© 2023 Martinez et al.
Un team di ricercatori internazionali ha svelato dei particolari interessanti sulle pitture parietali delle tombe egizie di Menna (TT 69) e di Nakhtamon (TT 341), localizzate nella necropoli tebana di el-Qurna, famosa per le sue Tombe dei Nobili. Le analisi sono avvenute tramite macrofotografia e spettroscopia di fluorescenza a raggi X (XRF), tecnica non invasiva utilizzata per esaminare superfici dipinte e inchiostro di manoscritti. La squadra, nell’ambito delle ricerche svolte in collaborazione tra la Missione Archeologica Francese a Tebe Ovest (MAFTO) e il Centro di Studi e di Documentazione sull’Antico Egitto, che fa capo al Ministero delle Antichità egiziano, è composta da ricercatori affiliati al CNRS francese, all’università belga di Liegi, a quelle francesi di Grenobles Alpes e Sorbona, e all’Emory University di Atlanta. Lo studio, dal titolo Hidden mysteries in ancient Egyptian paintings from the Theban Necropolis observed by in-situ XRF mapping (Misteri nascosti nelle antiche pitture egizie dalla Necropoli di Tebe osservati in situ dalla mappatura XRF), è stato recentemente pubblicato sulla rivista PLoS ONE.
Gli studi moderni sulle pitture presso gli antichi egizi non sono nuove. Grazie alle decorazioni incomplete sulle pareti dei templi o su quelle delle cappelle funerarie, ad esempio, si è cercato di riprodurre il processo pittorico utilizzando i noti strumenti archeologici. Indagini di tipo fisico-chimico sono state finora applicate solo in particolari casi, come nella tomba di Tutankhamon (KV 62), della regina Nefertari (QV 66), e in quella di Menna, ora ripresa in esame dallo stesso progetto che la indagò una decina di anni fa. Queste analisi sono molto importanti poiché arricchiscono, e continueranno a farlo, i dati in nostro possesso che, senza l’uso delle odierne e non invasive tecnologie, rimarrebbero nell’oblio.
L’utilizzo dello XRF permette di approfondire la tipologia dei pigmenti scelti durante la stesura dei colori consentendo di analizzarne la composizione chimica, nonché della loro modalità di applicazione sulle superfici. Se nel caso della tomba di Menna la modifica effettuata nel corso dell’applicazione della pittura da parte degli artisti egizi è oggi visibile ad occhio nudo, lo stesso non si può dire per quella di Nakhtamon.
Nella scena proveniente dalla tomba di Menna (XVIII dinastia), il defunto e la sua consorte stanno adorando il dio Osiride posto di fronte a loro (ala meridionale della prima camera trasversale, muro meridionale). Si può notare come il braccio sinistro del defunto sia attualmente leggermente spostato verso di lui rispetto all’originaria localizzazione.
Questa differenza, che è oggi visibile a causa delle modifiche chimiche subite dai pigmenti nel corso dei secoli, al tempo del regno di Thutmosis IV, di cui Menna era “Scriba dei campi del Signore delle Due Terre”, non era ovviamente manifesta. Molto interessante la critica mossa dall’equipe di studiosi: noi, secondo il nostro modo di pensare contemporaneo, attribuiremmo questa modifica ad una mera questione estetica. E se, invece, la rettifica della posizione del braccio sinistro di Menna nell’atto di adorare Osiride avesse avuto per gli antichi egizi un valore di tipo religioso/cultuale? Una domanda alla quale non abbiamo, almeno ad oggi, risposta.
Diverso è il caso della rappresentazione del faraone Ramses II all’interno della tomba di Nakhtamon, “Sorvegliante dell’altare del Ramesseum”. La datazione della tomba, prima ascritta alla XIX dinastia, secondo recenti studi stilistici andrebbe collocata nella XX dinastia, e dunque il suo proprietario era addetto al culto del sovrano defunto e divinizzato. La raffigurazione si trova sul muro occidentale dell’ala settentrionale della camera trasversale. Anche questa è una scena di offerta da parte del defunto e della sua famiglia al dio Ptah-Sokar-Osiride, dietro al quale è rappresentato Ramses II.
Le analisi sul sovrano, caratterizzato da un accenno di barba giovanile e pomo d’Adamo accentuato, hanno fatto emergere che la corona blu khepresh, lo scettro heka e il collare wesekh attualmente visibili, furono utilizzati per modificare le rappresentazioni precedenti. Di particolare interesse è il fatto che, prima di essere realizzato il collare wesekh, Ramses II era stato raffigurato con il collare shebyu, usato dai sovrani Amenhotep III e Amnehotep IV/Akhenaton, scomparso successivamente, ma ritornato in voga con i sovrani della tarda XX dinastia. Anche in questo caso, si può solo speculare, ma potrebbe non essere improbabile che le modifiche siano state realizzate per rispondere ad un cambiamento di tipo ideologico.
Ancora una volta, ci viene mostrato come l’interdisciplinarità sia fondamentale nello studio, nell’analisi e nella comprensione del passato, e che non tutto quello che osserviamo a occhio nudo è cristallizzato al momento in cui lo guardiamo.
Fonte:
Martinez P, Alfeld M, Defeyt C, Elleithy H, Glanville H, Hartwig M, et al. (2023) Hidden mysteries in ancient Egyptian paintings from the Theban Necropolis observed by in-situ XRF mapping. PLoS ONE 18(7): e0287647. https://doi.org/10.1371/journal.pone.0287647