Vi siete mai chiesti quando siano stati inventati i buoni pasto? L’idea di recarsi in un luogo pubblico, dove poter ritirare un pasto senza un effettivo pagamento in denaro o un baratto di merci, non può che essere frutto della modernità e di grandi contesti cittadini.

Forse.

Perché i risultati di uno scavo italiano in Azerbaijan potrebbero aver rivelato qualcosa di incredibilmente inaspettato…

L’area di scavo prima della campagna scavo 2024. Credits to UniCt

In un annuncio di inizio luglio ribattuto dall’ANSA, il prof. Nicola Laneri dell’Università di Catania ha rivelato in anteprima la scoperta di un edificio destinato ad aprire una piccola rivoluzione negli studi archeologici dell’Asia Centrale. La missione GaARKAP da lui diretta, in collaborazione con il CAMNES di Firenze e l’Accademia delle scienze di Baku, indaga dal 2018 il sito di Tava Tepecon l’obiettivo di studiare le società del Caucaso Meridionale dal IV al I millennio a.C.”. La regione è cruciale per la comprensione dello sviluppo e dei movimenti delle popolazioni indoeuropee, e della loro transizione dal nomadismo alla vita sedentaria. Non a caso, spesso scavi in quest’area si concentrano sui “kurgan”, tumuli funerari eretti al di sopra di sepolture, tipici delle popolazioni nomadiche; perciò l’indagine dei siti abitativi risulta di per sé estremamente preziosa. Con questa prospettiva il lavoro dei ricercatori italiani si era concentrato sulle abitazioni di Tava Tepe, fino a quando, lo scorso anno, è stata “riscontrata la presenza di una struttura di pianta circolare del diametro di 15 metri, che ne conteneva un’altra più piccola al suo interno”, datata al 1500 a.C. circa.

Veduta aerea dell’area della indagata. Credits to ANSA

Secondo le prime ipotesi, la struttura avrebbe potuto essere in qualche modo connessa a cerimonie religiose: forma e dimensioni, da sole, indicano che si trattava di un edificio pubblico. Alcuni particolari, tuttavia, lasciavano dubbi: “avevamo trovato un deposito di vasellame ceramico e non ne capivamo il perché” racconta il prof. Laneri. Poi, con la campagna di scavo 2024, la svolta: “è emersa una zona che custodiva cumuli di cenere e ossa animali, e resti di bracieri che servivano alla cottura di alimenti”, in parte ancora conservati all’interno di vasi. Ecco dunque che l’edificio è stato riconosciuto come una sorta di “mensa comune”, in cui gli abitanti del luogo potevano cuocere e consumare i pasti tutti insieme (secondo le prime informazioni, sono stati rinvenuti “oltre cento vasi” in un’area molto piccola). Ma le rivelazioni del 2024 non finiscono qui. In “cucina” (la zona separata con i bracieri e i resti animali) sono stati rinvenuti dei particolari gettoni di argilla con impronte umane (“token”); secondo la ricostruzione proposta dagli archeologi, si trattava di una sorta di “buono pasto”, grazie al quale era possibile ricevere la propria razione.

Alcuni dei vasi rinvenuti nell’area della “mensa” durante lo scavo. Credits to UniCt

Se così fosse, questo elemento indicherebbe una complessità sociale decisamente maggiore di quella immaginata fino ad oggi. Inoltre, è stato proposto che a fare largo uso di questi token fossero dei membri di passaggio delle popolazioni nomadi, che potrebbero averli ricevuti in cambio di altre merci lungo il percorso. Il sito di Tava Tepe, infatti, con la sua posizione sopraelevata rispetto alla valle del fiume Kura, potrebbe aver facilmente svolto il ruolo di tappa obbligata per le genti nomadi in transito. Non bisogna poi dimenticare il risvolto di religioso dell’edificio: la preparazione e consumazione dei pasti in comune dovrebbe aver avuto un ruolo all’interno di qualche cerimonia, ed è ancora presto per poter definire con chiarezza la funzione dei token.

La struttura circolare all’interno dello scavo, con alloggiamenti per vasi e focolari. Credits to UniCt

Quel che è certo è che, grazie a questo ritrovamento, Tava Tepe diventa un sito completamente unico; come affermato dallo stesso prof. Laneri, “ne erano stati trovati altri simili in Georgia ed Armenia, ma mai in questa zona e tantomeno con una cucina”. Attendiamo a brevissimo nuovi particolari su questa meravigliosa scoperta.

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Giulio Vignati

Nato nel 1997, grande appassionato di storia antica e storia in generale, frequenta il Liceo Classico a Milano diplomandosi nel giugno del 2016. Si iscrive poi al corso di laurea in Lettere con indirizzo Antichista presso l’Università degli Studi di Milano, laureandosi nell’ottobre del 2019 con una tesi in Epigrafia Latina dal titolo “Gli equites nella documentazione epigrafica di Brixia”. Passa poi al corso di laurea magistrale in Archeologia presso la medesima università, specializzandosi in storia e archeologia del Vicino Oriente Antico e conseguendo la laurea con una tesi di ambito vicino-orientale dal titolo “Produzione e circolazione di manufatti d’argento tra Anatolia e Mesopotamia Settentrionale durante il Bronzo Medio”. Dal 2020 è membro della missione italiana in Turchia PAIK, che scava presso l’antico sito anatolico di Kaniš/Kültepe, e della missione italiana nel Kurdistan Iracheno MAIPE, che scava presso gli antichi siti di Tell Aliawa e Tell Helawa, partecipando alle operazioni di scavo, documentazione e post-scavo di entrambi i progetti.
 

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