Faïence – Faenza
Dall’antico Egitto al contemporaneo
19 novembre 2021- 30 gennaio 2022
A cura di Daniela Picchi e Valentina Mazzotti
Mostra promossa da Istituzione Bologna Musei | Museo Civico Archeologico e Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza
In collaborazione con Istituzione Bologna Musei | Musei Civici d’Arte Antica e Bottega Gatti, Faenza
Nell’ambito di “Agorà Archeologia. La piazza vicino alla piazza”
Apertura al pubblico venerdì 19 novembre 2021 h 14.00
Bologna, 19 novembre 2021 – Prosegue dal 19 novembre 2021 al 30 gennaio 2022 la programmazione espositiva ideata dal Museo Civico Archeologico di Bologna nell’ambito di “Agorà Archeologia. La piazza vicino alla piazza”, lo spazio polifunzionale pensato per l’incontro e il confronto, così come avviene nella vicina Piazza Maggiore.
La seconda mostra dossier Faïence – Faenza. Dall’antico Egitto al contemporaneo, a cura di Daniela Picchi e Valentina Mazzotti, muove dall’indagine sull’ambivalenza semantica della parola ‘faenza’.
Mutuato dal toponimo della città romagnola, famosa da secoli in tutto il mondo per la produzione delle maioliche, il vocabolo è stato infatti traslato per pura convenzione a indicare anche un genere di ceramica a pasta colorata, porosa, rivestita con uno smalto bianco, brillante, a base di ossido di piombo e di stagno. Tali impasti possono essere a base argillosa (faenza) o silicea (faenza silicea) e avere un rivestimento vetroso trasparente (vetrina) o opaco (smalto). Le varianti degli impasti e dei rivestimenti hanno determinato nel corso dei secoli una grande pluralità di prodotti, di sviluppi tecnologici e di aree di diffusione.
Da un confronto scientifico con il Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza, istituzione museale che conserva la raccolta di arte ceramica più grande al mondo, – e in collaborazione con i Musei Civici d’Arte Antica di Bologna e la Bottega Gatti di Faenza – il focus tematico esplora le possibilità espressive delle due diverse interpretazioni attraverso un percorso esemplificativo e diacronico articolato in cinque sezioni che, partendo dalle faenze silicee dell’antico Egitto, definite faïence negli studi di settore, percorre gli sviluppi che di questo materiale ne fece il mondo islamico fino agli esiti rinascimentali in maiolica (faenza smaltata) e all’arte contemporanea di ambito faentino.
Apre la mostra la sezione “La faenza silicea ovvero la faïence nell’Egitto antico” con l’ushabti del faraone Sethi I. La statuetta fu trovata dal padovano Giovanni Battista Belzoni nella tomba di Sethi I a Tebe Ovest (1817). Per quanto il corredo funerario del sovrano contemplasse centinaia di ushabti, questo esemplare è particolarmente raro per materiale, dimensioni, qualità di esecuzione e tono di azzurro. Molte delle statuette erano infatti in legno oppure in faïence ma di dimensioni minori e meno dettagliate. Belzoni scoprì solo altre tre statuette simili, che mise in vendita a Londra nel 1822.
Gli ushabti sono statuette funerarie attestate dal Medio Regno all’Epoca Tolemaica (2046-306 a.C.). Da uno o pochi esemplari per tomba, il loro numero aumenta nel tempo sino a varie centinaia. Sostituivano il defunto nei lavori agricoli dell’aldilà, rianimandosi magicamente grazie al testo iscritto sul corpo (cap.VI, Libro dei Morti). La maggior parte degli ushabti ha aspetto mummiforme come il dio Osiris, più rari sono quelli in abito di vivente. Da fine Nuovo Regno sono prodotti prevalentemente in faïence.
Di notevole interesse, sempre dall’antico Egitto, anche i pettorali e gli scarabei del cuore: prodotti soprattutto in faïence, erano appoggiati sulla mummia per indurre il cuore a non tradire il defunto nel tribunale dell’Oltretomba. Le scene raffigurate attestano l’associazione del culto solare a quello di Osiris, signore dell’Oltretomba. Identificato allo scarabeo Khepri (il sole nascente), il defunto poteva aspirare alla rinascita eterna sotto la protezione delle dee Isis e Nephtis.
Nella sezione dedicata a “La faenza silicea nel mondo islamico” si segnala tra gli oggetti esposti, la brocca in faenza silicea con decorazione dipinta in nero sotto vetrina, di produzione Iraniana del XII-XIII secolo, che mostra sul corpo globulare una decorazione impressa a ‘nido d’ape’ a probabile imitazione delle coeve produzioni in vetro o in metallo. Di squisita realizzazione è poi il frammento di rivestimento murale, proveniente dall’Asia Centrale e datato al XV secolo. Il mattone, probabile bordura a un pannello decorativo, mostra un intreccio di girali che creano quadrilobi con all’interno piccoli trifogli. Il profondo intaglio dell’ornato a rilievo è evidenziato dalla densa e lucente invetriatura turchese. Sotto i Timuridi (1370-1507) i portali, le cupole e intere pareti di edifici furono ricoperte di elementi ceramici invetriati, in faenza e in faenza silicea, dalle forme geometriche e vegetali che si intrecciano insieme a eleganti iscrizioni.
Nella sezione dedicata a “La faenza dipinta a lustro tra Oriente e Occidente” di particolare interesse l’esemplare di albarello, in maiolica dipinta in blu e lustro da Valencia (Manises), metà XV sec. I ceramisti di Valencia derivarono la tecnica del lustro direttamente dagli artigiani musulmani, sviluppando nel corso del XV secolo una manifattura parallela a quella di Malaga. Essi adottarono un ricco repertorio decorativo di motivi vegetali a foglie di brionia, edera, felce, cardo, rosette, pseudo-margherite per decorare piatti, ciotole, scodelle ad ampia tesa e albarelli, questi ultimi desunti dal mondo islamico e divenuti popolari in Europa come contenitori per spezie e altri prodotti esotici dall’Oriente.
La sezione dedicata a “La fortuna di Faenza tra Rinascimento e Barocco” si apre con lo splendido calamaio in maiolica della fine del XV secolo, conservato ai Musei Civici d’Arte Antica di Bologna, che raffigura i quattro Santi protettori di Bologna e la città turrita.
L’imponente statua in ceramica policroma ErmEstEtica AiDialettica, sposta infine il focus della mostra al XX secolo, con un assoluto protagonista dell’arte contemporanea, Luigi Ontani. Sperimentatore e anticonformista, unisce ironia e narcisismo, mito e favola, tra Oriente e Occidente. In questa elegante Erma, l’omaggio è alla cultura egizia nella sua icona emblematica. Le ErmEstEtiche sono sculture realizzate in collaborazione con la Bottega Gatti di Faenza. Ogni Erma raccoglie simboli, icone, miti, con l’immancabile auto rappresentazione dell’autore.
LE SEZIONI DELLA MOSTRA
La faenza silicea ovvero la faïence nell’Egitto antico
Le prime produzioni di faenza silicea attestate in Egitto datano al IV millennio a.C. Si tratta di perline rinvenute in alcune tombe non elitarie della necropoli E ad Abido di epoca pre-dinastica, con le quali si intendeva forse imitare quelle in turchese attestate nelle sepolture della vicina necropoli elitaria U. Già durante il precedente periodo badariano, comunque, si era sperimentata l’applicazione di una vetrina su perline in steatite, una tecnica che gli Egiziani continuarono ad usare parallelamente alla produzione della faïence ben oltre il periodo faraonico.
Da allora in poi la produzione della faïence, che gli Egiziani chiamavano ‘la brillante’, si diffuse progressivamente sia in ambito regale – basti pensare alle mattonelle rinvenute nei corridoi sotterranei della piramide a gradoni di Gioser a Saqqara – sia in ambito privato. Le caratteristiche estetiche così come le molteplici declinazioni cromatiche, oltre alla facilità di reperimento delle materie prime la resero un materiale di grande attrattiva e di ampia diffusione. Per quanto la faïence permettesse di emulare le caratteristiche delle pietre dure, talvolta sostituendole, non va assolutamente considerata un materiale povero. Lo dimostra l’ampio utilizzo che ne fecero i sovrani di Nuovo Regno per decorare gli interni dei palazzi, per arricchire i corredi funerari e per infiniti altri manufatti di uso quotidiano. Un ulteriore aspetto da considerare è la valenza magica attribuita a questo materiale, nel quale furono prodotti gran parte degli amuleti utilizzati in vita e in ambito dagli Egiziani, ma anche un numero considerevole di statuette funerarie del tipo ushabti.
Ad oggi sono noti pochi luoghi di produzione della faïence in Egitto e rimangono ancora incerti alcuni aspetti tecnologici del processo produttivo.
La faenza silicea nel mondo islamico
La fortuna in ceramica degli impasti chiari a base silicea perdurò nelle migliori produzioni islamiche. Probabilmente già nel corso dell’XI secolo i vasai egiziani presero ad aggiungere quantità crescenti di quarzo macinato e vetro polverizzato per schiarire gli impasti argillosi e renderli progressivamente più fini e compatti.
Per la formulazione della faenza silicea un importante riferimento è il trattato sulla ceramica islamica scritto nel 1301 da Abu’l Qasim, esponente di una famiglia di vasai di Kashan: dieci parti di silice (sabbia), una parte di fritta alcalina (vetro macinato) e una parte di argilla bianca. Proprio l’Iran fu un altro grande produttore di questo materiale, la cui industria si sviluppò già dalla fine dell’XI secolo in parallelo con quella egiziana.
I vasai persiani iniziarono soprattutto in epoca selgiùchide tra il tardo XII e il XIII secolo a esplorare le potenzialità della faenza silicea attraverso l’utilizzo delle vetrine monocrome e codificarono un ampio repertorio di forme e decorazioni debitrici nei confronti delle precedenti tradizioni locali e delle altre arti decorative, come i metalli. Il candore dei corpi ceramici venne enfatizzato dalle invetriature incolori, spesso ravvivate dai toni del turchese, che era la soluzione cromatica più comune e apprezzata all’epoca per conferire nitidezza e profondità alle decorazioni incise e intagliate, anche per la pittura sotto vetrina spesso in nero oltre che in blu, diffusasi in Iran soprattutto sul finire del XII secolo in parallelo con l’ambito siro-egiziano.
Gli impasti silicea furono largamente adottati anche in ambito architettonico. La cultura islamica seppe fare un utilizzo estremamente virtuoso delle ceramiche con invetriature colorate per ricoprire non solo i portali e le cupole, ma anche intere pareti di edifici sacri e palazzi.
La faenza dipinta a lustro tra Oriente e Occidente
La pittura a lustro è tra le tecniche decorative più sofisticate messe a punto dai vasai islamici spesso in associazione alla faenza silicea. Già perfettamente sviluppata nell’Iraq abbàside del IX-X secolo, questa antica tecnica mutuata dall’arte vetraria giunse in Egitto sul finire del X secolo e conseguì vette di grande virtuosismo nella ceramica persiana del XII-XIII secolo. Il lustro è un complesso procedimento decorativo, applicato sul rivestimento vetroso già cotto, che dopo successiva cottura a temperatura relativamente bassa (tra i 650 e i 700°C) in ambiente riducente consente di ottenere pellicole metalliche dai riflessi iridescenti della madreperla e dalle tonalità generalmente giallo dorate e rosso rubino.
Nella ceramica selgiùchide a lustro è frequente l’impiego del colore blu come decorazione o come rivestimento. Anche durante la successiva dinastia ilkhànide (1256-1335), salita al potere dopo l’invasione dei mongoli di Gengis Khan, la tecnica del lustro continuò a prosperare, soprattutto nelle mattonelle, dette kashanì o kashì in persiano dal centro di Kashàn, dove questa produzione raggiunse livelli quasi industriali.
La tecnica del lustro giunse poi in Occidente a seguito della conquista musulmana della Penisola Iberica che ebbe inizio nel 711 d.C. e terminò nel 1492 con la presa di Granada da parte dei re cattolici. Nell’Occidente islamico però il lustro non fu mai associato alla faenza silicea. Nel secondo decennio del XIII secolo gran parte della Spagna venne conquistata dal re aragonese di Castiglia ad eccezione di Malaga e Granada, con le rispettive regioni. Gli Aragonesi fecero tesoro delle tecniche ceramiche e dei repertori artistici del periodo precedente, dando vita al cosiddetto ‘stile moresco’, del quale sono uno splendido esempio le faenze smaltate (maioliche) con decorazione dipinta a lustro prodotte a Valencia nei secoli XV-XVII. Spesso al lustro si aggiungono motivi dipinti in blu cobalto di chiara ispirazione islamica. Questa produzione, caratterizzata da decori geometrici, ma anche ornati fioriti, si deve probabilmente all’arrivo da Malaga di mastri ceramisti islamici. Le forme tipiche sono scodelle ad ampia tesa di diverse dimensioni e albarelli per contenere erbe officinali e vivande.
L’apprezzamento per il vasellame “ispano-moresco” sviluppò un ampio commercio in tutta Europa e anche nel Vicino e Medio Oriente, soprattutto di grandi piatti da pompa, spesso dipinti con animali araldici e stemmi gentilizi delle famiglie committenti. Questi manufatti esercitarono una notevole influenza stilistica sulla ceramica italiana del Quattrocento e del Cinquecento. I pregiati lustri di Valencia stimolarono inoltre la trasmissione di questa raffinata tecnica in Italia e le fabbriche di Deruta e Gubbio si distinsero nel corso del XVI secolo per la produzione di splendide maioliche lustrate.
La fortuna di Faenza tra Rinascimento e Barocco
Sin dal Medioevo Faenza si distinse come centro ceramico di primaria importanza, tanto da legare il proprio nome alla tipologia che nei secoli maggiormente la contraddistinse, la maiolica per l’appunto, conosciuta dagli inizi del ‘600 in tutta Europa con il termine faïence.
Tra la fine del ‘400 e gli inizi del ‘500 si impose una cultura decorativa squisitamente rinascimentale, soprattutto con il progressivo attestarsi della figura umana, dipinta sulla superficie maiolicata del vasellame ma anche modellata in magnifiche composizioni scultoree di tematica devozionale (Madonna con Bambino, Pietà, Compianto e Natività) e profana con scene tratte dai miti della classicità, spesso ad adornare i servizi da scrittoio. Di incerta attribuzione tra Romagna (Faenza) e Marche, sono certamente tra i materiali più suggestivi del primo Rinascimento per la loro rarità e la forza espressiva del modellato plastico.
Sono coeve le raffigurazioni pittoriche del vasellame amatorio con “belle”, recante l’effige idealizzata della persona amata, da cui si giunse alla formulazione di vere e proprie “istorie”. A partire dai primi decenni del Cinquecento con l’affermarsi del genere “istoriato” i maestri maiolicari faentini elaborarono sul vasellame di pregio rappresentazioni mitologiche, bibliche e di storia romana, tratte da stampe sciolte o illustrazioni di libri.
Ma la vera fortuna degli artefici faentini fu l’elaborazione a partire dalla metà del XVI secolo di uno stile antitetico al vivace decorativismo e cromatismo delle maioliche precedenti, che per la predominanza dello smalto bianco, coprente e applicato a spessore, assunse la denominazione di “bianchi” di Faenza. All’adozione di forme sempre più elaborate e fastose, dalle superfici spesso mosse e traforate, corrispose una netta contrazione della decorazione, talora inesistente, tracciata con pennellate rapide ed essenziali, da cui il termine “compendiario” per indicare tale stile pittorico. La fortuna dei “bianchi” si protrasse per tutto il XVII secolo, alimentata 5
dall’apprezzamento per gli esemplari delle botteghe di Virgiliotto Calamelli, dei Bettisi e di Enea Utili, solo per citare le più famose.
Faenza e l’arte contemporanea
Le ‘faenze’ nel XX secolo approdano ad una nuova inedita dimensione scultorea. Da Fontana a Leoncillo, da Melotti a Valentini, differenti esperienze hanno valorizzato questo antico linguaggio.
Un assoluto protagonista dell’arte contemporanea che si è misurato con la maiolica è Luigi Ontani. Sperimentatore e anticonformista, unisce ironia e narcisismo, mito e favola, tra Oriente e Occidente. Nell’elegante Erma esposta in mostra (ErmEstEtica AiDialettica), l’omaggio è alla cultura egizia nella sua icona emblematica. Le ErmEstEtiche sono sculture realizzate in collaborazione con la Bottega Gatti di Faenza. Ogni Erma raccoglie simboli, icone, miti, con l’immancabile auto rappresentazione dell’autore.
CONFERENZE E LABORATORI
In occasione della mostra, il Museo Civico Archeologico di Bologna e il Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza hanno ideato un breve ciclo di conferenze abbinate a laboratori ceramici per ragazzi e adulti.
Sabato 20 novembre 2021
h 16.00 | Sala Risorgimento
La faïence nell’antico Egitto
Conferenza con Daniela Picchi (egittologa, Museo Civico Archeologico di Bologna e co-curatrice della mostra e Anna Maria Lega (docente di tecnologia ceramica)
La parola “faenza” indica sia il toponimo della località, famosa in tutto il mondo per la produzione ceramica, sia un particolare tipo di ceramica. L’incontro offrirà l’occasione per approfondire usi e tecniche di produzione della faïence nell’antico Egitto.
Ingresso libero fino ad esaurimento posti disponibili.
h 16.00 | Aula didattica
Laboratorio per ragazzi da 7 a 11 anni
A cura di Dario Valli (Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza), con la collaborazione di Cooperativa Arcobaleno, Bentivoglio
Dopo una breve visita alla collezione egiziana del museo, con compilazione della scheda-gioco da disegnare per appuntarsi i particolari decorativi e morfologici dei vari reperti attinenti al tema, sarà possibile creare in laboratorio la propria “maschera del Faraone”: dal disegno su carta, al ricalco su una sfoglia di terraglia sagomata, alla rifinitura con perle di vetro di Murano infisse nell’argilla morbida.
Costi: attività e ingresso museo gratuiti.
Prenotazione obbligatoria:
www.comune.bologna.it/archeologico/eventi/47655/date/2021-11-17/id/106125
Sabato 11 dicembre 2021
h 16.00 | Sala Risorgimento
Faenza e le sue varie storie
Conferenza con Valentina Mazzotti (conservatrice Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza e co-curatrice della mostra)
La parola “faenza” indica sia il toponimo della località, famosa in tutto il mondo per la produzione ceramica, sia un particolare tipo di ceramica. L’incontro offrirà l’occasione per approfondire usi e tecniche di produzione della faenza attraverso i secoli.
Ingresso libero fino ad esaurimento posti disponibili.
h 16.00 | Aula didattica
Bèi Profili. Gentili Donne e lor cavalieri
Laboratorio per ragazzi da 7 a 11 anni
A cura di Dario Valli (Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza), con la collaborazione di Cooperativa Arcobaleno, Bentivoglio.
Dopo una breve visita alle ceramiche rinascimentali della mostra Faïence – Faenza. Dall’antico Egitto al contemporaneo, con compilazione della scheda-gioco da disegnare per appuntarsi i particolari decorativi delle opere attinenti al tema, sarà possibile creare in laboratorio un dono per la persona a noi cara, idealmente ritratta, dal disegno su carta alla pittura policroma su disco di terraglia, dipinto con gli ingobbi colorati sull’argilla cruda.
Costi: attività e ingresso museo gratuiti.
Prenotazione obbligatoria:
www.comune.bologna.it/archeologico/eventi/47655/date/2021-11-17/id/106126
Sabato 15 gennaio 2022
h 14.30 | Aula didattica
Tra pieni e vuoti. I bianchi di Faenza
Laboratorio per il pubblico adulto
A cura di Dario Valli (Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza), con la collaborazione di Cooperativa Arcobaleno, Bentivoglio.
Dopo una breve visita ai “Bianchi” faentini esposti nella mostra Faïence – Faenza. Dall’antico Egitto al contemporaneo, con compilazione della scheda-gioco da disegnare per appuntarsi i particolari decorativi delle opere attinenti al tema, sarà possibile creare in laboratorio delle forme d’uso, sia aperte che chiuse, realizzate con la tecnica del decoro a traforo che, partendo dai “Bianchi”, caratterizza, con varianti e modifiche, tante produzioni ceramiche successive.
Costi: attività e ingresso museo gratuiti.
Prenotazione obbligatoria:
www.comune.bologna.it/archeologico/eventi/47655/date/2021-11-17/id/106127
h 16.00 | Sala Risorgimento
Faenze contemporanee
Conferenza con Claudia Casali (direttrice Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza)
La parola “faenza” indica sia il toponimo della località, famosa in tutto il mondo per la produzione ceramica, sia un particolare tipo di ceramica. L’incontro offrirà l’occasione per conoscere la produzione artistica contemporanea delle botteghe faentine.
Ingresso libero fino ad esaurimento posti disponibili.
VISITE GUIDATE ALLA MOSTRA PER IL PUBBLICO ADULTO
A cura di ASTER
Domenica 21 novembre 2021 h 16.00
Mercoledì 8 dicembre 2021 h 16.00
Domenica 26 dicembre 2021 h 16.00
Domenica 26 dicembre 2021 h 17.00
Domenica 23 gennaio 2022 h 16.00
Costi: biglietto museo (visita guidata gratuita)Prenotazione obbligatoria: per prenotare è necessario scrivere all’indirizzo musarcheoscuole@comune.bologna.it indicando numero di persone e cellulare, entro le h 18.00 del giorno precedente la visita.