© Veneranda Biblioteca Ambrosiana/Mondadori Portfolio
Un progetto di ricerca condotto dal Centre Léon Robin de recherches sur la pensée antique (Centro Léon Robin per le Ricerche sul Pensiero Antico) del Centro Nazionale di Ricerca Scientifica (CNRS) francese, finanziato dalla Sorbonne Université di Parigi, in collaborazione con la New York University e il laboratorio Lumière Technology, ha finalmente svelato pagine di palinsesto in greco in un manoscritto latino conservato presso la Veneranda Biblioteca Ambrosiana di Milano. Le immagini sono state acquisite tramite l’utilizzo delle tecniche non invasive di fluorescenza a raggi ultravioletti e riflettanza multispettrale.

Nei manoscritti, un palinsesto è il riuso dei fogli originari iscritti che vengono successivamente puliti rimuovendo l’inchiostro tramite raschiatura o lavaggio per essere, appunto, riutilizzati. Ciò accadeva non solo per eliminare un testo che non combaciava con il pensiero del momento, ma anche per disuso di quel testo o per mancanza di materia prima: realizzare un supporto scrittorio in pergamena richiedeva tempo e risorse economiche non indifferenti, essendo fabbricato con pelle animale.
Il manoscritto in questione, catalogato Milano, Veneranda Biblioteca Ambrosiana, L 99 sup., è di VIII sec. e proviene dall’abbazia di San Colombano di Bobbio, uno dei centri monastici più importanti d’Europa con un considerevole Scriptorium che, nel 982 d.C., contava 700 codici. L’Ambrosianus L 99 sup. contiene le Etymologiae, opera in venti libri di carattere enciclopedico in uso per buona parte del Medioevo e letto anche in epoca rinascimentale, redatto in latino dal teologo e arcivescovo Isidoro di Siviglia (560-636 ca.). Agli inizi dell’Ottocento il cardinale, teologo e filologo classico Angelo Mai aveva evidenziato per primo parti in greco nel manoscritto latino, poi riesaminato alla fine dello stesso secolo da Christian Belger, e successivamente da J. L. Heiberg che vi aveva individuato l’Analemma dell’astronomo e geografo greco Claudio Tolemeo (II sec. d.C.). Nel 1984 Alexander Jones, uno degli attuali ricercatori, si rese conto che si poteva estrapolare ancora di più dal codice grazie alla manipolazione digitale dei manoscritti microfilmati. Il finanziamento della Sorbonne Université nel gennaio del 2020 ha permesso l’acquisizione di nuove immagini tramite la fluorescenza a raggi ultravioletti e la riflettanza multispettrale.

Tra le pagine di palinsesto, che trattano un anonimo testo matematico e di catottrica (parte dell’ottica che studia i fenomeni di riflessione), e il già citato Analemma, ve ne sono sei che riguardano il trattato di Claudio Tolemeo sulla costruzione del meteoroscopio, strumento utilizzato per le misurazioni astronomiche e meteorologiche. I ricercatori evidenziano che lo scritto è suddiviso in due parti: il primo spiega come realizzare l’astrolabio sferico (o sfera armillare), simulatore in metallo della sfera celeste inventato nella metà del III sec. a.C. da Eratostene di Cirene; la seconda parte tratta del come utilizzare lo strumento sia per fare le osservazioni celesti sia per effettuarne le misurazioni.

L’attribuzione a Tolemeo della creazione del meteoroscopio proviene dalla sua Geografia 1.3, nella quale egli, dopo aver illustrato i metodi utilizzati dai suoi predecessori per determinare le dimensioni della Terra, esplicita che questa può essere misurata tramite il meteoroscopio usando due località separate da un grande cerchio in qualsiasi direzione. Nella Geografia di Tolemeo viene detto cosa può misurare questo strumento: per esempio l’elevazione del polo nord celeste per il luogo che si osserva in un qualsiasi giorno o notte, o la determinazione della direzione del cerchio meridiano per il luogo di osservazione. Manca, invece, la metodologia della sua costruzione, che è però riportata nelle pagine di palinsesto del manoscritto Ambrosianus L 99 sup.

Per quanto riguarda l’assegnazione a Tolemeo delle pagine di palinsesto, gli studiosi hanno comparato la terminologia matematica e le evidenze linguistiche usate nell’Analemma e nel Meteoroscopio (così battezzato al momento lo scritto), attribuendo la paternità al geografo ed astronomo greco ma, come essi stessi dichiarano, un secondo processo di acquisizione delle immagini potrà chiarire ulteriormente sia il contenuto del testo sia la sua interpretazione.
Per maggiori dettagli su quanto finora evidenziato dal progetto del Centre Léon Robin, l’articolo open access di Victor Gysembergh, Alexander Jones, Emanuel Zingg, Pascal Cotte & Salvatore Apicella, Ptolemy’s treatise on the meteoroscope recovered, Archive for History of Exact Sciences, volume 77, pages 221–240 (2023).