stato di salute dei beni culturali italiani alla luce della riforma Franceschini.
La conversione al cristianesimo della Nubia e l’iscrizione di Silko
Teodosio I era salito al trono patriarcale di Alessandria il 10 febbraio 535, grazie agli aiuti di cui godeva in seno all’apparato imperiale. Eletto da una minoranza, imposto e mantenuto sul trono dal governo, egli era molto impopolare in città. Ma nel 536 il vento cambiò direzione. In quell’anno, infatti, l’imperatore Giustiniano (527565), che operava per giungere all’uniformità religiosa nell’impero (rotta dall’insanabile e perdurante divisione tra quanti a Calcedonia, nel 451, avevano accettato le decisioni conciliari sulle “due nature” e l’unica persona di Cristo e quanti invece le avevano respinte, e con essi la maggioranza assoluta degli egiziani), ritenne che ormai l’appoggio garantito a Teodosio non avesse più ragione d’essere se non nel caso di un’abiura del Credo anticalcedonita da parte del patriarca. Credendo di potergli perciò estorcere facilmente almeno una formale adesione a Calcedonia (secondo la Storia dei Patriarchi, in cambio della sua adesione all’ortodossia imperiale l’imperatore gli avrebbe offerto poteri eccezionali, promettendogli di unire il potere temporale a quello religioso, di essere cioè contemporaneamente sia augustale sia patriarca), Giustiniano lo convocò a Costantinopoli (novembre-dicembre 536).