La mostra si articola logisticamente su due livelli espositivi, a Napoli e a Pompei, perché inedita è anche la collaborazione tra gli enti che hanno organizzato la mostra
Definita dal ministro dei Beni Culturali, Dario Franceschini, come la “mostra dell’anno” in Italia, “Pompei@Madre. Materia archeologica” probabilmente è qualcosa di più di una “semplice” esposizione, sia pure ricca di reperti e di opere d’arte imperdibili. Si tratta, piuttosto, di un progetto espositivo forse pioniere nel suo genere, in cui il tema portante e inedito è il confronto diretto tra il contemporaneo e l’antico. E cioè tra l’arte antica e quella moderna, tra la materia di cui si compongono le installazioni artistiche di oggi e tra la materia, invece, archeologica. E quando si parla di materia archeologica non può non venire in mente subito un parallelo con Pompei, con i suoi reperti che raccontano, a chi sa ascoltare, la vita quotidiana di un passato lontanissimo.
La mostra si articola logisticamente su due livelli espositivi, a Napoli e a Pompei, perché inedita è anche la collaborazione tra gli enti che hanno organizzato la mostra: da un lato il Museo d’Arte Moderna Donna Regina (Madre) diretto da Andrea Viliani e dall’altro il Parco Archeologico di Pompei, diretto da Massimo Osanna.
Inaugurata il 18 novembre scorso al Museo Madre (a Napoli, in via Settembini, 79), l’esposizione è concepita come un viaggio nel tempo e nello spazio, come un dialogo fra più di 400 straordinari (ma poco conosciuti e raramente esposti) materiali archeologici di provenienza pompeiana e le opere di oltre 90 fra artisti e intellettuali moderni e contemporanei: da scrittori come Goethe e Stendhal ad artisti come Warhol e Rauschenberg, dalle ceramiche della Real Fabbrica di Capodimonte ai progetti di architetti come Le Corbusier, dagli strumenti di lavoro e dalle foto d’epoca che documentano le varie campagne di scavo fino alle sperimentazioni delle ultime generazioni.
La mostra, presentata su gran parte degli spazi espositivi del museo Madre, è articolata in due capitoli: il percorso della mostra ha inizio nell’atrio di ingresso e al primo piano, che ospita le collezioni storiche del museo, con “Pompei@Madre. Materia Archeologica: Le Collezioni”. L’accostamento con le opere e i manufatti provenienti da Pompei fa rileggere in una nuova prospettiva le opere della collezione di Palazzo Donnaregina, trasformandola per un intero anno in una vera e propria domus contemporanea. Questa sezione, infatti, sarà visitabile fino al 24 settembre 2018.
Il percorso della mostra continua al terzo piano del Museo partenopeo con “Pompei@Madre. Materia Archeologica”: si tratta forse del vero cuore pulsante del progetto espositivo, perché qui la suddivisione per sale della mostra procede prescindendo da un criterio cronologico, come una narrazione in più capitoli in cui ogni opera, a prescindere da datazione, provenienza o caratteristiche, si richiama alle altre poste in sala: è qui che il confronto tra manufatti antichi e opere d’arte moderne trova la sua espressione più diretta. Questa sezione sarà visitabile fino al 30 aprile 2018.
Il catalogo della mostra è edito da Mondadori Electa, che supporta come sponsor tecnico l’intero progetto editoriale. La pubblicazione scientifica contiene testi di Luigi Gallo, Massimo Osanna, Andrea Viliani insieme a un visual essay composto dalle immagini e dai dati di tutte le opere, i manufatti e i documenti in mostra.
Un evento espositivo di tale portata non poteva non estendersi anche lì dove tutto (virtualmente, ma non solo) ha avuto origine: dal 23 dicembre, infatti, l’Antiquarium del Parco Archeologico di Pompei ospita “Pompei@Madre.Materia Archeologica – Work in Progress” la sezione pompeiana del progetto espositivo, che in qualche modo anticipa la “materia archeologica” esposta al museo Madre. A Pompei essa si articola fra due grandi vasche-deposito di materia lapidea e ceramica, a rappresentarne il flusso fra epoche, mezzi, stili e sensibilità differenti ma coesistenti, per procedere fino al video di Shana Moulton. La sala successiva introduce alla morte degli esseri umani, con l’armadio-ossario e delle cose, con il vasellame in bronzo caratterizzato dai lapilli del 79 d.C., in una ininterrotta diacronia che giunge fino agli scheletri degli oggetti bombardati nel 1943.
Questa fragile materia è rigenerata e narrata nel quadro di Francesco Clemente, nelle cartoline, negli album-souvenir, nelle fotografie, nei libri, che testimoniano la secolare fascinazione verso la materia pompeiana, fino ai reperti restituiti negli ultimi anni, espressione del mito moderno della maledizione dei reperti rubati. In esposizione, infatti, per la prima volta ci sono i reperti (pietre, pezzi di affreschi, oggetti, ecc.) rubati da turisti di tutto il mondo nel corso degli anni e poi restituiti perché ritenuti fonte di disgrazie: a testimoniare questa diffusa credenza sono state esposte alcune delle decine di lettere che ogni anno arrivano all’amministrazione degli Scavi, in cui si percepisce il terrore di continuare a detenere (illegalmente) quegli oggetti ritenuti portatori di malasorte.