© Veneranda Biblioteca Ambrosiana/Mondadori Portfolio

Un progetto di ricerca condotto dal Centre Léon Robin de recherches sur la pensée antique (Centro Léon Robin per le Ricerche sul Pensiero Antico) del Centro Nazionale di Ricerca Scientifica (CNRS) francese, finanziato dalla Sorbonne Université di Parigi, in collaborazione con la New York University e il laboratorio Lumière Technology, ha finalmente svelato pagine di palinsesto in greco in un manoscritto latino conservato presso la Veneranda Biblioteca Ambrosiana di Milano. Le immagini sono state acquisite tramite l’utilizzo delle tecniche non invasive di fluorescenza a raggi ultravioletti e riflettanza multispettrale.

Ambrosianus L 99 sup., p. 190, ll. 14–23 – immagine logaritmica multispettrale a colori dalla Early Manuscripts Electronic Library, elaborata da Keith T. Knox. © Veneranda Biblioteca Ambrosiana/Mondadori Portfolio – Archive for History of Exact Sciences

Nei manoscritti, un palinsesto è il riuso dei fogli originari iscritti che vengono successivamente puliti rimuovendo l’inchiostro tramite raschiatura o lavaggio per essere, appunto, riutilizzati. Ciò accadeva non solo per eliminare un testo che non combaciava con il pensiero del momento, ma anche per disuso di quel testo o per mancanza di materia prima: realizzare un supporto scrittorio in pergamena richiedeva tempo e risorse economiche non indifferenti, essendo fabbricato con pelle animale.

Il manoscritto in questione, catalogato Milano, Veneranda Biblioteca Ambrosiana, L 99 sup., è di VIII sec. e proviene dall’abbazia di San Colombano di Bobbio, uno dei centri monastici più importanti d’Europa con un considerevole Scriptorium che, nel 982 d.C., contava 700 codici. L’Ambrosianus L 99 sup. contiene le Etymologiae, opera in venti libri di carattere enciclopedico in uso per buona parte del Medioevo e letto anche in epoca rinascimentale, redatto in latino dal teologo e arcivescovo Isidoro di Siviglia (560-636 ca.). Agli inizi dell’Ottocento il cardinale, teologo e filologo classico Angelo Mai aveva evidenziato per primo parti in greco nel manoscritto latino, poi riesaminato alla fine dello stesso secolo da Christian Belger, e successivamente da J. L. Heiberg che vi aveva individuato l’Analemma dell’astronomo e geografo greco Claudio Tolemeo (II sec. d.C.). Nel 1984 Alexander Jones, uno degli attuali ricercatori, si rese conto che si poteva estrapolare ancora di più dal codice grazie alla manipolazione digitale dei manoscritti microfilmati. Il finanziamento della Sorbonne Université nel gennaio del 2020 ha permesso l’acquisizione di nuove immagini tramite la fluorescenza a raggi ultravioletti e la riflettanza multispettrale.

Il manoscritto Ambrosianus L 99 sup., p. 190, ll. 14–23 con la sovrapposizione dell’immagine del testo greco su quello latino. © Veneranda Biblioteca Ambrosiana/Mondadori Portfolio – Archive for History of Exact Sciences

Tra le pagine di palinsesto, che trattano un anonimo testo matematico e di catottrica (parte dell’ottica che studia i fenomeni di riflessione), e il già citato Analemma, ve ne sono sei che riguardano il trattato di Claudio Tolemeo sulla costruzione del meteoroscopio, strumento utilizzato per le misurazioni astronomiche e meteorologiche. I ricercatori evidenziano che lo scritto è suddiviso in due parti: il primo spiega come realizzare l’astrolabio sferico (o sfera armillare), simulatore in metallo della sfera celeste inventato nella metà del III sec. a.C. da Eratostene di Cirene; la seconda parte tratta del come utilizzare lo strumento sia per fare le osservazioni celesti sia per effettuarne le misurazioni.

Ricostruzione del sistema completo di anelli del meteoroscopio. ©Ptolemy’s treatise on the meteoroscope recovered – Archive for History of Exact Sciences

L’attribuzione a Tolemeo della creazione del meteoroscopio proviene dalla sua Geografia 1.3, nella quale egli, dopo aver illustrato i metodi utilizzati dai suoi predecessori per determinare le dimensioni della Terra, esplicita che questa può essere misurata tramite il meteoroscopio usando due località separate da un grande cerchio in qualsiasi direzione. Nella Geografia di Tolemeo viene detto cosa può misurare questo strumento: per esempio l’elevazione del polo nord celeste per il luogo che si osserva in un qualsiasi giorno o notte, o la determinazione della direzione del cerchio meridiano per il luogo di osservazione. Manca, invece, la metodologia della sua costruzione, che è però riportata nelle pagine di palinsesto del manoscritto Ambrosianus L 99 sup.

Tolemeo (1475-1500 ca.), Giusto di Gand e Pedro di Berruguete. ©Musée du Louvre, inv. MI 657

Per quanto riguarda l’assegnazione a Tolemeo delle pagine di palinsesto, gli studiosi hanno comparato la terminologia matematica e le evidenze linguistiche usate nell’Analemma e nel Meteoroscopio (così battezzato al momento lo scritto), attribuendo la paternità al geografo ed astronomo greco ma, come essi stessi dichiarano, un secondo processo di acquisizione delle immagini potrà chiarire ulteriormente sia il contenuto del testo sia la sua interpretazione.

Per maggiori dettagli su quanto finora evidenziato dal progetto del Centre Léon Robin, l’articolo open access di Victor Gysembergh, Alexander Jones, Emanuel Zingg, Pascal Cotte & Salvatore Apicella, Ptolemy’s treatise on the meteoroscope recovered, Archive for History of Exact Sciences, volume 77, pages 221–240 (2023).

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Chiara Lombardi

Laureata in Archeologia Orientale presso l’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” con una tesi magistrale in Archeologia Egiziana dal titolo “Iside nei testi funerari e nelle tombe del Nuovo Regno: iconografia e ruolo della dea tra la XVIII e la XIX dinastia” (2013), ha conseguito un master di primo livello in “Egittologia. Metodologie di ricerca e nuove tecnologie” presso la medesima Università (2010-2011). Durante il master ha sostenuto uno stage presso il Museo Egizio de Il Cairo per studiare i vasi canopi nel Nuovo Regno (2010). Ha partecipato a diversi scavi archeologici, tra i quali Pompei (scavi UniOr – Casa del Granduca Michele, progetto Pompeii Regio VI, 2010-2011) e Cuma (scavi UniOr – progetto Kyme III, 2007-2017). Inoltre, ha preso parte al progetto Research Ethiopic language project: “Per un nuovo lessico dei testi etiopici”, finanziato dall’Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente e dal progetto PRIN 2005 “Catene di trasmissione linguistica e culturale nell’Oriente Cristiano e filologia critico testuale. Le problematiche dei testi etiopici: testi aksumiti, testi sull’età aksumita, testi agiografici di traduzione” (2006-2007). Ha collaborato ad un progetto educativo rivolto ai bambini della scuola primaria per far conoscere, attraverso sperimentazioni laboratoriali, gli usi e i costumi dell’antico Egitto e dell’antica Roma (2014-2015). È stata assistente di ricerca presso la Princeton University (New Jersey) per “The Princeton Ethiopian, Eritrean, and Egyptian Miracles of Mary digital humanities project (PEMM)” (2020-2021). Ricercatrice indipendente, attualmente è anche assistente di ricerca per il Professor Emeritus Malcolm D. Donalson (PhD ad honorem, Mellen University). Organizza e partecipa regolarmente a diverse attività di divulgazione, oltre a continuare a fare formazione. Collabora con la Dott.ssa Nunzia Laura Saldalamacchia al progetto Nymphè. Archeologia e gioielli, e con la rivista MediterraneoAntico, occupandosi in modo particolare di mitologia. Appassionatasi alla figura della dea Iside dopo uno studio su Benevento (Iside Grande di Magia e le Janare del Sannio. Ipotesi di una discendenza, Libreria Archeologica Archeologia Attiva, 2010), ha condotto diversi studi sulla dea, tra cui Il Grande inno ad Osiride nella stele di Amenmose (Louvre C 286) (Master di I livello in “Egittologia. Metodologie di ricerca e nuove tecnologie”, 2010); I culti egizi nel Golfo di Napoli (Gruppo Archeologico Napoletano, 2016); Dal Nilo al Tevere. Tre millenni di storia isiaca (Gruppo Archeologico Napoletano, 2018 – Biblioteca Comunale “Biagio Mercadante”, Sapri 2019); Morire nell’antico Egitto. “Che tu possa vivere per sempre come Ra vive per sempre” (MediterraneoAntico 2020); Il concepimento postumo di Horus. Un’ analisi (MediterraneoAntico 2021); Osiride e Antinoo. Una morte per annegamento (MediterraneoAntico 2021); Culti egiziani nel contesto della Campania antica (Djed Medu 2021); Nephthys, una dea sottostimata (MediterraneoAntico 2021). Sua è una pubblicazione una monografia sulla dea Iside (A history of the Goddess Isis, The Edwin Mellen Press, ISBN 1-4955-0890-0978-1-4955-0890-5) che delinea la sua figura dalle più antiche attestazioni nell’Antico Regno fino alla sua più recente menzione nel VII d.C. Lo studio approfondisce i diversi legami di Iside in quanto dea dell’Occidente e madre di Horus con alcune delle divinità femminili nonché nei cicli osiriaco e solare; la sua iconografia e le motivazioni che hanno portato ad una sempre crescente rappresentazione della dea sulle raffigurazioni parietali delle tombe. Un’intera sezione è dedicata all’onomastica di Iside provando a delineare insieme al significato del suo nome anche il compito originario nel mondo funerario e le conseguenti modifiche. L’appendice si sofferma su testi e oggetti funerari della XVIII dinastia dove è presente la dea.

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