MANN ED ERMITAGE INSIEME PER LA MOSTRA SU “CANOVA E L’ANTICO”

Amore e Psiche. Particolare.

La preannunciata mostra “Canova e l’antico” che si terrà al MANN di Napoli nel marzo del 2019, co-promossa con il Museo Statale Ermitage – nell’ambito dell’ampio e articolato protocollo di collaborazione culturale che lega i due musei dal novembre 2016 – si preannuncia ormai non solo come un progetto assolutamente inedito, ma anche come un evento internazionale davvero unico, grazie al corpus espositivo che si sta definendo con tanti musei e soprattutto ai fantastici e impressionanti prestiti che giungeranno al Museo Archeologico Nazionale di Napoli dal grande Museo sulla Neva.

Reso noto in occasione dell’incontro pubblico a Napoli, lo scorso 13 luglio, tra il Professor Michail Piotrovsky Direttore Generale del Museo Statale Ermitage e Paolo Giulierini Direttore del Mann – per discutere di strategie e visioni dei grandi musei – il prestito si compone di ben sei tra i grandi e notissimi capolavori del sublime scultore custoditi dall’Ermitage, che vanta, come è noto, una straordinaria galleria del Palazzo d’Inverno dedicata allo sculture italiano, che costituisce il più importante nucleo di marmi canoviani al mondo.

Le Tre Grazie

L’elenco è incredibile, perché comprende non soltanto il busto marmoreo del “Genio della morte” (1798-1805) ma anche la bellissima “Danzatrice” (1811-1812), “Ebe stante” (1800-1805), il famosissimo “Amorino alato” (1797), il gruppo marmoreo di “Amore e Psiche Stanti” (1800-1805) e l’emozionante “Le Tre Grazie” (1812-1817) simbolo universale di bellezza e icona del grande Canova nel mondo. Dall’Ermitage anche la grande statua romana dell’”Ermafrodito dormiente” del lll-l secolo a.C e il gruppo bronzeo di “Ercole e Lica”.

Mentre i due musei, insieme alla Soprintendenza Pompei, preparano – sempre per il marzo 2019 – la grande mostra a San Pietroburgo dedicata all’antica città romana seppellita dall’eruzione del Vesuvio, Napoli freme in attesa di rendere onore per la prima volta al sommo scultore italiano che secondo l’assunto proclamato da Winckelmann, padre del Neoclassicismo, mirava a imitare e non a copiare gli antichi.

La modernità infatti e il genio creativo di Canova, che guardò per tutta la vita all’arte classica, facendo del dialogo antico/moderno una costante irrinunciabile del suo percorso, gli permisero di rileggere la scultura greco romana con una sensibilità e un sentire assolutamente nuovo e per certi versi irraggiungibile. Con punte di innovazione radicali, come nel caso delle Grazie.

L’Antico, per Antonio Canova, bisognava averlo in mente, sperimentandolo nel sangue, sino a farlo diventare naturale come la vita stessa. Ed è anche per tale motivo che lo scultore si può considerare l’ultimo degli antichi e il primo dei moderni.

Amore Alato

Nella mostra, il confronto per analogia e per opposizione, fra opere di Canova e opere classiche, sarà costante, reso possibile e perfetto in un autentico tempio dell’antico come il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, che vanta peraltro, nello scalone monumentale, la grande statua canoviana di “Ferdinando di Borbone” come “Minerva”.

I rapporti tra Canova e Napoli furono fortissimi. Qui si trovano infatti capolavori che sono stati ammirati dallo scultore sin dal suo primo viaggio in città, appena ventiduenne, a partire dai celeberrimi marmi farnesiani, da ”Amore Farnese” prototipo per l’”Amorino alato Jusupov”, al gruppo di “Atamante e Learco (o Ettore e Troilo)”, avvio per il gruppo di “Ercole e Lica”, marmo imponente previsto fra l’altro per Napoli, la cui grandezza venne calcolata sull’”Ercole Farnese”, altro capolavoro del Museo napoletano. Numerose e significative furono poi le committenze dei regnanti, sia dell’antico regime sia dell’età napoleonica e dell’aristocrazia napoletana, come in nessun’altra città dopo Roma.

FONTE: UFFICIO STAMPA – VILLAGGIO GLOBALE INTERNATIONAL

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