Philip Galle, after Marten Van Heemskerck, Piramides Aegypti (1572)
“Immortal Egypt. The Afterlife of Egypt in Early Modern Visual Arts” (2023) è un workshop organizzato da Luisa Capodieci, docente di Storia culturale e sociale dell’arte (Université Paris 1 – Panthéon-Sorbonne) e da Laurent Bricault, professore di Storia Romana (Université Toulouse II Jean Jaurès). Esso si pone come ponte e dialogo tra due mondi: l’Egitto e le Arti Visive.
Nella loro presentazione del progetto, Bricault e Capodieci spiegano in modo chiaro e preciso che si tratta di “complesse interazioni tra continuità, discontinuità, sopravvivenza e rinascita attraverso l’utilizzo di strumenti di storia dell’arte, antropologia visuale e storia delle idee. […] La riflessione verterà sull’eredità di una strana, complessa, modificata, vicina e distante Antichità, così come il processo creativo che ne ha assicurato la sua posterità“.
Scopo del workshop, infatti, è quello di approfondire la trasmissione artistica di un Egitto che non solo non ha mai smesso di esistere nell’immaginario collettivo, ma che è anzi stato plasmato da coloro che l’hanno toccato. Così, secondo il loro approccio, personaggi quali Athanasius Kircher, Piero Valeriano, Giovanni Battista Piranesi e Frederik Ludvig Norden restituiscono alla società un Egitto trasformato, “inventato“, carico di significati che non corrispondono alla realtà. Iside, Harpocrates, Antinoo, obelischi, sfingi e geroglifici diventano allora garanti di un fulgido passato che viene riportato in voga e riproposto sotto una nuova veste.
Tre sono le città che ospitano l’evento:
Londra, Warburg Institute (3-4 marzo);
Roma, Bibliotheca Hertziana (13-14 aprile);
Parigi, Institut National d’Histoire de l’Art (1-2 giugno).
La scelta delle tre capitali è significativa: come specificato da Capodieci e Bricault, ognuna di esse “rappresenta una sfaccettatura della ricezione degli ægyptiaca nella società europea“.
Ringrazio il Prof. Laurent Bricault per le notizie e l’immagine di copertina fornitemi per l’articolo.