COME LE DIVINITÀ EGIZIE SI MANIFESTAVANO NEL MONDO SENSIBILE: UN TENTATIVO DI CASISTICA

In questo articolo ci proponiamo di individuare le modalità con cui le divinità egizie, secondo le concezioni religiose del tempo, intervenivano, direttamente o in via mediata, a determinare i comportamenti dei sovrani e talvolta anche dei loro sudditi nelle pratiche religiose e nella vita quotidiana. Lo scopo è di dare evidenza ai più comuni codici interpretativi che si riscontrano nella documentazione che ci è pervenuta dall’antico Egitto.
Le fonti coeve ci dicono che le divinità egizie hanno regnato alternativamente sulla terra per poi elevarsi al cielo come ba1. Il ba è uno degli elementi costitutivi della persona, sia degli dei che dei comuni mortali: esso si libera dal corpo con la morte e assume la funzione dinamica di transitare dal mondo dei vivi a quello delle divinità e dei defunti, e viceversa2.
È stata dimostrata l’esistenza di un verbo ba che significa “essere immanente, essere presente, efficiente in un luogo”3. Quindi il ba, come sostantivo, indica la presenza di una divinità nel nostro mondo per compiere qualche impresa, per rendere possibile un evento in sintonia con la maat, la concezione egizia dell’equilibrio cosmico e sociale voluto dagli dei all’atto della creazione.
Le divinità egizie sono rappresentate, nella forma piana o a tutto tondo, con immagini convenzionali che in genere sono riconoscibili per i loro caratteri distintivi. In realtà gli egizi erano consapevoli che le divinità erano ba, entità impersonali che potevano assumere molteplici forme (= iru) e che, in quanto forme astratte, non potevano manifestarsi direttamente sulla terra. Esse si incorporavano negli elementi naturali: “il vento è il ba di Shu; la pioggia è il ba di Heh (lo spazio liquido); la notte è il ba di Kek (l’oscuro); l’acqua è il ba di Nun (l’oceano primordiale); il toro di Mendes è il ba di Osiride; i coccodrilli sono il ba di Sobek”,4 ecc.
In questo scritto intendiamo esaminare come il ba delle divinità poteva orientare i comportamenti del re incorporandosi nella sua persona o mediante strumenti nei quali gli dei trasmettevano magicamente la loro volontà e potenza5.

I rituali sono fondamentali nella concezione religiosa egizia, tanto da rendere divino tutto ciò che faceva parte di quel processo di formule e azioni che componeva il rituale6. Lo stesso sovrano diventava re con il rituale dell’intronizzazione in cui veniva consacrato “figlio di Ra”, il dio sole; una consacrazione che veniva rinnovata periodicamente con altri rituali all’inizio del nuovo anno e a periodi prefissati (la festa Sed).
Secondo la basilare concezione egizia della difesa della creazione dagli attacchi del caos, tutti i comportamenti del sovrano e della comunità dovevano osservare i principi della maat7; pertanto, considerando la religiosità degli egizi, le modalità con cui potevano manifestarsi questi comportamenti erano praticamente infinite. Quindi la casistica è molto ampia, ma qui di seguito tentiamo comunque di abbozzare un elenco di casi ben noti per rendere riconoscibili in concreto gli interventi divini.
Nel valutare le azioni degli dei e i loro effetti a cascata si deve sempre tenere presente che il mondo egizio era fortemente pervaso dalla magia che era impersonata dal dio Heka, una divinità importante nel pantheon egizio. Heka era la “forza attiva, l’energia del mondo”. L’insegnamento di Merikara, Primo Periodo Intermedio, afferma che [il creatore] “ha fatto per loro (gli uomini, il bestiame di dio) la magia come arma per respingere il colpo degli accidenti” (Roccati, Sapienza egizia, Paideia Editrice, Brescia 1994, pag. 70).

– La statua o l’immagine di un re può recare l’iscrizione xnty=f anx tp tA (khentyf ankh tep ta) che significa “espressione vivente sulla terra”. Questa formula significa che il re è vivente sulla terra per agire presso l’umanità come dio Amon8; xntj qualifica il re come rappresentante del dio, tanto che la sua immagine attiva mostra il volto incorniciato dalle corna di ariete9. L’ariete è l’animale in cui il dio Amon-Ra ama incorporarsi. Mediante le corna il re si manifesta come una forma di questa divinità10.

Fig. 1 a-b – Un pilastro del tempio di Abu Simbel reca l’immagine di Ramesse II (a sinistra) con una vistosa corona di fronte a sé stesso con un’immagine del sole sul capo. Il nome di questa figura è Ramesse ma scritto senza cartiglio. Inoltre, questa figura di Ramesse mostra un corno di ariete dietro l’orecchio. L’ariete è un animale sacro ad Amon. Quindi la figura di destra mostra Ramesse II divinizzato come Amon-Ra – Foto dell’autore (la diapositiva scannerizzata è pessima, ma è abbastanza visibile il cornino dietro l’orecchio)
Fig. 2 – Nella “sala del tesoro” del tempio di Abu Simbel si trova una scena in cui Ramesse II offre vino a un’immagine di sé stesso in trono con il sole sul capo e il cornino dell’ariete di Amon dietro l’orecchio. Questa scena conferma la divinizzazione di Ramesse II. – Foto dell’autore

– Rappresentazioni di immagini piane o statue del dio Horus come falco, realizzate in stretta connessione fisica con l’immagine o la statua o la corona del re11, sotto l’aspetto visivo sono estremamente efficaci nel mostrare una perfetta e totale simbiosi tra il dio Horus, da cui ha origine la regalità faraonica, e il sovrano che per delega divina la esercita sulla terra12.

Fig. 3 – La statua di re Chefren (IV dinastia) nel Museo Egizio del Cairo mostra un falco che, dietro la testa del re, lo protegge con le sue ali. Il re è la rappresentazione del dio Horus sulla terra e Horus manifesta sé stesso nella persona del re, Horus vivente. La figura è tratta dalla guida ufficiale del Museo Egizio del Cairo, 1987, n. 31.
Fig. 4 – Statua di re Raneferef (V dinastia) scoperta nel suo tempio funerario ad Abusir, ora nel Museo Egizio del Cairo. Il commento a questa statua è uguale a quello della didascalia della figura 3. Immagine tratta dal volume di M. Verner, Forgotten Pharaos, Lost Pyramids, 1994, pag. 145.

– Le immagini del re vengono rappresentate con accorgimenti che lo confermano come divinità:

  • Le corna di ariete poste sotto la corona e che passano dietro gli orecchi del re13;
  • la barba posticcia curva degli dei apposta al mento del re14;
  • l’immagine regale rappresentata senza cartiglio riceve atti di culto da un’immagine dello stesso re con il nome nel cartiglio. Questa
    immagine può anche comparire potenziata dalle corna di ariete e perfino dal volto di falco che sostituisce il volto umano15. (figure 1 e 2)
  • L’immagine del re, come figura piana o come statua, compare tra le immagini o le statue di alcune divinità a rappresentare un
    dio tra gli dei16
Fig. 5 – Nel naos in fondo al tempio di Abu Simbel ci sono le statue degli dei Ptah, Amon, Ramesse e Ra. In certe date prefissate dei mesi di febbraio e ottobre i raggi del sole percorrono tutto l’asse del tempio e illuminano le statue, in particolare quella di Ramesse, ricaricandole di energia divina. – Foto dell’autore

Il re è rappresentato in un gruppo statuario che va letto come un rebus. Nel suo insieme il gruppo statuario si presenta come un’iscrizione geroglifica che indica il nome del faraone identificato visivamente con la divinità rappresentata17. Nel caso della figura 5 Ramesse II, rappresentato come un infante, è protetto dal dio falco Huron.

Fig. 6 – Sopra l’ingresso del tempio di Abu Simbel si staglia una grande figura di Ra-Harakhte. In realtà si tratta di un rebus perché le mani della statua poggiano sui segni mes e sw dando la lettura Ramessu. Quindi Ramesse ha dedicato il tempio a sé stesso nella figura divina di Ra-Harakhte – Foto dell’autore
Fig. 7 – L’amore degli egizi per i rebus è confermato anche da questa grande statua del Museo Egizio del Cairo in cui il dio falco Hurun protegge un fanciullo che ha sul capo il sole e con la mano tiene la pianta sw. Si ha così la lettura Ramessu – Foto dell’autore
Fig. 8 – Una statua del Museo Egizio del Cairo rappresenta re Tutankhamon come dio Khonsu. La treccia della statua qualifica la figura di Tutankhamon-Khonsu come il figlio della triade divina Amon, Mut e Khonsu – Foto dell’autore

– Divinità femminili alate, tipicamente Isi e Nefti, protendono le loro ali verso l’immagine di Osiri per proteggerlo dal suo persecutore Seth18. Ovviamente la protezione non riguarda l’immagine in sé, ma il ba del dio che ha sede nell’immagine. Divinità femminili alate esercitano la loro protezione anche verso altre divinità o sovrani19.

Fig. 9 – Le ali spiegate delle dee Isi e Nefti hanno sempre il significato di protezione. La figura mostra Isi con le ali spiegate a protezione di un oscuro re della XXIII dinastia, Sehibra. L’oggetto della figura è l’elemento decorativo di un naos ed è custodito nel Museo Egizio di Bologna. La figura è tratta dal catalogo del museo, La collezione egiziana, 1994, pag. 91
Fig. 10 – La dea Nefti con le ali spiegate protegge il defunto mentre Anubi pratica il “rito dell’apertura della bocca”. L’immagine si trova nella tomba di Nebenmaat (TT 219, XIX dinastia) nella necropoli di Deir el-Medina – Foto dell’autore

– Le rappresentazioni del sovrano che indossa un corpetto piumato indicano che il ba di un dio, Horus o Montu, è incorporato nel faraone; quindi, le sue azioni sono quelle di un dio20.

Fig. 11 – Il petto del sovrano (Thutmosi III?) è cinto da due ali. Una divinità, forse Montu, si è incorporata nel re per proteggerlo e per determinarne le azioni. L’immagine si trova nella corte superiore del tempio di Hatshepsut a Deir el-Bahari – Foto dell’autore
Fig. 12 – Su un lato del ventaglio di Tutankhamon è rappresentato il re che caccia gli struzzi. L’immagine mostra che il re ha un corpetto che sembra fatto di ali. Una divinità si è incorporata nel re per proteggerlo e assisterlo nella caccia. L’immagine è tratta dal volume di C. D. Noblecourt, Vita e morte di un faraone, Tutankhamen, 1963, tav. XXa, Pag. 93

– Nelle rappresentazioni la figura del re è spesso sovrastata dall’avvoltoio Nekhbet o dal falco Horus o dall’oca di Amon. Le divinità alate che nelle rappresentazioni sovrastano il re hanno lo scopo di proteggerlo e nel contempo di qualificare la sua regalità e le sue azioni nella scena rispetto all’Alto e Basso Egitto e del dio Amon nel caso dell’oca21.

Fig. 13 – Negli appartamenti sotterranei della piramide di Djoser un pannello mostra il re nella corsa della “festa Sed”. Sopra la figura del re il falco Horus lo segue nella corsa e, in quanto simbolo di regalità, il dio Horus attesta la sovranità di Djoser anche nell’aldilà. Immagine tratta da un articolo di F.D. Friedman, The Underground Reliefs Panels of King Djoser, 1995, pag. 23
Fig. 14 – Amenofi II è rappresentato come infante in grembo alla sua nutrice. Sopra la scena c’è un’oca, animale sacro al dio Amon, che protegge il fanciullo e assicura al futuro re la tutela divina. L’immagine è tratta dal volume di C.D. Noblecourt, Amours et fureurs de la Lointaine, 1997, pag. 91

– I pettorali e i gioielli, diversi per forma e contenuto, sono sempre a carattere religioso. Le immagini divine dei pettorali e gli oggetti che li compongono sono magicamente attivi ed esprimono valori e significati relativi alle divinità figurate come tali o in simbolo. Il faraone che indossa il pettorale non si adegua a una moda. Il senso del bello si accompagna sempre al concetto di efficacia. Quindi lo scopo di indossare pettorali e gioielli è di incorporare in sé i valori e i significati che si sintetizzano nel ba delle divinità rappresentate nel pettorale o di avvalersi della forza magica degli oggetti che compongono il gioiello22.

Fig. 15 – Pettorale della principessa Mereret, figlia di re Sesosytri III. La dea avvoltoio Nekhbet spiega le sue ali sul re vittorioso che abbatte i suoi nemici. Il pettorale, trovato nella tomba di Mereret all’interno della piramide di Sesostri III, è esposto nel Museo Egizio del Cairo. La figura è tratta dal volume di C. Aldred, I gioielli dei faraoni, 1978, figura 30.
Fig. 16 – Pettorale a nome di Ramesse II trovato nel Ramesseum di Saqqara sulla mummia di un toro Api. Il pettorale mostra una divinità alata che spiega le sue ali sopra le immagini del serpente Uaget e dell’avvoltoio Nekhbet a loro volta all’interno di due vistose ali. Uaget e Nekhbet sono le divinità tutelari del Basso e dell’Alto Egitto. Il pettorale è esposto nel Museo del Louvre – Foto dell’autore
Fig. 17 – Il pettorale, appartenuto a re Tutankhamon, mostra in particolare l’immagine di una barca sostenuta da fiori di loto che porta il disco lunare. L’immagine è tratta dal volume di C. Aldred, I gioielli dei faraoni, 1978, figura 68

– Il re prende possesso della sua carica con il rito dell’ “intronizzazione” 23: il re sul trono si mostra come il legittimo titolare della regalità24. Durante questo rito al sovrano venivano imposti i 5 nomi del protocollo regale. Il trono è un attivo “soggetto” magico che qualifica il potere regale e lo trasferisce al suo occupante perché lo eserciti in base al ruolo che gli è prescritto dalla dea Maat.

Fig. 18 – Statua di re Thutmosi III in trono. La statua fa parte dei capolavori del Museo Egizio di Torino. L’immagine è tratta dal volume Museo Egizio, Un viaggio visuale, 2017, figura di pag. 187.

– Le immagini del re che presiede a un rito, qualunque esso sia, sono per definizione attive e vitali. Il faraone è il titolare e il protagonista dei riti, anche se delega questa sua funzione, e le parole che esprime e le azioni che compie sono magicamente efficaci e performative a beneficio di tutta la collettività25.

Fig. 19 – Sulla parete della recinzione interna del tempio di Edfu è rappresentato un re che su una barca a vela colpisce con la lancia un ippopotamo, simbolo del male. Nei testi del tempio questa scena è denominata “Festa della Vittoria” – Foto dell’autore

– Le immagini del re Akhenaton e della regina Nefertiti vengono divinizzate dai raggi solari dotati di mani che li sovrastano, spesso latori anche di segni beneauguranti come il segno della vita ankh e quello della stabilità djed. Questa efficace iconografia è stata adottata per mostrare visivamente lo stretto legame parentale tra il dio Aton, il disco solare raggiante, e i due sovrani26. Di fatto queste immagini formano una triade divina: Aton, Akhenaton e Nefertiti.

Fig. 20 – I raggi di Aton, la divinità suprema del periodo storico che ha come capitale Amarna (XVIII dinastia), scendono a illuminare il re Akhenaton e la sua sposa Nefertiti. Immagine tratta da una tavola del VI volume di N.G. Davies, The Tombs of el-Amarna, 1908, pl. 16

– Le immagini divine protette da un velo o da uno schermo, definite dagli egizi sSmw-xwy (= immagini protette), erano immagini di culto e come tali il ba della divinità era presente in esse27. I naos delle barche divine processionali sono sempre protetti da un velo che impedisce di vedere la statua all’interno.

Fig. 21 – I naos delle statue dei templi che escono all’aperto, ad esempio in occasione di processioni, sono velati per mantenere il loro mistero nei confronti del popolo. L’immagine della barca processionale è tratta da un articolo di C. Karlshausen, L’évolution de la barque processionelle d’Amon à la 18 dinastye, 1995, fig. 9

– Talvolta nelle rappresentazioni certe immagini sono associate a ventagli e flabelli, designati con shu(y)t e più raramente con khaibit, con il significato di protezione.
Naturalmente la protezione è esercitata da una divinità che si identifica nel simbolo del ventaglio. Ventagli sono spesso associati alle egide delle barche divine processionali di prua e di poppa per indicare che in esse si cela il ba delle divinità rappresentate nelle egide28. Il ventaglio compare anche associato al re in battaglia: in questo caso la protezione è anche sinonimo di vittoria29.

Fig. 22 a-b – Il re Thutmosi IV si prepara a scagliare una freccia contro i nemici. Al suo fianco l’immagine del dio Montu gli sostiene il braccio. L’immagine al tratto è ripresa da un articolo di L. Bell, Aspects of the cult of the deified Tutankhamen,1985, pl. II- L’immagine fotografica della decorazione esterna del carro da guerra di Thutmosi IV è tratta dal volume L’impero dei conquistatori, 1979, pag. 116, fig. 106
Fig. 23 – Sui piloni della facciata del tempio di Luxor è rappresentata la battaglia di Ramesse II contro gli ittiti, la battaglia di Kadesh. La figura è tratta dal volume di K. Kitchen, Il faraone trionfante. Ramesse II e il suo tempo, pag. 83, fig. 18

– L’irraggiamento solare è il ba di Ra, il dio sole. All’inizio del Nuovo Anno le statue di culto dei templi venivano portate nelle cappelle solari a cielo aperto sulle terrazze dei templi affinché il ba di Ra le ricaricasse dell’energia divina esaurita durante l’anno nell’oscurità del naos. Il rito era essenziale per evitare che le statue divine diventassero inerti e quindi incapaci di svolgere la loro funzione divina. Questo rito è conosciuto come “Unione al Disco”.
Nel caso di statue divine o regali emergenti dalle pareti del naos, e quindi non rimovibili, l’orientamento del tempio è strutturato in modo tale che in date prefissate i raggi solari posano colpire le statue, come è il caso della statua di Ramesse II nella cella del tempio di Abu Simbel (vedi figura 5)30.
Le statue della cella confermano la divinità di Ramesse II poiché la sua statua compare tra quelle degli dei Amon, Ra e Ptah.

Fig. 24 – Sul terrazzo del tempio di Dendera si può ammirare una cappella a cielo aperto in cui si praticava il rito “Unione al Disco” per rigenerare con i raggi solari, il ba di Ra, le statue del tempio – Foto dell’autore

– Verso la fine della XXV dinastia è iniziata la pratica di porre sotto la testa del defunto l’ipocefalo, un disco decorato che al centro presentava un’immagine del dio solare Atum con i suoi 4 ba. Il capitolo 162 del Libro dei Morti, dal titolo: “Formula per fare nascere una fiamma sotto la testa degli spiriti beati”, ci spiega che per fare acquisire al defunto lo stato divino era necessario che calore e irraggiamento avviluppassero la mummia.

Fig. 25 – Immagine di un ipocefalo su papiro che era posto sotto la testa del defunto. Le divinità rappresentate sull’ipocefalo avevano lo scopo di mantenere l’integrità del defunto con la loro magia. La figura dell’ipocefalo è tratta dal catalogo del Museo di Bologna, La collezione egiziana, 1994, figura di pag. 137

– Le immagini di Osiri e di comuni mortali che nel periodo greco-romano tengono in pugno un ramo di palma segnalano in tale modo la loro vittoria sulla morte31. Questo simbolo, che si è esteso successivamente ai santi cristiani che hanno subito il martirio, ha forse la sua origine nella tomba anonima n. 40 della Valle delle Regine, la necropoli sulla sponda occidentale di Luxor, in cui è rappresentato il dio Anubi con un ramo di palma in pugno32.

Fig. 26 – Su un pilastro della tomba anonima n. 40 della Valle delle Regine è dipinta l’immagine del dio Anubi che tiene in pugno un ramo di palma, simbolo di vittoria sulla morte – Foto dell’autore
Fig. 27 – Apoteosi di Osiri che tiene due rami di palma protetto ai lati da Isi e Nefti; sono presenti due cani come rappresentanti di Anubi – Questo dipinto si trova nella tomba di Tigrane, Alessandria – Foto dell’autore

– Le statue rappresentano il ka del defunto. La statua è “vivente” quando il nome del defunto compare sul basamento della statua (così afferma il cartello esplicativo della statua di Hapydjefa nel nuovo allestimento del Museo Egizio di Torino). Sono da considerare “viventi” tutte le statue personalizzate dal loro nome, ovunque esso sia apposto, quindi idonee a ricevere il ba del titolare della statua.

Fig. 28 – Le statue del principe Rahotep e della sua sposa Nofret (IV dinastia) recano vicino alle teste i loro nomi per consentire al loro ba di riconoscerle e di introiettarsi in esse rendendole “statue viventi”. Le due statue sono state scoperte in una tomba di Meidum e ora si trovano nel Museo Egizio del Cairo – Foto dell’autore

– L’accensione delle torce durante la veglia notturna del defunto aveva lo scopo di proteggere il suo corpo da eventuali attacchi di demoni, i ba degli agenti del caos. Il capitolo 49 dei Testi dei Sarcofagi, a proposito della veglia notturna del defunto, invita a tenere accese le torce per tenere lontane le pulci identificate come emissari dell’omicida dio Seth, l’uccisore del fratello Osiri33.

Fig. 29 – Le torce accese nella tomba di Neferhotep (TT 216 – XIX dinastia) servono a tenere lontano dal defunto eventuali spiriti maligni durante la veglia notturna – Foto dell’autore

– Gli animali vivi che venivano allevati nei templi erano la forma immanente della divinità del tempio e ricevevano un culto. I due esempi più noti sono il toro Api, il ba del dio Ptah di Menfi, e il falco-rapace vivo di Edfu, il ba di Horus vivente nel tempio.

Fig. 30 – Il toro Api era la manifestazione sulla terra del dio Ptah di Menfi. La grande statua di Api della figura è stata scoperta da Mariette nei pressi del Serapeum di Saqqara. Ora la statua si trova nel Museo del Louvre – Foto dell’autore
Fig. 31 – Dal Periodo Tardo in poi nei templi veniva allevato un singolo animale della specie sacra alla divinità del tempio. Nel tempio di Edfu, ad esempio, sulla parete della recinzione interna del tempio è scolpita una scena di processione in cui compaiono sia la statua del dio, sia il falco che era la manifestazione vivente del Dio Horus sulla terra – Foto dell’autore

– Alcuni alberi erano associati al ba di divinità34. Sarebbe troppo lungo farne un elenco. Basterà citare, come esempio, due alberi sacri, ipostasi di divinità: l’albero di acacia, associato al dio Osiri, e il sicomoro, che nelle scene delle tombe mostra spesso tra le fronde dei suoi rami la dea Nut o la dea Isi.

Fig. 32 – Stele della XXX dinastia che mostra un albero di acacia sopra la tomba di Osiri. L’immagine è tratta dal volume di Z. Hawass, I tesori nascosti dell’antico Egitto, 2004, figura di pag. 1 – La stele è nel Museo Egizio del Cairo
Fig. 33 – L’albero sicomoro rappresentato nella tomba di Pabasa (TT 279, Assassif-Tebe, XXVI dinastia). Il defunto riceve un vitale getto d’acqua dalla dea del cielo Nut incorporata nel sicomoro – Foto dell’autore

Questa casistica, che considera anche comportamenti indotti entrati a vario titolo nella tradizione egizia, per quanto ampia va considerata solo come un abbozzo utile per rendere più significativa la lettura di testi e la visione di immagini del mondo egizio. Per concludere dobbiamo anche ricordare che certi turbamenti potevano essere la manifestazione del ba di una divinità35, come avviene nel racconto di Sinhue che rimane sconvolto nell’udire la notizia del regicidio di Amenemhat I. In totale confusione mentale Sinhue fugge, non per sua volontà ma perché la voce di un dio è entrata nel suo cuore costringendolo ad allontanarsi35.

Gilberto Modonesi

1) Il Papiro dei Re, conservato nel Museo Egizio di Torino, racconta che la prima dinastia era quella degli dei. Il Canone elenca le divinità che si sono succedute l’una all’altra fino all’avvento della dinastia di re umani. Il Canone elenca le divinità in quest’ordine: Ptah, Ra, Shu, Geb, Osiri, Seth, Horus, Thot, Maat, Horus. Il primo Horus è quello che convenzionalmente è indicato con l’aggettivo Vecchio/Antico, il secondo Horus è il figlio di Osiri e di Isi. Farina, 1938, pagg. 16-18.
2) Una presentazione degli elementi costitutivi della persona secondo la concezione antropologica egizia si può leggere in Modonesi, 2012-2013, pagg. 39-48. Traunecker, 1994, pagg. 25-30 per l’uomo comune e pagg. 40-42 per le divinità. Assmann,2003, pag. 141 e segg.
3) Sauneron, 1963, pagg. 49-51.
4) Traunecker, 1994, pag. 40.
5) Come con i cosiddetti regalia, cioè gli scettri, i copricapi, le corone, ecc.
6) Meeks, 1988, pagg. 425-446. Anche il Traunecker afferma che il rituale è lo strumento ideale per entrare nelle concezioni religiose dell’antico Egitto: Traunecker, 2016, pag. 14.
7) Per statuto i re erano nel giusto, ma i membri della comunità potevano deviare dalle regole della maat, tanto da doversi difendere come defunti nel giudizio davanti al dio Osiri secondo quanto prescritto dal capitolo 125 del Libro dei Morti.
8) Beaux, 2013, pag. 14-16 e fig. 6.
9) Bickel, 2013, pagg. 59-63.
10) Beaux, 2013, pagg. 22-26 e fig. 9.
11) Sulle corone si veda Mislywiec, 1985, pagg. 149-160.
12) Come esempio ricordiamo la statua di Khafra in cui un falco cinge la nuca del re
(Museo Egizio del Cairo JE 10062).
13) Abbiamo già segnalato l’importanza di queste corna per indicare il dio Amon.
14) Tosi, 2004, vol. I, pag. 249: la barba curva posticcia è simbolo del dio Osiri.
15) Habachi, 1969, plate I, presenta come esempio l’immagine di Ramesse II.
16) Ricordiamo il notissimo caso della cripta del tempio maggiore di Abu Simbel in cui Ramesse II compare seduto tra le statue degli dei Ptah, Amon-Ra e Ra-Harakhti: Habachi, 1969, plate Vb. Casi di questo genere sono abbastanza frequenti, specie per Ramesse II.
17) Anche in questo caso gli esempi più noti ci riportano a Ramesse II: Saleh & Sourouzian, 1987, fig. 3, statua di Ramesse e del dio Hurun (Cairo, JE 64735); Habachi, 1969, pag. 9, fig. 8, plate Va: la figura scolpita sul frontone del tempio maggiore di Abu Simbel rappresenta il dio Ra-Harakhti ma si legge Ramesse.
18) Nella tomba di Nakhtamon (TT 335) Isi e Nefti alate sovrastano la mummia di Osiri verso la quale il dio Anubi compie una fase del rituale dell’apertura della bocca: Hawass, 2009, pag. 169 con la dea Isi, sorella e sposa di Osiri.
19) 19 Un esempio di protezione esercitata da Isi con le sue ali protese sopra l’immagine del re Sehibra è presente nel Museo Civico di Bologna: Pernigotti, 1994, fig. di pag. 91.
20) Su un lato del grande ventaglio dorato di Tutankhamon è rappresentato il re a caccia di struzzi. Il re indossa un corpetto piumato: Bell afferma che tale corpetto segnala che il dio Montu si è incorporato nel re: Bell. 1985, pag. 34.
21) Davies, 1930, Amenofi II, ancora infante, è seduto in grembo alla sua nutrice; la figura del re è sovrastata da un’oca.
22) Segnaliamo qui due splendidi esempi di pettorali: Saleh & Sourouzian, 1987, n. 110, pettorale di Sesostri III trovato nella tomba della principessa Mereret all’interno della piramide; Andreu & Ziegler, 1997, pag. 146, foto di pag. 147: pettorale di Ramesse II ritrovato nel Serapeum di Saqqara nella tomba inviolata di un toro Api.
23) Con questo rito il re riceveva anche il “protocollo regale”, cioè i 5 nomi che a vario titolo lo qualificavano divino.
24) Sul rito d’intronizzazione si veda Tosi,2004, vol. I, pagg. 161-162.
25) Sull’importanza e l’efficacia dei riti si veda la nota 4. La relazione tra il re e la divinità è del do ut des: all’omaggio e all’offerta del re la divinità risponde confermando la regalità del sovrano, regalità che secondo la concezione egizia della maat è a beneficio di tutta la comunità.
26) Davies, 1903-1908: nei 6 volumi dedicati alle tombe di Amarna sono numerose le figure che mostrano Aton che invia i suoi raggi su Akhenaton e Nefertiti.
27) Habachi, 1969, alle pagg. 23-24 cita questa locuzione usata nella rappresentazione della barca processionale di Ramesse II nel tempio di Medinet Habu.
28) Come esempio segnaliamo la grande rappresentazione nel tempio di Sethi I ad Abido, in cui Sethi offre incenso e offerte alle barche processionali di Amon, Mut e Khonsu: Gardiner, 1935, vol. II, plate 11.
29) La presenza del ventaglio nella rappresentazione garantisce che il dio Montu si è incorporato nel sovrano e pertanto la vittoria è certa: L. Bell, 1985, plate II, una tavola al tratto. Per la foto della scena si veda Muller, 1980, pag. 116, foto. 106. Sul significato dei ventagli si veda Modonesi, 2016.
30) Un esempio illuminante dell’irraggiamento solare è dipinto in due diverse aree del tempio di Dendera: Ra invia il suo ba, i raggi solari, sull’immagine del tempio di Hathor: Daumas, 1981, pag. 108, fig. 92, l’immagine è quella sul cassettone del soffitto della sala ipostila. Ricordiamo poi il noto caso del tempio maggiore di Abu Simbel, in cui i raggi solari, in due diverse date dell’anno, percorrono l’asse centrale del tempio per illuminare la statua di Ramesse II al fine di rinvigorire il suo ba. In questo mese (marzo 2018) un articolo in internet, inviato da galal.refai@bibalex.org, afferma che il fenomeno capita anche negli altri templi egizi. L’articolo cita i templi di Deir el-Bahari, Deir el-Sheluit, Kalabsha, Hibis, Qasr el-Ghoweita, Deir el-Hagar, il mammisi di Dendera, Speos di Horemheb a Gebel Silsila, Edfu.
31) Empereur, 1995, pag. 24, fig. 28.
32) Leblanc, 1989, planche LXXVI.
33) Assmann, 2003, pagg. 390-391; Barguet, 1986, pag 191.
34) Baum, 1988, un volume sugli alberi e arbusti dell’antico Egitto; Koemoth, 1994, un volume dedicato agi alberi associati al dio Osiri; l’enciclopedia religiosa della vegetazione dell’Egitto in 3 volumi editi da Aufrère, 1999-2005.
35) Hornung, 1986, pag. 115.

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Gilberto Modonesi

Ho iniziato a interessarmi dell’Egitto antico nel 1960. Nel 1964 mi sono sposato e il viaggio di nozze è stato il mio primo viaggio in Egitto. A metà ottobre il primo cortile del tempio di Luxor era allagato dall’acqua dell’inondazione del Nilo e anche le basi dei colossi di Memnon erano in acqua. Ad  Aswan i russi stavano costruendo la Grande Diga.

Nel 1980, dopo la nascita di due figli, ho effettuato la navigazione sul Nilo con tutta la famiglia. Nel 1985 ho partecipato con mia moglie a un viaggio organizzato dal Dr. Mario Tosi. Da allora e fino al dicembre del 2010 sono stato in Egitto almeno 35 volte. Agli inizi ho visitato i vari siti archeologici in taxi solo con mia moglie.. Quando sono iniziati gli attentati contro i turisti ho organizzato viaggi turistici in modo da avere una scorta militare. In questi viaggi io avevo il ruolo di “responsabile culturale”. Grazie a tutti questi viaggi ho potuto visitare i siti archeologici dal nord al sud dell’Egitto, quelli di tutte le oasi e i monumenti del Lago Nasser. Ho fatto un viaggio anche nel Sinai per visitare il tempio di Serabit el-Khedim.

Il viaggio del dicembre 2010 è stato il mio ultimo viaggio a causa della rivoluzione egiziana, poi per miei problemi di salute e successivamente anche di mia moglie.

Per arricchire la mia conoscenza dell’antico Egitto e per seguire gli sviluppi delle ricerche mi sono iscritto a varie associazioni internazionali e nazionali:

  • International Association of Egyptologists
  • Amici del Museo Egizio di Torino
  • American Research Center in Egypt
  • Fondation Egyptologique Réine Elisabeth
  • Egypt Exploration Society
  • Associazione Culturale Harwa 2001
  • Centro Egittologico Comasco F. Ballerini

Dal 2020 non ho più rinnovato la mia iscrizione a queste associazioni a causa della mia situazione personale e famigliare.

Il mio antico interesse per l’Egitto si è alimentato anche partecipando come uditore a diversi incontri internazionali:

  • Convegno sulla Magia Egizia – Milano 29-31 ottobre 1985
  • Convegno sulla Valle dei Re – Tucson (Arizona) 26-27 ottobre 1994
  • International Congress of Egyptologists : Torino 1991 – Cambridge 1995 – Cairo 2000 – Grenoble 2004 – Rodi 2012 –  Firenze 2016

Grazie alla mia esperienza di visite in Egitto e alla documentazione raccolta in migliia di diapositive ho per anni diffuso la conoscenza dell’antico Egitto presso varie “Università della Terza Età”. Poi, nel 2006, il Centro Studi Archeologia Africana, che ha sede nel Civico Museo di Storia Naturale di Milano, mi ha offerto la possibilità di organizzare e tenere conferenze sull’antico Egitto presso l’aula magna dello stesso Museo. Ho svolto questa attività dal 2007 fino al gennaio del 2020, con conferenze mensili sull’Egitto antico. Il 2020 è un anno fatidico a causa del Covid e dei miei problemi personali e di mia moglie.

Ho scritto alcuni articoli e due libri :

  • All’ombra del divino – Il significato dei ventagli nelle rappresentazioni dell’antico Egitto (2016)
  • La longeva vitalità di fiabe e racconti mitici egizi – Alla ricerca di tracce di racconti mitici e fiabe egizi in fiabe moderne europee (2018)

Nel tempo ho raccolto centinaia di articoli e acquistato tanti (troppi) libri di egittologia di varii formati e dimensioni: mignon-normali-grandi-enormi (il formato imperiale).

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