Il team di Paolo Giulierini continua a smarcare con regolarità ogni punto inserito nella prestigiosa lista di cose da fare, redatta fin dal suo insediamento alla guida del MANN (Museo Archeologico Nazionale di Napoli).
Ricordiamo con piacere il riordino, lo studio e la fruizione delle collezioni Egizia ed Epigrafica, solo per citare un paio di punti che erano in agenda, ai quali dall’11 luglio si aggiunge la riapertura al pubblico di un altro pezzo di museo straordinariamente importante: la collezione Magna Grecia.
I 400 reperti che la compongono erano inaccessibili dal 1996 nonostante rappresentino un unicum nel panorama museale internazionale. La storia che raccontano è quella del Meridione preromano con le sue caratteristiche insediative, l’organizzazione politica, gli aspetti artistico religiosi e l’integrazione tra uomini che navigavano i mari ed altri uomini che in prossimità del mare ci vivevano.
Il direttore Giulierini con giustificato orgoglio dice: “Restituiamo oggi al Museo Archeologico Nazionale di Napoli una parte fondamentale della sua identità. Il riallestimento dopo più di 20 anni della collezione Magna Grecia, tra le più ricche e celebri al mondo, è l’esito di un vasto piano di investimenti per il riassetto dell’ala occidentale dell’edificio destinata ad accogliere le testimonianze dell’epoca preromana”.
E proprio in quest’ala si trovano le 14 sale che accolgono l’esposizione permanente che è stata appena inaugurata, attigue allo splendido Salone della Meridiana, organizzate come un viaggio a ritroso nella storia a partire dall’VIII secolo a.C. per arrivare fino alla conquista romana.
Partiamo quindi dall’inizio, ovvero…dai pavimenti!
Le sale CXIV, CXXVIII – CXXIX, CXXX – CXLIV hanno infatti un grandissimo valore aggiunto: i loro pavimenti sono stati realizzati in opus tassellatum e sectile, asportati da case e ville di Pompei, Ercolano, Stabia e dalla Villa Imperiale di Capri, databili tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C.
Grazie a queste meraviglie, sotto i nostri piedi scorre la storia della Campania romana, camminando letteralmente su materiali che erano presenti nelle ville d’Otium di Stabiae, come ad esempio il Complesso del Varano, la Villa di Arianna e i Praedia di Julia Felix. Dalla Villa dei Papiri di Ercolano proviene lo splendido pavimento circolare a file di triangoli concentrici (sala CXXXIX) che fu trovato nel 1751 nell’area nota come il Belvedere della Villa.
La domanda che sorge spontanea è la seguente: ma la grande quantità di visitatori che la collezione Magna Grecia attirerà, dovrà camminare su quei delicati pavimenti?
Certo, ma il flusso dei visitatori verrà rigidamente regolamentato e sarà obbligatorio indossare dei dispostivi che coprono le suole delle scarpe, gratuiti fino al 21 luglio e poi disponibili al costo di 1.50 euro. Banditi i tacchi a spillo!
E torniamo alla collezione, che dopo quasi vent’anni torna ad essere fruibile in modo permanente, proiettando il MANN tra i musei archeologici più importanti al mondo.
Una collezione antica che comincia a formarsi a partire dalla fine del Settecento e ad ampliarsi sistematicamente fino ai primi decenni del Novecento, soprattutto grazie ad acquisizioni e donazioni che confluiranno al Real Museo Borbonico, l’attuale Museo Archeologico Nazionale.
Il viaggio a ritroso nella storia che il nuovo allestimento propone si muove in due direzioni complementari tra loro. Da una parte si raccontano i momenti più significativi della ricerca archeologica nell’Italia meridionale, dall’altra si ricercano i valori fondanti entro i quali individuare l’identità peculiare della Magna Grecia, ereditati oggi – almeno dal punto di vista culturale e ideologico – da quella parte del meridione che fu interessata da questo percorso migratorio.
Tra la seconda metà del VIII e gli inizi del VII secolo a.C. vengono individuate le fasi più antiche della colonizzazione greca in Occidente, raccontate nel percorso espositivo da alcune sepolture provenienti da Pithekoussai e Cuma, dove i corredi funerari mostrano le forme dei primi contatti tra greci e popolazione indigena.
Gli aspetti mitico e religioso, con la ricostruzione dell’architettura sacra ove officiare culti e riti e l’insieme delle azioni votive popolari – utili quest’ultime ad alimentare e sostenere la coesione sociale tra le genti – documentano ampiamente l’età storica.
Il percorso continua narrando con splendidi reperti il tema della commensalità, che nella cultura greca aveva anche un significato ideologico. Viene proposta al visitatore una selezione di oggetti legati alla convivialità, specie quella legata al consumo del vino, che era codificata in un preciso rituale che assegnava a ciascun recipiente una specifica funzione. Vasi attici figurati datati al VI e V secolo a.C. mettono bene in evidenza non solo la ricchezza di chi li possedeva, ma anche l’articolata gestione della vita sociale di quel tempo.
Il percorso espositivo ci porta adesso in tre centri da cui provengono corposi nuclei di materiali che ci raccontano il progressivo ingresso nella scena politica dei campani e dei sanniti, dei lucani e degli apuli. Si tratta di Ruvo di Puglia, Canosa e Paestum.
A partire dagli ultimi decenni del V secolo a.C. il governo delle città greche passa progressivamente nelle mani di queste popolazioni italiche e ne sono prova tangibile i corredi funerari, che per gli studiosi sono importantissimi riferimenti per cogliere le varie fasi evolutive di una società.
Cambiamenti culturali e ideologici che però si innestano nella più antica cultura greca e che si riverberano nell’arte, che elabora nuove produzioni per tutta l’età ellenistica fino alla progressiva romanizzazione dell’intero territorio.
L’esposizione termina sottolineando l’importanza dell’entroterra campano con i centri di Nola e Cales (oggi Calvi Risorta) in provincia di Caserta, che per la sua posizione geografica e la morfologia del territorio, fin dal I millennio a.C. ha giocato un ruolo determinante nei contatti e negli scambi tra la costa tirrenica e quella adriatica e tra l’Italia centrale e quella meridionale.
Terrecotte, vasi, bronzi, ori e pitture parietali protagonisti di moltissimi libri di archeologia, adesso possono raccontare la loro storia dal vero, in un contesto appropriato e con un apparato didascalico che ne consente la fruizione.
“Il nuovo allestimento fa dialogare i centri della Magna Grecia con le realtà indigene dell’Italia antica e l’affermarsi di Roma, ponendo le collezioni magnogreche del MANN al cento di una storia di migrazioni, integrazioni e interrelazioni che continua a parlarci al presente”.
Il catalogo, come sempre ottimamente edito da Electa, consente di “portarsi a casa” un pezzo importante del museo, ma ancor di più della nostra storia antica raccontata dai saggi di validissimi studiosi che completano l’elenco delle opere esposte.
Un pensiero doveroso va al professor Enzo Lippolis, recentemente scomparso, il cui contributo alla realizzazione di questo progetto espositivo è stato fondamentale.
Un ringraziamento a Paolo Giulierini, direttore del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, per aver mantenuto fin qui ogni promessa fatta e a Marialucia Giacco, giovane funzionaria del MANN che è “vera protagonista” di questa complessa e articolata operazione che ha visto tornare a splendere – ma soprattutto a raccontare la propria storia – dei reperti archeologici unici al mondo.