La storia dell’arte del trucco è antichissima: molto noti sono, ad esempio, i “cosmetici anti-batterici” degli antichi Egizi, o i tossici “rossetti” a base di piombo dei Romani. I nostri lettori più attenti ricorderanno anche di un articolo di qualche mese fa (Il rossetto più antico della storia scoperto da un padovano! – MediterraneoAntico), nel quale si annunciava il rinvenimento da parte di un professore padovano di un antichissimo “rossetto” proveniente dall’Iran. Si trattava in quel caso del più antico “cosmetico per labbra” mai rinvenuto, con un’età approssimativa di 5.000 anni. Eppure, esistono dei prodotti di bellezza ancora più antichi, e non di poco! È notizia di queste settimane, per esempio, il ritrovamento di una antichissima “matita per occhi” (kohl), che avrebbe quasi il doppio degli anni del rossetto Jiroft di cui sopra.
La scoperta è avvenuta a Yeşilova, piccolo centro della Turchia sud-occidentale, in cui dal 2005 lavorano archeologi dell’Università di Ege, guidati dal prof. Zafer Derin. Qui essi hanno indagato i resti di un sito Neolitico, occupato tra il 6.500 e il 4.000 a.C. circa. È stato proprio durante lo scavo di un tumulo datato al 6.200 a.C. circa che il cosmetico è tornato alla luce. Si tratta di una pietra di forma conica, molto sottile, nera e completamente liscia, lunga quasi 10 centimetri. Sulla punta, esile ma “arrotondata”, è stato identificato un pigmento di colore scuro, che ha subito fatto sospettare che l’oggetto fosse una specie di strumento da disegno. Le analisi di laboratorio, poi, hanno parzialmente confermato l’ipotesi: la sostanza rinvenuta è risultata essere a base di ossido di manganese, il tipico elemento alla base del cosiddetto “kajal/kohl”. Si tratta di nient’altro che dell’“ombretto” dell’antichità, usato in polvere fin dalla Preistoria per proteggere gli occhi dal sole e da alcuni batteri, e per dare profondità allo sguardo.
La pietra in questione, perciò, è stata unanimemente identificata in uno strumento per la cosmesi, e in particolare come una sorta di antichissima “matita per occhi”, usata come le corrispettive moderne per pigmentare il bordo delle palpebre, ma anche le sopracciglia e i contorni degli occhi in generale. Inoltre, considerate le sue dimensioni abbastanza ragguardevoli, gli esperti turchi hanno anche proposto che lo strumento fosse impiegato come mezzo per decorare anche altre zone del corpo, non meglio specificate. Questo ritrovamento, oltre a costituire a tutti gli effetti il più antico del suo genere (oltre 8.000 anni!), fornisce l’occasione per aprire un interessante dibattito in merito all’“arte del make-up” nell’antichità: qual era la sua funzione principale? Si trattava, come oggi, di un fatto puramente estetico, o aveva un qualche scopo pratico?
A livello accademico, la questione resta in gran parte aperta: è ormai noto che molti “trucchi” antichi avessero delle funzioni pratiche (ad esempio, la protezione degli occhi dalla luminosità del sole, da alcuni batteri e perfino come repellente per insetti molesti). Eppure, non c’è accordo sulla natura di queste proprietà pratiche: funzione originaria o fortunata conseguenza di una moda esclusivamente estetica? Certamente, con il passare dei secoli le eventuali motivazioni pragmatiche caddero in disuso, a tutto favore della semplice cura della bellezza. Addirittura, le matrone romane arrivarono a un celebre quanto tragico paradosso della cosmesi, cospargendosi le labbra di rosse miscele a base di piombo, che le avvelenavano lentamente portandole, in alcuni casi, a una morte prematura.
Eppure, a ben guardare, quel che di più interessante ci rivela questa scoperta archeologica va al di là della questione scientifica: non è forse incredibile e commovente immaginare una donna di 8.000 anni fa, in piena Preistoria, mentre si passa la matita intorno agli occhi prima di lasciare la sua antidiluviana dimora? A ricordarci un’altra volta che i secoli passano, le civiltà sorgono e cadono, le tecnologie evolvono, ma la natura più intima e profonda degli esseri umani rimane la stessa.