Nascita della scrittura: scoperta eccezionale dell’Università di Bologna

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Una vecchia nozione dei sussidiari delle elementari, che milioni di studenti hanno mandato a memoria, recita più o meno così: “quando in Mesopotamia viene inventata la scrittura e compaiono i primi documenti scritti, la Preistoria giunge al termine e inizia la Storia”. Si tratta, naturalmente di una convenzione, che ha una sua logica e una sua funzionalità. Tuttavia, non tiene conto di un fatto importante: l’invenzione della scrittura non fu dovuta a una geniale trovata di un singolo o di un piccolo gruppo di studiosi, come accaduto per il telescopio o per la bomba atomica, ma si trattò di un processo graduale della durata di alcuni secoli.

La prof.ssa Silvia Ferrara di Unibo, esperta degli antichi sistemi di scrittura cuneiforme. Credits to Il Messaggero

Nell’individuare un “prima” e un “dopo”, quindi, si crea una zona grigia di circa mezzo millennio: qual era la situazione in quel periodo? Come si arrivò alla scrittura? Uno studio italiano, condotto presso l’Università di Bologna sotto la guida della professoressa Silvia Ferrara e appena pubblicato sulla rivista Antiquity, potrebbe fornire risposte rivoluzionarie. Si parte da alcune ricostruzioni ormai date per certe: la celebre scrittura cuneiforme, la prima della storia dell’umanità, nacque come evoluzione di un precedente “sistema pittografico” (cioè un sistema di comunicazione in cui si disegna ciò che si vuole comunicare: come un fumetto senza le nuvole di dialogo). Questo sistema pittografico, usato da centinaia di individui nel corso di cinquecento anni, avrebbe perso sempre più dettagli nelle sue figure, selezionandone le più semplici da riprodurre e rendendole più “stilizzate”. Il passo finale e decisivo sarebbe stato l’associare il simbolo non più (solo) a una specifica parola, ma a un suono preciso: una volta che i segni indicavano non più parole, ma suoni, potevano essere combinati per formare parole e frasi complesse.

Un’antica tavoletta con iscrizione in caratteri cuneiformi.

Per capire l’evoluzione dal sistema pittografico alla scrittura cuneiforme vera e propria, i ricercatori di Bologna hanno concentrato la loro attenzione sul “proto-cuneiforme”, un sistema ibrido di scrittura in uso tra il 3350 e il 3000 a.C. In questo sistema, solo un limitato numero di simboli era impiegato per esprimersi, ma non ancora a un livello di astrazione tale da poter essere considerato il punto di arrivo del processo. Ed è qui che arriva la teoria innovativa dei ricercatori: perché proprio quelle figure, e non altre, furono selezionate? Com’è possibile che popolazioni sparse su un’area enorme come la Mesopotamia, per quanto culturalmente affini, siano riuscite a far convergere i propri sforzi verso un punto comune? La risposta potrebbe risiedere in un tipo di reperti archeologici estremamente interessante e tipico di questa terra, ma non molto famoso: i sigilli. In un’epoca di documenti d’argilla e senza scrittura, i funzionari delle città, i sovrani, i sacerdoti, i mercanti e tutti coloro che avevano bisogno di spedire un documento o sigillare un vaso, necessitavano di una “firma” unica e inconfondibile.

Un antico sigillo cilindrico (a sx) e la sua impronta sull’argilla (a dx). Credits to © Olaf M. TeBümer/SMB-Vorderasiatisches Museum

Nacquero così i sigilli, strumenti solitamente in pietra con una superficie decorata in maniera unica: imprimendone l’impronta su una tavoletta o sulla sigillatura di un recipiente, si otteneva una specie di unione tra una firma e un timbro personale, che attestavano in maniera inconfondibile l’identità del proprietario. Questo tipo di oggetti era in uso fin dalla metà del V millennio, e secondo i ricercatori potrebbe aver portato alla selezione delle “immagini” poi evolutesi in caratteri cuneiformi: se infatti le singole decorazioni di ogni sigillo dovevano essere uniche, esse erano spesso varianti differenti di scene simili. Scene di caccia, di costruzione, di preghiera, di commercio o di mitologia erano le più comuni, e a seconda dei periodi storici si possono identificare delle “mode” nello stile e nel contenuto. Tuttavia, dovendo le scene essere comprensibili a più persone possibile e circolando per tutta la Mesopotamia, i singoli elementi che le costituivano finirono per “standardizzarsi”: un vaso di grano doveva essere riconoscibile rispetto a uno di vino, così come una stoffa grezza da una stuoia.

Alcuni esempi di confronto tra sigilli e testi proto-cuneiformi portati dai ricercatori di Bologna. Credits to Kelley K, Cartolano M, Ferrara S., Antiquity (2024)

Questa prima “standardizzazione” delle immagini avrebbe creato, secondo la squadra della prof.ssa Ferrara, i presupposti per la selezione dei caratteri del proto-cuneiforme. Analizzando le immagini di centinaia di sigilli datati al 4400-3400 a.C., questi esperti hanno individuato delle forti somiglianze tra alcuni elementi ricorrenti nelle figurazioni e i caratteri del proto-cuneiforme (vedi immagine). Questa ipotesi non solo confermerebbe la ricostruzione del processo di nascita della scrittura, ma darebbe anche delle valide spiegazioni a problemi di tipo pratico già esposti in precedenza. Secondo le parole della prof.ssa Ferrara, “persone in vari ruoli e luoghi in tutta la Mesopotamia – inclusi commercianti, amministratori e leader – potrebbero aver lasciato il segno sul proto-cuneiforme”. Ciò non ha portato alla creazione di tanti sistemi alternativi, ma di uno solo, perché… tutti partivano da uno stesso set di segni, diffuso e condiviso attraverso i sigilli e le loro impronte!

Altri esempi di confronto tra sigilli e testi proto-cuneiformi portati dai ricercatori di Bologna. Credits to Kelley K, Cartolano M, Ferrara S., Antiquity (2024)

L’ipotesi non ha ancora trovato piena accoglienza da parte della comunità scientifica e necessiterà di ulteriori approfondimenti per essere accettata, eppure possiamo dire per certo che i ricercatori italiani stanno contribuendo in primissima linea allo scioglimento di questo enigma millenario!

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Giulio Vignati

Nato nel 1997, grande appassionato di storia antica e storia in generale, frequenta il Liceo Classico a Milano diplomandosi nel giugno del 2016. Si iscrive poi al corso di laurea in Lettere con indirizzo Antichista presso l’Università degli Studi di Milano, laureandosi nell’ottobre del 2019 con una tesi in Epigrafia Latina dal titolo “Gli equites nella documentazione epigrafica di Brixia”. Passa poi al corso di laurea magistrale in Archeologia presso la medesima università, specializzandosi in storia e archeologia del Vicino Oriente Antico e conseguendo la laurea con una tesi di ambito vicino-orientale dal titolo “Produzione e circolazione di manufatti d’argento tra Anatolia e Mesopotamia Settentrionale durante il Bronzo Medio”. Dal 2020 è membro della missione italiana in Turchia PAIK, che scava presso l’antico sito anatolico di Kaniš/Kültepe, e della missione italiana nel Kurdistan Iracheno MAIPE, che scava presso gli antichi siti di Tell Aliawa e Tell Helawa, partecipando alle operazioni di scavo, documentazione e post-scavo di entrambi i progetti.
 

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