UNA RARA RAPPRESENTAZIONE DI UN CAVALLUCCIO MARINO

Un vecchio articolo di un eminente egittologo ungherese, Laslo Kakosi, mi ha fatto conoscere una curiosa e rara rappresentazione di cavallucci marini, ippocampi, su alcuni sarcofagi.1 Al tempo dell’articolo di Kakosi la rappresentazione era da considerare rara perché era conosciuta soltanto da 4 sarcofagi. Un più recente articolo di L. Miatello elenca altri 8 documenti, sarcofagi e cartonnage, sparsi tra vari musei2. L’articolo di Miatello è la pubblicazione integrale del sarcofago di Padiamun e in quanto tale considera nel testo anche la presenza e il significato degli ippocampi.
La presenza degli ippocampi nella decorazione dei sarcofagi è curiosa perché il cavallo non fa parte del pantheon egizio né, tanto meno, l’ippocampo.
Per questo motivo un dubbio riguarda la possibilità che l’immagine non sia di un vero ippocampo ma di un serpente con la testa di un cavallo. Ma poi gli egittologi che si sono occupati di queste immagini si sono decisi a considerare l’immagine come un ippocampo.
I sarcofagi con la rappresentazione di ippocampi conosciuti da Kakosi erano 4. Il primo a essere segnalato si trova nel Museo di Liverpool ed è un sarcofago del Periodo Tardo3, più esattamente del periodo saitico, in cui sono rappresentate due immagini di cavallucci marini all’altezza di ciascuna spalla del coperchio esterno4. Quello della spalla destra è riverito dalla dea Isi, quello della spalla sinistra da Nefti. Il titolare del sarcofago, di nome Padiamun, era capo navigazione della barca di Amon.

Fig. 1 – Parte superiore del sarcofago esterno di Padiamun. All’altezza delle spalle, a destra e a sinistra, ci sono le immagini degli ippocampi. Il sarcofago appartiene al Museo di Liverpool e la figura è stata ripresa dal file del museo.
Fig. 2 – La figura mostra le dee Isi e Nefti in adorazione dei rispettivi ippocampi nel sarcofago di Padiamun. La figura è tratta dall’articolo di Miatello, 2016, citato in nota, fig. 5 a pag. 17.
Fig. 2 bis – Foto dell’ìppocampo rappresentato sulla spalla destra del sarcofago di Padiamun. La referenza della foto è ignota.
Fig. 2 tris – Foto dell’ippocampo rappresentato sulla spalla sinistra del sarcofago di Padiamun. La referenza della foto è ignota.
Fig. 3 – Retro del sarcofago esterno di Nekhet-Chonsu-Irw. All’altezza delle spalle sono rappresentati gli ippocampi. Il sarcofago appartiene al Museo del Louvre (E 5534). La figura è stata ripresa dal file del museo.

Ricordiamo che l’ippocampo è un animale marino senza alcun riferimento con le acque dolci del Nilo.
Le rappresentazioni del cavalluccio marino si trovano anche su un sarcofago dello stesso periodo nel Museo del Louvre (E 5534), In questo sarcofago gli ippocampi sono rappresentati sul retro della parte esterna del sarcofago, sempre all’altezza delle spalle. Il titolare di questo sarcofago si chiamava Nekhet-Chonsu-Iru e nessun’altra notizia è segnalata a suo riguardo.

Gli altri due sarcofagi sono di epoca tolemaica e sono più ricchi di informazioni. Un sarcofago è nel Museo Egizio del Cairo, l’altro si trova al Louvre.
Il sarcofago tolemaico del Cairo apparteneva a un prete del dio Osiri che si chiamava Amen-Iw. Le immagini degli ippocampi si trovano all’altezza della coscia, sulla parte superiore della gamba, in un gesto di adorazione alla dea Ibat5.
Dietro la dea si può leggere questo testo: “Il dio (l’ippocampo) che fa rivivere le ombre e che riunisce il ba al corpo nella necropoli”6. Alla base del sarcofago c’è un testo di 5 colonne in cui il titolare del sarcofago si definisce prete di alto rango del dio Osi, riporta i nomi dei genitori e poi conclude con la formula precedente: “Io faccio rivivere la tua ombra, io unisco il tuo ba al tuo corpo nella necropoli”. La formula si ripete in un’altra parte del sarcofago7.
Il sarcofago tolemaico del Louvre, appartenuto a Wdja-hr, è molto simile a quello del Cairo.

Fig. 4 – Immagine del sarcofago tolemaico di Wdja-hr. Il sarcofago appartiene al Museo del Louvre (N 3473). La figura è quella dell’articolo di Kakosi, pl. IV.

Le immagini degli ippocampi compaiono sulla parte superiore del sarcofago, appena sotto la spalla. Nella sua descrizione del sarcofago Kakosy scrive di un serpente eretto e un testo incompleto che dice “Parole dette dal grande dio In ‘f……” Un altro testo sotto il serpente ripete la formula del sarcofago del Cairo: “Il dio che fa rivivere il ba nella necropoli… (frase incompleta)”8

Tutte le immagini di cavallucci marini dei 4 sarcofagi esaminati evidenziano in vario modo l’aspetto divino di questo animale e i testi presenti sui sarcofagi del periodo greco-romano scrivono che l’ippocampo rinnova la vita al ba del defunto. Quindi l’ippocampo in Egitto diventa un genio funerario che assicura la ricomposizione del ba al corpo per consentire la rinascita del defunto. Nella conclusione del suo articolo Miatello considera invece che gli ippocampi siano i custodi della porta d’entrata e d’uscita dell’aldilà9 e che facciano parte di quelle entità mostruose che proteggono il defunto nel regno dei morti.
Pertanto, c’è qualche differenza d’interpretazione, tra Kakosi e Miatello, sulla presenza delle immagini di ippocampi nei sarcofagi. Ma Isi e Nefti in adorazione dell’ippocampo (figura 2) qualificano l’ippocampo come divinità funeraria, tanto più se si considera che l’ippocampo consente la riunificazione del ba al corpo, come a dire il ritorno in vita.

Fig. 5 – Figure di ippocampi serpentiformi rappresentati sul sarcofago tolemaico del Louvre. La figura è tratta dall’articolo di Miatello, 2016, op. cit., fig. 24 a pag.35.
Fig. 6 – Il carro di Poseidone trainato da due ippocampi (foto presa da Internet)

Tutti gli autori che si sono dedicati alle immagini del cavalluccio marino affermano che essi manifestano, attraverso l’ippocampo, un aspetto dell’influenza greca sulla religione egizia. Una colonia greca era già presente in Egitto a Naucratis nel periodo saitico e certamente le relazioni tra egizi e greci erano intense con influenze reciproche.
Nella civiltà greca l’ippocampo è presente nelle monete, nella pittura vascolare e in alcuni miti religiosi. Kakosy cita un ritrovamento avvenuto durante gli scavi di Dush, nell’osi di Kharga, di un letto funerario di epoca romana. Su uno dei pannelli laterali della bara si vede la barca che traporta la mummia, a prua e a poppa della barca ci sono due ippocampi10.
Nella affabulante mitologia greca il minuscolo cavalluccio marino assume anche forme colossali, come nel caso dei due ippocampi che trainano il carro di Poseidone.

Gilberto Modonesi

1) Kakosi, The Hippocampos in Egyptian Sepulchral Art, in Orientalia Lovaniensia Periodica 18 (1987), pagg. 5-12 e pl. I-VI. Le foto dell’articolo sono trppo scure. Ma le immagini di Karkosi sono state riprese al tratto nell’articolo di Miatello (vedi nota 2).
2) L. Miatello, Textes and Iconography of Pediamun Coffin’s in Liverpool Museum, Birmingham Egittology Journal 4, 2016, pagg. 10-61.
3) È il sarcofago pubblicato da Miatello. La datazione del sarcofago è indicata tra il 7-5 secolo a.C.
4) Bienkowski-Tooley, Gifts of the Nile, National Museum & Galleries of Mereyside, London 1995, pag. 73; Murray, An Egyptian Hippocampus, in Historical Studies, University college & Quaritch, London 1911, pagg. 39-40; Moss, By-Products of Bibliography, JEA 54/1968, pag. 174, pl. 1 e 2..
5) Potrebbe trattarsi della dea che rappresenta l’oriente.
6) La traduzione di Karkosi è confermata parola per parola da Miatello.
7) Kakosi, 1987, pag. 7. Idem per Miatello.
8) Kakosi, 1987, pag. 8, traduzioni confermate da Miatello.
9) Per entrare e uscire dalla porta dell’aldilà bisognava conoscere le prescritte formule magiche ed è questo che garantivano gli ippocampi: Miatello, 2016, art. cit. pag. 50.
10) Kakosi, 1987, pag. 10.

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Gilberto Modonesi

Ho iniziato a interessarmi dell’Egitto antico nel 1960. Nel 1964 mi sono sposato e il viaggio di nozze è stato il mio primo viaggio in Egitto. A metà ottobre il primo cortile del tempio di Luxor era allagato dall’acqua dell’inondazione del Nilo e anche le basi dei colossi di Memnon erano in acqua. Ad  Aswan i russi stavano costruendo la Grande Diga.

Nel 1980, dopo la nascita di due figli, ho effettuato la navigazione sul Nilo con tutta la famiglia. Nel 1985 ho partecipato con mia moglie a un viaggio organizzato dal Dr. Mario Tosi. Da allora e fino al dicembre del 2010 sono stato in Egitto almeno 35 volte. Agli inizi ho visitato i vari siti archeologici in taxi solo con mia moglie.. Quando sono iniziati gli attentati contro i turisti ho organizzato viaggi turistici in modo da avere una scorta militare. In questi viaggi io avevo il ruolo di “responsabile culturale”. Grazie a tutti questi viaggi ho potuto visitare i siti archeologici dal nord al sud dell’Egitto, quelli di tutte le oasi e i monumenti del Lago Nasser. Ho fatto un viaggio anche nel Sinai per visitare il tempio di Serabit el-Khedim.

Il viaggio del dicembre 2010 è stato il mio ultimo viaggio a causa della rivoluzione egiziana, poi per miei problemi di salute e successivamente anche di mia moglie.

Per arricchire la mia conoscenza dell’antico Egitto e per seguire gli sviluppi delle ricerche mi sono iscritto a varie associazioni internazionali e nazionali:

  • International Association of Egyptologists
  • Amici del Museo Egizio di Torino
  • American Research Center in Egypt
  • Fondation Egyptologique Réine Elisabeth
  • Egypt Exploration Society
  • Associazione Culturale Harwa 2001
  • Centro Egittologico Comasco F. Ballerini

Dal 2020 non ho più rinnovato la mia iscrizione a queste associazioni a causa della mia situazione personale e famigliare.

Il mio antico interesse per l’Egitto si è alimentato anche partecipando come uditore a diversi incontri internazionali:

  • Convegno sulla Magia Egizia – Milano 29-31 ottobre 1985
  • Convegno sulla Valle dei Re – Tucson (Arizona) 26-27 ottobre 1994
  • International Congress of Egyptologists : Torino 1991 – Cambridge 1995 – Cairo 2000 – Grenoble 2004 – Rodi 2012 –  Firenze 2016

Grazie alla mia esperienza di visite in Egitto e alla documentazione raccolta in migliia di diapositive ho per anni diffuso la conoscenza dell’antico Egitto presso varie “Università della Terza Età”. Poi, nel 2006, il Centro Studi Archeologia Africana, che ha sede nel Civico Museo di Storia Naturale di Milano, mi ha offerto la possibilità di organizzare e tenere conferenze sull’antico Egitto presso l’aula magna dello stesso Museo. Ho svolto questa attività dal 2007 fino al gennaio del 2020, con conferenze mensili sull’Egitto antico. Il 2020 è un anno fatidico a causa del Covid e dei miei problemi personali e di mia moglie.

Ho scritto alcuni articoli e due libri :

  • All’ombra del divino – Il significato dei ventagli nelle rappresentazioni dell’antico Egitto (2016)
  • La longeva vitalità di fiabe e racconti mitici egizi – Alla ricerca di tracce di racconti mitici e fiabe egizi in fiabe moderne europee (2018)

Nel tempo ho raccolto centinaia di articoli e acquistato tanti (troppi) libri di egittologia di varii formati e dimensioni: mignon-normali-grandi-enormi (il formato imperiale).

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